Ogni notte, quando mi addormento, mi ritrovo davanti a questa porta. È comparsa fin dall'infanzia e, questa soglia, non si apre, mai. È bella, in mezzo al nulla, fatta di un legno intarsiato con il colore del tronco di un albero di ciliegio costellata da diverse sfumature, quasi come se avesse voluto mantenere dentro di sé le venature della pianta, per non dimenticarsi le sue antiche origini. Ha un pomello quasi antico, tondo, il quale, tuttavia, non gira mai, come se qualcosa lo bloccasse. Spesso mi son seduta ad osservarla, immaginando cosa potesse mai nascondere e trovandomi a studiarne ogni singolo centimetro, trovando conforto nel parlarle. Non l'ho mai confessato a nessuno, ma ogni mattina, quando mi risveglio e torno nel mondo "reale", percepisco sempre un vuoto sul fondo dello stomaco ed ho imparato a chiamarlo il vuoto dell'attesa.
***
La giornata era stata ancora peggio rispetto a quelle precedenti. Ultimamente le sembrava di non riuscire mai a respirare e quel blocco la stava facendo sentire senza una via d'uscita. L'ansia le si accumulava sulle spalle e nella gola, creando quella bolla d'aria stantia alla bocca dello stomaco, così pesante che ogni tanto doveva fermarsi e ricordarsi che lei esisteva ed il suo cuore batteva, per quanto lo facesse un po' a modo suo, soprattutto nei periodi di stress. Prese in mano il cellulare, con la speranza di scorgere il suo nome, ma senza risultato. Le mancava così tanto, quasi come se una parte di sé non esistesse più. Avevano sempre avuto problemi, eppure era sempre stata convinta che sarebbero usciti, sempre insieme, da ogni tempesta. Questa volta, invece, il crepaccio era diventato grande quasi come il Grand Canyon. Si portò la tazza vicino al viso, inspirando l'aroma della camomilla mista al miele e socchiuse gli occhi, soffiando con dolcezza mentre il vapore si spandeva in mille direzioni diverse. La inclinò e ne saggiò il contenuto, percependo il liquido caldo che pian piano scendeva verso lo stomaco, scaldandola in modo quasi rassicurante. Riaprì gli occhi e continuò a leggere la frase del romanzo che aveva lasciato a metà per capire se la camomilla fosse bevibile senza rischiare ustioni e riuscì a terminarne il capitolo. Nell'ultimo periodo si era fiondata a capofitto su libri romantici, uno dietro l'altro, chiudendo il mondo reale all'esterno e desiderando che anche il suo rapporto, dopo mille difficoltà, si sarebbe risolto nella tanto attesa serenità del lieto fine – esisteva davvero? Sospirò, chiudendolo e, dopo aver lavato la tazza in cucina, ritornò nell'antro confortevole che era il suo letto, sfilando gli occhiali da vista e spegnendo la luce, accoccolandosi su sé stessa, alla ricerca del calore che solo tra le sue braccia solitamente provava. La pesantezza di quel periodo la portava ad addormentarsi con più fatica e, anche quella sera, ce la fece dopo essersi rigirata più volte nel letto, ritrovando una freddezza che le era sconosciuta. Il silenzio la avvolse ed un improvviso stato di angoscia la riempì, portandola a spalancare gli occhi, realizzando di non trovarsi più in camera sua: il panorama che le si presentava spesso era improvvisamente riapparso insieme a lei, la porta.
«Sto sognando finalmente...?»
Abbassò il volto, osservando il suo stesso corpo: aveva addosso un paio di jeans ed un maglioncino, i capelli erano sciolti sulle spalle. Rigirò le mani davanti ai propri occhi, stringendole a pugno per dare un senso a tutto quello che stava vivendo.
Rialzò il capo e tornò a fissare quel varco chiuso. Perché ora? Per un lungo periodo, quando più aveva bisogno di un conforto, lei l'aveva abbandonata, svanendo di punto in bianco facendole quasi credere che tutti i suoi sogni avessero smesso di esistere, senza un senso logico. Aveva maledetto Morfeo perché non si sentiva più in grado di sognare e di parlare con la sua porta ed ora, quasi come una presa per i fondelli, era lì, statica e beffarda nella sua immobilità. Decise di avvicinarsi, osservandola. Era lei, ne era sicura, eppure c'era qualcosa di diverso, come se in quel tempo di assenza, la sua porta, come la sua anima, avesse subito dei dolori: era scolorita, scheggiata... triste. Deglutì, allungando una mano e sfiorandola. Una serie di brividi la percorse da capo a piedi e qualcosa dentro di lei già sapeva: quella notte, si sarebbe aperta. Strinse le dita su quel pomello dorato e, senza fatica alcuna, lo ruotò.
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Il Vuoto dell'Attesa
Short StoryE se nei nostri sogni avessimo la possibilità di incontrare uno sconosciuto, cosa faremmo?