Uscire la sera significava incontrare gli amici o facce nuove, magari interessanti, e Silvia amava prepararsi, acconciarsi e truccarsi per poi indossare i suoi adorati vestiti corti.
Quella sera se ne stava in piedi davanti allo specchio e cercava di infilarsi l'abito attillato che aveva scelto, comprato qualche anno prima quando calzava una taglia di meno. Si dimenava con fatica mentre lo tirava su lungo i fianchi e saltellava per la camera abbottonando la lampo, "È il mio vestito preferito", pensava, "riuscirò ad entrarci anche quest'anno come l'anno scorso!".
Durante quella lotta in cui il vestito sembrava avere la meglio, pensava ai chili di troppo presi in estate a forza di starsene sul divano a guardare film strappalacrime e a mangiare patatine. Il messaggio di Isi la distrasse da quei pensieri, "Ci sono anche gli altri stasera", poi quello di Anna "Passo a prendervi io!".
Ogni volta che uscivano era sempre la solita storia, Anna stabiliva un orario ma poi non lo rispettava mai, le 22:00 diventavano le 22:30 e le 22:30 diventavano le 23:00. Silvia conosceva talmente bene quei ritardi che ormai aveva imparato a prepararsi con calma, quella che bastava per non aspettare troppo davanti al portone di casa coi tacchi infilati. Quella sera arrivarono al Donkey per le 23:30.
Dall'entrata del locale Silvia poteva intravedere in lontananza il tavolo dei suoi amici, ma raggiungerlo sembrava un'impresa ardua, il piazzale traboccava di gente. Alcuni ragazzi coi bicchieri in mano parlavano e ridevano tra loro, altri erano appoggiati alle macchine tranquilli, altri ancora stavano in piedi davanti all'entrata a spintonarsi, già ubriachi. Il Donkey non era mai stato così pieno.
Isi, la solita chiacchierona, si era fermata a parlare con chissà chi all'entrata, così Silvia prese Anna per mano e la trascinò via da quell'ingorgo con un piano ben preciso in mente.
- Seguimi.
- Ahi! Non tirarmi!
Per evitare la massa camminarono attaccate alla siepe che costeggiava il locale, Anna stringeva la mano della sua guida senza lasciarla mai e sbuffava contro la gente che la spintonava e le pestava i piedi, Silvia se la rideva. Una volta arrivate al tavolo trovarono Luca ad aspettarle col Gin Tonic in mano.
- Com'è ci avete messo tanto? Qui già si beve.
Il sorriso di Luca era spontaneo, Silvia si chiedeva come facesse il suo amico, minuto com'era, a sprigionare tanta energia.
- C'era troppa calca. – Silvia era felice di vederlo, si stava avvicinando per abbracciarlo quando il ragazzo indietreggiò di colpo.
- Ma cos'è questa puzza?
- Quale puzza?
- Ragazze, puzza di... di merda! Ma una bella grossa, come se l'avesse fatta un elefante!
Silvia e Anna si guardarono reciprocamente con gli occhi sbarrati. Poi entrambe chinarono la testa verso il basso e guardarono le scarpe. Quelle di Anna erano pulite, ma il piede di Silvia era completamente imbrattato, la suola sudicia.
- Oh mio Dio! Che schifo!
Tutti esplosero in una sonora risata, Isi aveva le lacrime agli occhi, Anna si trattenne qualche minuto come per mostrare alla sventurata un minimo di solidarietà, ma poi cedette. Tutte però si adoperarono alla ricerca di fazzoletti nelle loro borse, fazzoletti che poi avevano gentilmente donato all'amica puzzolente in segno di compassione.
- Amici, che dire? Non mi resta che allontanarmi per pulire questo pasticcio. Aspettatemi per il prossimo giro di shot!
- Va bene, intanto lo ordiniamo.
Una volta uscita dal locale, Silvia si appartò dietro alla siepe che dava sulla strada. Si tolse il sandalo in modo da poter fare un lavoro di pulizia più approfondito e facendo molta attenzione a non toccare quel pasticcio con le mani, si chinò in avanti e iniziò a pulire.
- Ma che diavolo stai facendo?
Troppo concentrata a pulire il misfatto non si rese conto che quella voce ce l'aveva proprio con lei.
- Ehi, Silvia! Sei tu?
Appena sentì il suo nome sollevò la testa e notò una figura imponente che sbucava nella penombra da dietro ad una macchina.
- Si può sapere che stai facendo chinata a terra?
Il tizio se ne stava in piedi con le braccia sui fianchi e gli occhi strizzati, lo sguardo confuso. Poi si avvicinò a lei mentre era ancora piegata a terra.
- Ho pestato una... cioè, una... non importa.
- Non dirmi che ne hai pestata una!
Il tizio emise un ridolino, poi portò la mano davanti alla bocca per trattenersi, con scarsi risultati.
Silvia si alzò in piedi di scatto, stizzita. Buttò i fazzoletti nel cestino vicino a lei e poi si avvicinò velocemente al tizio con le braccia rivolte verso di lui, come per abbracciarlo.
- Ne vuoi un po'? Vieni qui... avvicinati che ti abbraccio!
- No, che schifo! – Il tizio indietreggiava e Silvia avanzava sempre di più.
- Cos'è? Hai intenzione di baciarmi? - Il tizio aveva smesso di indietreggiare e si era fermato proprio davanti a lei.
- Ho detto "abbraccio", non bacio. - Adesso i due erano davvero vicini.
- Beh, in ogni caso forse è meglio se ti lavi le mani prima.
- Tanto stavo scherzando. È meglio se torno dentro dagli altri.
- Anche io stavo scherzando, puoi baciarmi subito se vuoi.
Silvia rimase di stucco. Poi arrossì.
Il tizio, che era rimasto in piedi davanti a lei, tirò fuori dalla tasca un pacchetto di Malboro e si accese una sigaretta. Dopo aver buttato fuori la prima boccata di fumo tornò con lo sguardo fisso su di lei, in viso aveva la solita espressione impertinente ma calma.
- È meglio se torniamo dentro.
- L'hai già detto.
Il tempo sembrava essersi fermato, intorno a lei il silenzio. Silvia poteva ascoltare il battito accelerato del suo cuore e percepiva il calore del respiro del tizio sul suo viso. In un secondo nacque in lei l'immediato desiderio di scappare via da quella situazione nuova e strana da decifrare.
- Devo andare.
Mentre girava i tacchi e camminava svelta verso il tavolo dei suoi amici era confusa, ma non si voltò mai per guardarsi indietro. Forse era rimasto lì, o forse l'aveva seguita, non lo sapeva.
Con le orecchie ascoltava le battute divertenti dei suoi amici sulla cacca pestata, Se qualcuno sente puzza sappiamo di chi è la colpa!, I tuoi sandali bianchi hanno cambiato colore!, e rideva anche, ma con la coda dell'occhio cercava smaniosamente il tizio in mezzo a tutti quei ragazzi nel piazzale. Quando improvvisamente lo riconobbe vide che si stava dirigendo proprio verso di lei.
- Che vuoi ancora? - Gli chiese stizzita e un po' contenta. Si era avvicinata a lui per evitare che i suoi amici potessero ascoltarli.
- Hai saputo della festa di Ferragosto a casa di Guido?
- Si, me lo ha detto Isi. E allora?
- Certo che sei un bel tipetto tu, eh. - Il tizio sorrideva divertito.
- Sei venuto fin qua per dirmi questo?
- No. Verrai alla festa?
- Non lo so, conosco Guido a malapena.
- E dai, vieni! I tuoi amici vengono tutti, anche Isi ha già detto che ci sarà.
- Ma manca più di un mese! È troppo presto per decidere.
Il tizio rise. Poi alzò la mano in segno di saluto e senza dirle niente fece per andarsene.
Anna, che aveva visto la scena da lontano, si avvicinò a Silvia incuriosita.
- Ma che è successo? - Le chiese.
Silvia non rispose, anzi, non aveva neanche sentito la domanda.
Se ne stava in piedi imbambolata, come se avesse ricevuto una botta in testa e fosse rimasta intorpidita. I suoi occhi fissi sul tizio non l'avevano perso di vista un secondo. Poco prima di vederlo sparire nella folla si fece coraggio e urlò:
- Tu ci sarai?
Il ragazzo si era voltato di scatto, poi a sua volta aveva urlato: "Si!".
STAI LEGGENDO
Non ho mai vinto a tombola
Novela JuvenilSilvia è un'universitaria autoironica e sarcastica che riscopre sé stessa quando vive un'estate inaspettata. Esperienze sentimentali bizzarre, due di picche, brutte figure, eventi sfortunati e incontri decisivi condizionano costantemente il suo pass...