CAPITOLO DIECI

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«Che cazzo ti prende?» chiese Seth sconcertato. Le nocche di Harold grondavano di sangue. Il sangue di quel coglione, Noah.

Harold respirava freneticamente, pieno di adrenalina in corpo, replicò: «Questo avanzo di carne ...» e sferzò un altro colpo. Aveva spaccato il naso e l'occhio destro al ragazzo moro. Prima che potesse replicare, Harold lo prese per il colletto.

«Stronzo di merda. Che cazzo hai fatto ad Annette in gita?» urlò nuovamente il castano, il tono era un misto fra supplica e sconforto.

«Lo voleva pure lei!» bofonchiò Noah, con il sangue alla bocca.

Seth li guardò e con il tono di chi aveva realizzato qualcosa di più grande di lui, disse: «Tu l'hai stuprata.»

«Non è vero io non --» provò a dire Noah, ma un altro cazzotto gli arrivò in piena faccia. Seth, inerme, rimase seduto su una poltroncina con la faccia fra le mani. «Dimmi che non è vero, che tutto questo è un incubo.» esalò Seth.

«Volete farmi credere che credete più a quella lì che a me, vostro amico?» Noah si riprese leggermente e pronunciò queste parole, che fecero scattare sia Seth che Harold. Soprattutto Harold. Il ragazzo fu avvolto da una rabbia cieca. Si avvicinò d'impeto a Noah, a pochi centimetri dalla sua faccia.

«Tu brutta merda, ti conviene stare zitto. Te l'avrò ripetuto mille volte che alle ragazze non piace non essere ascoltate. Se dicono 'no' è 'no', Noah. Ovviamente è più comodo dare ascolto a tuo padre, alla società. Siete un ammasso di decerebrati. Hai stuprato Annette? Dimmi la verità, per favore. Se sì, non solo non farti più vedere, mi assicurerò personalmente che non dormirai la notte.» Harold si sentì stremato. Non sta accadendo sul serio, si disse.

«Ma dai, un po' di divertimento non ha mai fatto male a nessuno!» disse Noah, sviando il discorso, nuovamente.

«Cosa intendi?» chiese di rimando Seth, allarmato.

«Sì e sì. L'ho stuprata, branco di idioti senza palle. Mi sono divertito. L'ho drogata e ne ho approfittato, contenti della risposta?» Noah ammise.

Gli arrivò un ceffone in piena faccia da Seth: «Ti meriti tutti i pugni che Harold ti ha sferzato. Sono sicuro che non capirai un emerito cazzo, nemmeno se ti meniamo per ore ed ore. So che non bisogna rispondere con violenza, ricorda che il mezzo uomo qui sei tu. Non io. Non Harold. Tu e solo tu.»

«Dovresti stringere la mano al signor Christian Boseman, già che ci sei» Harold guardò Noah, massaggiandosi le nocche.

Seth sgranò gli occhi, Noah li strinse. «Sono figlio di uno stupro, Seth.»

Harold non li guardò nemmeno.

«Ora puoi andare» disse Harold, in tono freddo e distaccato, rivolgendosi a Noah. «Non ti avvicinare mai più a noi. Intesi?»

«Intesi» rispose Noah, con la faccia tumefatta e il sangue che ancora scorreva attorno agli angoli della bocca.

«Vedi di inventarti qualcosa per quella faccia. Se so che hai detto il mio nome non esiterò a denunciarti per diffamazione o danni o furto. Deciderò, se sarà il caso.» Passò un minuto circa, in cui i tre ragazzi rimasero in silenzio.

«E sparisci, Noah!» disse Seth con tono veemente.

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La sospensione di Annette volse al termine qualche giorno dopo l'uscita al cinema. Tornò a scuola un po' contenta e un po' ansiosa. Finalmente poteva dedicarsi alle amicizie e al club degli scacchi. Stare in punizione le aveva fatto capire tante cose. L'uscita altrettanto, costringendola a mettere dei paletti fra lei e il suo aguzzino.

Noah le aveva detto di non dire niente a nessuno, che avrebbe pagato le conseguenze se lo avrebbe fatto escludere dalla loro cerchia. Poi finalmente la verità era venuta a galla e non si aspettava così tanto supporto.

Larissa e Lola le erano state accanto. Lola soprattutto, si conoscevano da pochissimo ma aveva una bontà tipica di chi è cresciuto in una piccola cittadina.

Le scriveva almeno una mail al giorno, la chiamava al telefono e la invitava a mangiare gelati quasi tutti i pomeriggi. Da una parte apprezzava la cosa perché alla fine parlavano del più o del meno, dall'altra Annette si sentiva in colpa e di non meritare affetto. Non così tanto e non in modo così costante.

Le settimane passavano lente fra una lezione su Kant e le verifiche di matematica. Tornare alla normalità era rasserenante, per molti versi l'unico modo di affrontare la vergogna. Si vergognava di come avesse affrontato la questione "Helen Fletcher" ma da un piccolissimo lato non rimpiangeva averla corcata di pugni.

Era un giovedì quando un nuovo compagno di classe fu aggiunto alla classe di Scienze Naturali. Era alto, il fisico da giocatore di basket, i capelli ricci di un bel castano scuro e la carnagione ambrata, radiosa e levigata. Lo sguardo era leggermente strafottente e osservava l'aula, quando il suo sguardo si posò su Lola e Annette si girò verso di lei, chiedendole se lo conoscesse.

«Sì» rispose l'amica, arrossendo. «Dopo a pranzo ti spiego meglio.»

Il ragazzo si sedette accanto ad Harold e si girò a guardare Lola. La ragazza dai capelli corvini sussurrò, con veemenza: «Che vuoi adesso?»

«Mi serve una penna, Dolores.» chiese il ragazzo e il suo tono fecero saltare i nervi di Annette, ma non disse nulla perché a Lola non serviva la guardia del corpo e un'altra sospensione non l'avrebbe sopportata.

L'amica roteò gli occhi: «Non ne hai? E dire che sei figlio di uno scrittore affermato. E va bene! Eccoti la penna, per la miseria. Non chiamarmi Dolores. Intesi?» calò il silenzio. «Intesi?» ripetè.

«Oh, sì, sì, intesi» e le lanciò un occhiolino.


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Seth si era chiesto più di una volta come sarebbe stato se non fosse nato in una famiglia benestante. La risposta che si dava era la stessa. Non avrebbe fatto viaggi e avrebbe dovuto lavorare, seriamente. Lola era stata una piacevole sorpresa. Una ragazza semplice del Maine a New York, nella metropoli. Non le era piaciuta subito ma ovviamente non l'aveva dato a vedere. Man mano che la conosceva era arrivato alla conclusione che sarebbe stato come lei. Famiglia di ceto medio-basso, magari un cane e il massimo della vita le feste a casa di amici.

Dovevano fare un progetto di Scienze Naturali in coppia e Lola stranamente scelse lui. Era gennaio, le vacanze erano passate e la scuola pesava ancora di più.

Inizialmente, fuori dalla lezione, il biondino propose casa sua ma lei rispose fermamente che no, sarebbero andati nel suo appartamento, anche se c'era Jake e un disordine immane. Seth intuì che fosse per tutti gli appunti e i libri che aveva là e che dopotutto si vedeva che a lui non poteva fregar di meno.

«Come mai Garson vive da te?» Seth chiese, con tono pungente e curioso.

«Mettiamola così. Mia madre ha fatto un favore al padre di Jake, visto che lui non ha parenti a cui essere affidato. Una grandissima cazzata, secondo me e d'altra parte mia madre è troppo buona, in generale.» rispose tagliente la ragazza, sferzandogli uno sguardo stizzito.

Si avviarono verso l'ora di ginnastica. «Ma è veramente figlio di Skye Garson, lo scrittore di thriller?»

Le labbra di Lola si incresparono e Seth immaginò che la situazione in casa non fosse delle migliori. «Sì, suppongo di sì, Seth.»

Calò un silenzio imbarazzante: «Quindi ...»

«Ci vediamo dopo, sì.» concluse la ragazza, leggermente piccata.

Lola si avviò verso lo spogliatoio, lo sguardo ancora infastidito e sbattè leggermente la porta. Mille pensieri vagavano per la mente poi la voce di Harold lo riportò alla realtà: «Seth muoviti che siamo in ritardo e ci servi per battere quel cretino di Bechtel.»

Seth entrò nello spogliatoio e pensò che dopotutto andava bene così.

ROSSO DI SERADove le storie prendono vita. Scoprilo ora