Il (piccolo) Principe

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Era superiore a certa robaccia melensa. Oh, era superiore, eccome! Non aveva nemmeno fatto caso che fosse di nuovo luna piena. Nossignore! Era troppo occupato con il suo business per pensare a che giorno della settimana fosse, figurati a che giorno del mese.
Stava alla scrivania, immerso nei faldoni delle richieste d'ingaggio, tra le descrizioni dei target che - per una volta - non aveva scaricato a Moxxie. Doveva tenere la testa occupata, doveva soffocare quel dolore sordo e martellante nel petto che non lo faceva respirare.

La sua coda oscillava avanti e indietro. Ma era tutto sotto controllo. Era solo stress da lavoro. In quelle settimane aveva accettato più casi di quanti riuscisse a gestirne. Ma non importava. Poteva lavorare anche di notte, tutte le notti. Tanto il sonno era un vecchio amico che non si faceva vedere da un po'.

Forse avrebbe dovuto controllare il telefono. Per controllare l'ora, solo per controllare l'ora.
Aveva premuto il pulsantino accanto allo schermo. Erano ancora le 10:13. Cazzo. Erano passati solo 13 fottuti minuti dall'ultima volta che aveva controllato?

Si strofinò la nuca col palmo della mano. La punta della sua coda era ormai come un metronomo che scandiva il tempo sul bracciolo della sedia.

Riprese a leggere il dossier. Nome. Cognome. Motivi dell'ingaggio.
Quante volte aveva già letto queste informazioni nelle ultime due ore? Perché continuava a bloccarsi alla seconda riga?

Si era sbottonato i primi due bottoni del colletto, alla ricerca d'aria. Si era arrotolato le maniche della camicia.

A che ora gli scriveva di solito Stolas?
Non importava. Non importava. Tanto non sarebbe successo quella notte. Non dopo quello schifoso party.
Ma...solo per curiosità... a che ora gli scriveva di solito Stolas?
Riprese di nuovo il telefono, ripercorse i messaggi all'indietro, senza leggerli, avrebbe fatto troppo male.
Alla luna piena di Settembre gli aveva scritto alle 11:02
Ad Agosto alle 11:04
A Luglio alle 10:58
A Giugno alle 11:00 in punto
A Maggio alle 10:56

Va bene, va bene, era un'ottima media, di solito scriveva alle undici dunque. Maledizione. Altri 45 minuti di agonia per ottenere nient'altro che una delusione.

Ma che diamine gli aveva fatto? Stupido, perverso, pomposo Principe!
Non era da lui agognare un messaggio come una stupida ragazzina delle superiori.
Lui era uno spirito libero. Era senza vincoli e senza padroni. Era un lupo, solitario e ramingo. Anzi no, no! Era una volpe, scaltra e veloce, guardinga, che sapeva cavarsela benissimo da sola. E come qualsiasi volpe si era infilata nel pollaio, solo che al posto dei polli ci aveva trovato quel fottuto gufo del cazzo.

Un fottuto principe Goetia. Un amante. Un... un amico?

Blitz non aveva padroni. No. Era libero. Eppure... eppure, in qualche modo, si era lasciato addomesticare.

E cazzo se ogni luna piena agognava quel messaggio, pieno di trepidazione e di fiducia. All'inizio era stato per il libro, poi era diventata qualcosa che faceva per sé stesso... e infine, una cosa che faceva per Stolas. Per loro? Se un loro c'era mai stato, s'intende.

Gli tornò in mente una stupida storia francese che aveva letto da bambino dopo che qualche rampollo viziato si era scordato il libricino sugli spalti del circo. Sul momento l'aveva trovata ridicola e melensa, e piena di sciocchezze.
Ma ora il pensiero gli martellava in testa senza sosta, segno, di certo, che si era rincoglionito, e che era diventato ridicolo e melenso anche lui:

"Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore..."

Blitz non aveva padroni, era libero, eppure... eppure, questa volta, non sapeva a che ora prepararsi il cuore, né a cosa prepararlo.

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