Erano passate due settimane da quando ormai vivevo con Gabriel. Dopo quello che era successo tra noi, non mi aspettavo di certo che saremmo finiti a convivere. Certo, era stato uno dei miei più grandi sogni, ma non così, non con questo peso sul cuore. Aprii lentamente gli occhi, ancora immersa nella confusione del risveglio, e guardai l'ora sul display del telefono. Mi sentii improvvisamente assalita dall'ansia di fare tardi, così mi alzai in fretta dal letto.
Appena i miei piedi toccarono il pavimento freddo, avvertii una piacevole arietta fresca entrare dalla finestra socchiusa. Mi fece rabbrividire per un attimo, ma aveva anche un effetto calmante. Uscii dalla mia camera e mi avviai verso la cucina, ancora in uno stato di lieve torpore. Gabriel era lì, seduto al tavolo, con quell'aura composta e affascinante che lo caratterizzava. Stava bevendo il suo caffè nero mentre leggeva il giornale, concentrato come se nulla al di fuori di quel momento importasse. Era un'immagine familiare, rassicurante in qualche modo, ed era impossibile non notare quanto assomigliasse a suo padre in quei gesti. Senza farmi vedere, accennai un sorriso, come se quella visione riuscisse a strapparmi un attimo di leggerezza in mezzo al caos interiore.
Entrai nella stanza cercando di non far troppo rumore. "Buongiorno," dissi con tono tranquillo, mentre mi dirigevo verso il frigorifero per prendere qualcosa da mangiare.
"Buongiorno a te, dormito bene?" rispose lui, con quella voce calma che, in altri tempi, mi avrebbe messo a mio agio. Ormai era tutto diverso.
Avevamo deciso di mantenere la pace, di provare almeno a essere gentili l'uno con l'altra, per evitare che la tensione si facesse insopportabile. "Sì, abbastanza. E tu?" domandai, cercando di incontrare il suo sguardo, anche se ogni volta che lo facevo, c'era una distanza che sembrava incolmabile.
"Bene, grazie." Finiti gli ultimi sorsi del suo caffè, si alzò e sistemò la tazzina con cura sul lavello, come faceva sempre. Poi si voltò verso di me, con quell'aria pratica e sicura di sé. "Le chiavi le trovi nello stesso posto.Ci vediamo nel pomeriggio." E, senza aggiungere altro, si incamminò verso la porta d'ingresso e uscì.
Sì, andavamo d'accordo, o almeno lo facevamo sembrare, ma non era come tra veri amici. Rimaneva distante, nonostante i nostri sforzi di mantenere la calma. Ma cosa mi aspettavo, dopotutto? Ero stata io a lasciarlo. Ero stata io a dirgli che non saremmo mai più tornati insieme.Dopo essermi preparata in fretta, presi la macchina e andai verso l'università. Il viaggio mi passò davanti come un'ombra, mentre i pensieri mi affollavano la mente. Parcheggiai e, appena entrai nel cortile, vidi i gemelli avvicinarsi con i loro soliti sorrisi. Sapevo già che mi avrebbero chiesto come stavo.
"Allora, che si dice?" chiese Jaden, mettendomi il braccio intorno al collo in un gesto amichevole.
"Si dice," risposi con poca voglia di parlare, sperando di non dover dare troppe spiegazioni.
"Ancora Gabriel?" intervenne Jordan lanciandomi uno sguardo preoccupato.
"Si vede così tanto?" domandai, guardandoli mentre cercavo di nascondere i miei sentimenti.
"Certo che si vede," disse Jaden scompigliandomi i capelli con un sorriso. "Solo lui ti fa stare così. La convivenza sta andando male?"
Sospirai, cercando di spiegare la situazione. "Sta andando bene, nel senso che non litighiamo. Ci rispettiamo, ma lui è così distante, freddo. Non mi tratta male, ma si sente il distacco, come se non gliene importasse più nulla."
"Sai che non è colpa tua, vero? Dovresti essere tu a comportarti in modo distaccato, non lui. Sei stata tu a soffrire, non lui," disse Jaden visibilmente irritato."Amanda mi ha detto la stessa cosa," ammisi con un tono di tristezza. "Ma non so più cosa fare. Mi manca così tanto che a volte mi sembra di impazzire, ma non posso cedere ancora una volta.Non mi fido più di lui, ho paura di soffrire di nuovo. E poi... lui non fa niente per cercare di rimediare. È come se non gli importasse più di me. O forse non gliene è mai importato."
Jaden si fermò, guardandomi con serietà. "Non è giusto che tu debba sentirti così. Se non gli importasse davvero, perché si comporta in questo modo? È come se ti stesse punendo."
Jordan , che fino a quel momento non aveva parlato, aggiunse con calma: "Non devi lasciare che lui abbia questo potere su di te. Se non si impegna, non vale la pena che tu soffra per lui."
Mi fermai a riflettere sulle loro parole, che risuonavano dentro di me. Mi sentivo bloccata, divisa tra la paura di soffrire di nuovo e il desiderio di tornare indietro.
Rimasi in silenzio per qualche istante, le parole dei ragazzi rimbombavano nella mia testa. Sapevo che avevano ragione, ma accettarlo era un'altra storia. Gabriel mi mancava, eppure il dolore che mi aveva causato era ancora lì, così fresco e presente da farmi temere di abbassare la guardia.
"Non è facile." dissi alla fine, abbassando lo sguardo. "Vorrei solo che le cose fossero diverse, che lui capisse quanto mi ha ferita e provasse a fare qualcosa per rimediare. Ma invece sembra che non gliene importi."
Jaden sospirò, allentando la presa sul mio collo e passandomi una mano sulla schiena in un gesto di conforto. "Lo so che non è facile, ma non puoi permettere che ti faccia sentire così. Se non vuole fare nulla per migliorare la situazione, tu devi pensare a te stessa. Non puoi stare male per qualcuno che non si sforza nemmeno." Jordan annuì. "A volte le persone non si rendono conto del male che fanno finché non è troppo tardi. Ma tu meriti di essere felice, e se Gabriel non è disposto a lottare per te, devi lasciarlo andare davvero."
Quelle parole erano dure da sentire, ma una parte di me sapeva che erano vere. Continuavo a sperare che Gabriel cambiasse, che si rendesse conto di quanto fossi ancora legata a lui, ma la realtà era diversa. Lui non si era mosso di un passo, e io ero rimasta intrappolata in quel limbo.
"Lo so." risposi, cercando di non far tremare la voce. "Ma è difficile smettere di sperare. Anche se so che non è giusto, c'è una parte di me che aspetta ancora che lui faccia qualcosa, che dimostri che ci tiene." Jaden mi guardò negli occhi, serio come non lo vedevo da tempo. "E se non lo fa? Che fai? Continui a stare male per qualcuno che non si preoccupa di te? Non puoi vivere così."
Non risposi subito. Mi limitai a fissare il terreno, cercando di tenere sotto controllo il groviglio di emozioni che mi stringeva il cuore. Mi sentivo come se fossi in bilico, incapace di decidere se lasciarmi andare o continuare a lottare per qualcosa che, forse, non esisteva più. Jordan cercò di alleggerire la situazione, dandomi una leggera pacca sulla spalla. "Non preoccuparti troppo. A volte le cose si sistemano da sole, ma nel frattempo, tu pensa a stare bene. Gabriel non è tutto."
Sorrisi, anche se con fatica. "Grazie, ragazzi. Non so cosa farei senza di voi."
"Non devi fare tutto da sola," mi rispose Jaden "Siamo qui per te, sempre." Anche se il peso nel petto non se n'era andato, almeno sapevo di non essere sola. Dopo aver parlato con i gemelli, mi sentii leggermente più leggera, anche se il peso di Gabriel era ancora lì, in un angolo della mia mente. Ci salutammo e mi incamminai verso l'aula, cercando di concentrarmi su ciò che mi aspettava, ma i pensieri continuavano a tornare a lui, come un'ombra che non riuscivo a scacciare.
La lezione sembrava passare lenta e indifferente, con le parole del professore che rimbalzavano senza che io riuscissi davvero a seguirle. Continuavo a fissare il foglio di appunti davanti a me, scarabocchiando distrattamente, mentre la mia mente vagava altrove. "Perché non riesco a lasciarlo andare?" mi chiedevo, ripetendomi che forse sarebbe stato meglio così. Ma ogni volta che pensavo di chiudere definitivamente quel capitolo, la paura di pentirmene mi paralizzava.
Quando la lezione finalmente finì, mi affrettai a uscire dall'aula, desiderosa di respirare aria fresca. Mi ritrovai a camminare per il cortile dell'università senza una vera meta, perduta nei miei pensieri. Fu allora che sentii vibrare il telefono nella tasca. Lo tirai fuori, sperando per un attimo che fosse un messaggio di Gabriel, ma era Amanda.Amanda:"Ehi, come stai? Va meglio oggi?"
Sorrisi leggendo il suo messaggio. Amanda sapeva sempre come starmi vicina, anche a distanza. Le risposi velocemente, cercando di essere onesta ma senza appesantirla troppo.
Sofia:"Sto cercando di andare avanti, ma non è semplice. Gabriel mi manca ancora, anche se so che non dovrei pensarci."
La sua risposta arrivò subito.
Amanda:"Lo so che è difficile, ma stai facendo del tuo meglio. Non devi sentirti in colpa per quello che provi. Hai tutto il diritto di essere triste, ma non lasciare che lui ti tenga bloccata. Meriti di essere felice, ricordatelo."
Quelle parole mi colpirono. Era come se Amanda avesse colto esattamente il punto: ero bloccata. Incapace di andare avanti ma allo stesso tempo terrorizzata all'idea di tornare indietro. Continuavo a pensare a come stavano le cose prima, a quel senso di sicurezza che provavo quando stavamo insieme, ma allo stesso tempo sapevo che non potevo ignorare il dolore che aveva causato.
Mi fermai sotto un albero, lasciando che l'ombra mi avvolgesse. Chiusi gli occhi e cercai di respirare profondamente. Forse Amanda aveva ragione, forse i ragazzi avevano ragione. Dovevo smettere di cercare risposte in Gabriel e iniziare a trovarle dentro di me. Ma come? Come si fa a lasciar andare qualcuno che una volta significava tutto per te?
Mi sentii improvvisamente stanca, come se portassi addosso un peso che non sapevo più come gestire. Aprii gli occhi e guardai il cielo, cercando un po' di chiarezza, ma tutto ciò che vidi furono nuvole che si muovevano lentamente, come i miei pensieri, sempre presenti, sempre in movimento.
Forse il tempo avrebbe portato le risposte. O forse dovevo iniziare a cercarle dentro di me, a piccoli passi, senza aspettare che fosse Gabriel a fare il primo.
Rimasi ferma sotto l'albero ancora per qualche minuto, lasciando che il vento leggero mi accarezzasse il viso, come se potesse portare via almeno una parte del peso che sentivo dentro. Guardare il cielo mi aveva dato una strana sensazione di calma, anche se la confusione continuava a girarmi in testa. Decisi di camminare verso la caffetteria del campus, sperando che un caffè mi aiutasse a schiarire le idee.
Entrando, il profumo del caffè appena fatto mi accolse, un aroma familiare che mi riportò a tanti momenti semplici e tranquilli, prima che tutto diventasse così complicato. Ordinai il mio solito e mi sedetti in un angolo, lontana dalle altre persone. Anche se amavo la compagnia dei gemelli e Amanda, in quel momento avevo bisogno di stare sola, di ascoltare i miei pensieri senza distrazioni.Mentre sorseggiavo il caffè, il telefono vibrò di nuovo. Questa volta era un messaggio di Gabriel. Sentii un piccolo sussulto nel petto, una parte di me sperava sempre che lui mi scrivesse, anche se sapevo che non avrei dovuto. Esitai un attimo prima di aprirlo.
Gabriel:"Ehi, oggi torno a casa tardi. Non aspettarmi per cena."
Le sue parole erano fredde, impersonali, come un promemoria tra coinquilini piuttosto che un messaggio tra due persone che avevano condiviso tanto. Mi sentii immediatamente svuotata. Anche il fatto che mi avesse scritto non mi dava alcuna soddisfazione, anzi, mi ricordava quanto fosse distante, quanto poco gliene importasse di me ora.
Posai il telefono sul tavolo e fissai il vuoto davanti a me. "Come siamo arrivati a questo punto?" mi chiesi per l'ennesima volta. Era come se tutte le emozioni, i momenti belli e anche quelli brutti fossero stati cancellati, lasciando solo un senso di fredda indifferenza.
Bevvi un altro sorso di caffè, cercando di allontanare quel senso di frustrazione. Avevo promesso a me stessa di non lasciarmi travolgere dai suoi comportamenti, ma ogni volta che Gabriel mi trattava in quel modo, era come una pugnalata al cuore. Mi mancava, sì, ma mi mancava soprattutto la versione di lui che amavo, quella che mi faceva sentire speciale, che mi guardava come se fossi tutto il suo mondo. Ora non rimaneva altro che un'ombra di quello che eravamo.
Presi il telefono e, senza pensarci troppo, risposi.Io:"Ok, buona serata."
Era un messaggio semplice, ma mi costò più di quanto avessi immaginato. Lasciare andare ogni speranza di ricevere una risposta diversa, più calorosa o affettuosa, era doloroso. Ma dovevo cominciare da qualche parte, e forse rispondere in modo distaccato era il primo passo per accettare la realtà.
Finito il caffè, mi alzai e uscii dalla caffetteria, decisa a non passare la serata da sola in casa a pensare. Invece di tornare subito, presi il cellulare e mandai un messaggio a Jaden
Io:"Che programmi avete per stasera? Mi andrebbe di uscire."
Dopo qualche secondo, arrivò la risposta.Jaden:"Siamo al solito posto! Vieni che ti tiriamo su il morale."
Sorrisi leggermente. Anche se le cose con Gabriel erano complicate e dolorose, almeno sapevo di avere degli amici che mi avrebbero sostenuto. Forse, piano piano, avrei imparato a essere felice di nuovo, anche senza di lui.
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Endless 2
RomanceDa quando Gabriel era uscito dalla sua vita, il vuoto era stato riempito da un'angoscia crescente. Non era solo il suo amore a tormentarla, ma una presenza oscura che sembrava seguirla ovunque. Qualcuno voleva farle del male, e ogni giorno il perico...