capitolo 1

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Ero in aereo con mio padre. Non sapevo da quanto tempo non facessimo più cose del genere. Lui mi guardò e mi disse:«Sophia, bambina mia». Sorridendo, potei vedere le sue rughe. Ormai papà aveva i capelli bianchi, ma i suoi occhi grigi erano sempre li stessi. Gli chiesi:«chi stai allenando?», lui rise e rispose:«è un ragazzo giovane, ha quasi la tua stessa età. Si chiama Jannik Sinner». Non me ne aveva mai parlato, di solito mi raccontava tutto, soprattutto dopo il divorzio con l'ultima moglie. Non gli risposi e iniziai a specchiarmi dalla fotocamera del telefono. Occhi grigi come la nebbia, pelle chiara e capelli neri che mi arrivavano fino alla vita. Per quanto non lo voglia ammettere, assomigliavo a mia madre. Fu lei a rovinare la famiglia solo per un altro uomo. Seppur piccola, mi ricordavo ancora le litigate tra i miei. Vidi mio padre piangere, distrutto e sapevo che non lo avrei lasciato da solo. Vidi per l'ultima volta mia madre in tribunale, poi lei se ne andò da casa con lo stesso uomo da qualche altra parte nel mondo. Non cercò mai di ricontattami, ma mio padre cercò in tutti i modi di non farmi mancare la figura materna. Si risposò due volte, per poi decidere che il matrimonio non faceva per lui. Indossavo un top senza spalline bianco, con dei pantaloni verdi pastello e delle converse. Ritornare a guardare i tornei delle persone che mio padre allenava mi fece sentire di nuovo piccola. Il mio ricordo preferito fu un torneo piccolo, c'erano poche persone e in un momento di pausa giocai; anche se non riuscivo a rimanere in piedi con le mie gambe da bambina. Mio padre mi registrò ed era il mio video preferito.
Ritornai alla realtà quando atterrammo, prendemmo i bagagli e partimmo per l'hotel.

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