capitolo 3

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Il giorno dopo, mio padre aveva un pranzo con il team di Sinner e mi chiese se io volessi andare con lui. Non volevo pranzare da sola così accettai. Indossai una gonna bianca sopra il ginocchio e un top bianco smanicato, con delle scarpe da ginnastica per smorzare il tutto. Accanto a mio padre non c'era posto, solo accanto a Sinner. Così mi sedetti accanto a lui. Sebbene avesse tutto il suo team intorno, il tennista sembrava che non volesse parlare. Forse si sentiva a disagio, lo comprendevo perché anch'io mi sentivo così. Come potevo iniziare una conversazione? Parlare del tennis non avrebbe aiutato. Il rosso continuava a guardare fisso sul piatto, ma catturai la sua attenzione quando l'altro uomo accanto a me mi chiese in un momento di silenzio chi io fossi. Risposi:«sono Sophia, la figlia dell'allenatore. L'ho accompagnato». L'uomo annuì e tornarono alle loro chiacchiere, il rosso mi diede uno sguardo sfuggente e chiese:«lo fai spesso?». Fui un attimo confusa, poi capì. Mormorai:«prima sì, adesso che lavoro non ho più tempo. Ora sono qua perché volevo tenere compagnia a mio padre.» Sinner sorrise e disse:«avete un bel rapporto», guardai mio padre per un attimo e replicai:«si fa sempre il meglio.» Il ragazzo chiese:«che lavoro fai?» e gli spiegai cosa facessi nella vita in modo dettagliato. Era attento a quello che dicevo, mi scrutava come se stesse osservando la mia anima. Perché gli interessava così tanto? Mi ascoltava solo per gentilezza? Probabilmente, ma adoravo il fatto che non mi dicesse di chiudere il becco. Intanto, arrivarono le portate e iniziammo tutti a mangiare. Quando finimmo di pranzare, mormorai:«scusa, forse ti ho annoiato.» Jannik rispose:«no, mi fa piacere. Vieni dopo all'allenamento così non sto solo.» Annuì, veramente non l'ho infastidito? Quasi nessuno mi aveva ascoltato per così tanto.

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