6.Sofia

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Mi paralizzai appena vidi quella scena orrenda. Il mondo sembrò fermarsi, il cuore mi si spezzò in mille pezzi. Così voleva dimostrarmi che mi amava? Baciandosi con un'altra, strusciandosi senza vergogna? Il dolore mi travolse come un'onda, lasciandomi senza fiato. Le lacrime scivolarono sul mio viso, incontrollabili, mentre il petto mi si stringeva in un nodo soffocante.
Non potevo più restare lì. Ogni secondo in quel posto era una tortura, un colpo al cuore. Mi voltai verso l'uscita, i passi pesanti e incerti. Avevo bisogno di aria, di scappare da quel dolore insopportabile. Arrivai alla mia auto quasi senza rendermene conto, le mani tremanti mentre cercavo di infilare la chiave nel cruscotto.
Accesi il motore e mi diressi verso casa, senza più riuscire a trattenere le lacrime.
Parcheggiai l'auto nel vialetto e mi avviai verso la porta d'ingresso. Tremavo così tanto per il nervoso che le chiavi mi scivolarono dalle mani e caddero a terra. Imprecai sottovoce, chinandomi per raccoglierle, e finalmente riuscii a entrare.
Non appena varcai la soglia, mi diressi dritta verso il freezer, quasi automaticamente. Avevo bisogno di qualcosa che mi facesse sentire meglio, anche solo per un attimo. Trovai una vaschetta di gelato, la presi e mi sedetti sul divano. Scelsi un film romantico, ma già sapevo che non sarebbe servito a distrarmi.
Perché lo avevo fatto? Perché ero andata a quella festa? Dovevo restare a casa.Le lacrime scendevano ancora, calde e incessanti, mentre affondavo il cucchiaio nel gelato, incapace di fermarmi.
Poi, all'improvviso, sentii un rumore di chiavi alla porta. Il cuore mi balzò in gola. Era tornato.
Mi asciugai le lacrime in fretta, cercando di mantenere un'aria indifferente. Finsi di essere concentrata sul film, anche se dentro di me l'agitazione cresceva. Non ero pronta ad affrontarlo, non dopo quello che avevo visto.

Mi alzai dal divano, decisa a salire le scale senza nemmeno guardarlo in faccia. Volevo solo fuggire da quella situazione, da lui.
"Sofia, aspetta."
Mi bloccai sul posto, gelata dal suono della sua voce. Non mi chiamava più "Rapunzel", come faceva un tempo, quando ancora sembrava esserci qualcosa di speciale tra noi. Ora ero solo "Sofia", niente di più. Mi girai lentamente, fissandolo negli occhi.
"Mi dispiace per quello che hai visto."
Cercai di mantenere la calma, ma la mia voce tradiva il dolore che sentivo dentro. "Perché dovrebbe dispiacerti? È la tua vita, puoi fare quello che vuoi. Non stiamo più insieme."
La mia voce era spezzata, fragile. Nonostante tutto, speravo che le mie parole lo colpissero, ma sembrava quasi ferito, come se le mie parole avessero toccato una corda che neanche lui si aspettava.
"Hai ragione, non capisco perché io stia qui a darti spiegazioni," disse, e il tono che usò mi fece male, come se cercasse di difendersi.
"Fai quello che vuoi, non mi interessa più." Mi voltai di nuovo, pronta a scappare da quel confronto che mi stava uccidendo. Ma poi la sua voce mi fermò, ancora una volta.
"Questo è l'amore che provavi per me?"
Quelle parole mi colpirono come un pugno allo stomaco. Mi girai di scatto, non riuscivo a credere a quello che aveva appena detto.
Gli puntai il dito contro, furiosa, mentre le lacrime bruciavano negli occhi. "Non osare dubitare dei miei sentimenti, hai capito? Sono io che so quanto sto soffrendo senza di te! Io so cosa significa vederti con le altre, cosa significa svegliarsi ogni giorno con il cuore a pezzi. Sono io che non dormo la notte per il dolore. Tu mi hai spezzato il cuore, non io a te. Quello che stai vivendo ora sono le conseguenze delle tue scelte, delle tue azioni di merda. Non osare dare la colpa a me." Non riuscii più a trattenere le lacrime, scoppiando in un pianto che non potevo più controllare. E proprio in quel momento, senza dire una parola, mi sentii avvolta dalle sue braccia. Mi strinse forte, come se non volesse lasciarmi andare, e senza pensarci due volte, ricambiai quell'abbraccio disperato, affondando il viso nel suo petto.
Per un istante, tutto sembrava fermarsi. Il dolore, la rabbia, il mondo intero.
"Non mi perdonerò mai per quanto ti ho fatto del male," disse, prendendomi il viso tra le mani e fissando il mio volto con uno sguardo carico di rimpianto.
Prima che potessi rispondere, unii le nostre labbra in un bacio appassionato, cercando disperatamente di spegnere per un po' tutto il dolore, tutte le paure. Solo i suoi baci riuscivano a darmi sollievo, a farmi dimenticare il caos dentro di me. Le mie mani si spostarono lentamente sulla sua nuca, le sue labbra scivolarono sul mio collo, facendo tremare ogni parte del mio corpo.
"N-no," balbettai, allontanandomi di scatto. Scossi la testa, ferita e confusa. Il desiderio si scontrava con il dolore che non potevo ancora ignorare. Non sapevo cosa mi fosse preso. Non potevo cedere, non ancora.
Mi guardò, sorpreso dalla mia reazione, con gli occhi pieni di desiderio e preoccupazione. "Sofia... io..."
Mi passai una mano tra i capelli, cercando di calmarmi. "Non posso... non così. Non è giusto," dissi, la mia voce tremava. "Ogni volta che mi avvicino a te, mi ricordo di tutto il dolore che mi hai causato. Non posso fare finta che non sia successo." Si avvicinò di un passo, cercando di sfiorarmi il braccio, ma mi ritrassi. "So di averti fatto del male," disse, abbassando lo sguardo. "Ma ti giuro, Sofia, non c'è stato un solo giorno in cui non abbia pensato a te. A quanto mi manchi. Ho fatto uno sbaglio dopo l'altro, lo so, ma... non riesco a vivere senza di te."

Quelle parole colpirono duro, come un pugno nello stomaco. Ero combattuta, divisa tra la voglia di credergli e il timore di soffrire ancora.
"Mi hai spezzato, Gabriel. " sussurrai, stringendo le braccia attorno a me, come se quel gesto potesse proteggermi dal dolore. "Non è facile rimettere insieme i pezzi di me stessa, e tu... tu non puoi pretendere che io dimentichi tutto con un bacio."
"Non ti sto chiedendo di dimenticare," rispose lui, la voce rotta. "Voglio solo una possibilità di dimostrarti che posso fare meglio. Che posso essere l'uomo che meriti. Non posso cancellare quello che ho fatto, ma posso provare a rimediare, Sofia. Se me lo permetti."
Lo guardai, i nostri sguardi incatenati in una lotta silenziosa. Dentro di me, c'era una parte che voleva credere alle sue parole, aggrapparsi alla speranza che potesse davvero cambiare. Ma l'altra parte... era ancora devastata  dal dolore.
"Non lo so," dissi infine, sentendo il peso di ogni parola. Gabriel abbassò lo sguardo, incapace di rispondere. Le sue labbra si mossero come se volesse dire qualcosa, ma restò in silenzio, forse perché sapeva che nessuna parola avrebbe potuto cancellare ciò che avevo visto.
"Le hai mai pensate davvero, quelle parole? O erano solo per riempire il silenzio?" continuai, la mia voce rotta dall'emozione. "Mi hai detto che mi amavi, che non potevi vivere senza di me, ma poi cos'hai fatto? Ti sei voltato e hai trovato conforto tra le braccia di un'altra. E ora vieni qui, cercando di convincermi che tutto può essere sistemato?"
Lui scosse la testa lentamente, come se cercasse le parole giuste, ma le lacrime nei suoi occhi dicevano tutto. "Non so cosa dire, Sofia. Non ci sono scuse per quello che ho fatto. So solo che... mi pento di tutto. Di averti ferita, di averti persa. Non riesco neanche a guardarmi allo specchio sapendo che ho distrutto l'unica cosa buona della mia vita."
Mi asciugai le lacrime con il dorso della mano, sentendo il dolore bruciare nel petto. "Non mi basta più sentirti dire che ti penti. Non mi basta che tu stia qui in silenzio senza fare nulla per riparare quello che hai rotto." fece un passo avanti, ma non lo lasciai avvicinarsi troppo. "Sofia, dammi il tempo... ti prego. Farò qualsiasi cosa, ma non mi lasciare così. Non posso perdere anche questa possibilità."
Mi sentii svuotata. "Non capisci, Gabriel? Non posso continuare a soffrire così. Il mio cuore è in frantumi, e non so se riuscirò mai a fidarmi di te di nuovo. Non bastano le parole. Io ho bisogno di azioni, e tu... non hai fatto niente per dimostrarmi che meriti un'altra occasione." Dissi infine, lasciando cadere l'ultimo frammento di speranza che forse ancora conservavo. Senza voltarmi, salii le scale con il cuore in gola, sentendo il suo sguardo perforarmi la schiena, ma non osai guardarlo. Non potevo. Ogni passo che facevo mi sembrava più pesante del precedente, come se stessi trascinando con me i resti di quella che un tempo era la nostra storia.
Entrai in camera e chiusi la porta, come se potesse davvero tener fuori tutto il dolore. Mi lasciai cadere sul letto, il corpo privo di forze, come se tutto mi fosse stato sottratto. Non avevo nemmeno l'energia per mettermi il pigiama. Ero devastata, svuotata, come se ogni pezzo di me fosse andato in frantumi.
Le lacrime continuarono a scendere silenziose, bagnando il cuscino. Il suo volto, le sue parole, e quelle immagini che non riuscivo a cancellare dalla mente mi tormentavano. Cercavo di trovare una via d'uscita, un pensiero che potesse calmare il caos dentro di me, ma niente funzionava. Solo il silenzio, rotto dai singhiozzi soffocati.
Mi sentivo come se fossi intrappolata in un incubo da cui non riuscivo a svegliarmi. Ogni cosa, anche il semplice rumore del vento fuori, sembrava ricordarmi la distanza che si era creata tra di noi.
Mi chiedevo come fossimo arrivati a questo punto. Quando avevamo smesso di capirci, di lottare per ciò che avevamo costruito insieme? Era colpa mia? O era tutto dovuto al suo egoismo, alla sua incapacità di comprendere il dolore che mi aveva inflitto? Aveva tradito la mia fiducia nel modo più vile, eppure ero ancora qui, con il cuore a pezzi, a desiderare che tutto fosse diverso.
Le sue parole mi rimbombavano in testa: "Non mi perdonerò mai." Ma a cosa servivano le sue scuse se non riusciva a dimostrarmi con i fatti che era davvero sincero? Non potevo continuare così, sempre in bilico tra l'amore che provavo per lui e il dolore che mi causava. Ogni volta che mi diceva che mi amava, sentivo solo vuoto, come se quelle parole non avessero più significato. Come potevo credere ancora in noi?
Ero stanca di essere quella che soffre, quella che si spezza in silenzio mentre lui continua la sua vita, libero dalle conseguenze. Forse era questo il punto. Dovevo smettere di aspettare che fosse lui a sistemare le cose. Dovevo trovare la forza di sistemare me stessa, di guarire dalle ferite che mi aveva lasciato.
Ma anche solo pensarlo sembrava impossibile. Perché, nonostante tutto, una parte di me lo amava ancora.

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