1. HELENA

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Mi piace qui, Helena è la capitale del Montana nella Contea di Lewis & Clark e come città sarebbe stata perfetta, ma avevo deciso di stare in mezzo alla natura, a tre ore di auto dalla capitale c'è Hamilton nella contea di Ravalli, è qui che ho deciso di vivere.

Mi sono innamorata di questa casa con veranda in legno dal primo istante che ho visto l'annuncio per la gestione della biblioteca in città con alloggio in questo splendore che posso chiamare "casa". Facciata rossa e steccato bianco. Perfetta. La proprietaria del Ranche, Nora Williams, vive a pochi metri da me e questo mi fa stare tranquilla. Non siamo poi così isolate, di fronte a noi c'è un altro ranch, non conosco ancora il proprietario, qui sono tutti riservati, è così che dev'essere ed è così che voglio che sia.

Sistemo le poche cose che mi sono portata dall'Idaho all'ingresso, una valigia e tre scatoloni. La mia vita racchiusa qui, si può chiamare vita? A Boise non è stata vita, lo so, quella non può essere la vita, non la mia.

No Helena, certo che no!

La mia vita inizia adesso, sussurro a me stessa, è qui che ricominci, è qui che ti rialzi, è qui che smetti di avere paura.

Ora sei al sicuro, me lo ripeto ogni istante facendo lunghi respiri mentre stringo a me Hank, l'unico compagno che sa cosa abbiamo vissuto, l'unico che saprà apprezzare una casa silenziosa senza grida, senza violenza, solo noi due.

C'è una vecchia sedia a dondolo che mi ha gentilmente portato Nora, ho visto che ne ha una simile anche lei, torno sulla veranda e mi siedo, cerco un po' di pace.

Intorno a me sento il canto delle cicale o meglio dire, il frinire, ed è la cicala maschio ad emettere questo suono, è puramente un fatto sessuale, ma per noi è calmante, per altri fastidioso. Io lo amo.

Ho la fronte sudata, ma il vento caldo di luglio mi asciuga mentre mi dondolo e chiudo gli occhi. Sento lo scricchiolio del legno sotto la sedia, datato sicuramente, ma con un po' di manutenzione questa veranda potrebbe diventare un vero spettacolo per gli occhi e io ho già in mente cosa fare.

Ho le gambe tremanti, mi godo il profumo del fieno appena essiccato e per un attimo cerco di riposare.

Abbasso la guardia, una come me dovrebbe sempre rimanere con le spalle al muro, allerta, occhi spalancati, pronta, ma qui forse posso abbandonarmi per qualche minuto dopo il viaggio e aver scaricato tutto da sola.

Hank gironzola nel giardino e poi torna da me, è insicuro fa pochi passi poi torna e si siede sulle mie gambe. Dondoliamo insieme, mentre lo accarezzo sento sotto le mie mani un tremolio, lo guardo.

I suoi occhi mi chiedono "ora siamo salvi mamma?", sussurro "sì lo siamo cucciolo".

Hank è il mio cane da qualche anno, lo trovai di fianco a un cassonetto che tentava di mangiare, non volevo portarlo in quell'inferno, avevo paura che riempisse di botte anche lui, ma lo feci. Tornò in quella casa, che così non dovrebbe chiamarsi, con me e non lo lasciai un attimo. Ci chiudevamo in camera insieme e bloccavamo la porta con la sedia quando lui la picchiava, poteva essere mattina o in piena notte, dipendeva dall'alcool che si era bevuto.

Strizzo gli occhi al solo pensiero e sento la pelle d'oca, non potrò smettere di avere paura oggi, ma domani forse sarà più facile.

Porto Hank dentro con me e inizio a sistemare le poche cose che ho: qualche vestito sgualcito, libri, delle lenzuola e il tappetino di Hank. Mi riprometto che col primo stipendio gli prenderò una bellissima cuccia, ora non possiamo me ne sono andata con pochissimi soldi e l'annuncio sulla biblioteca è stata una vera fortuna soprattutto perché Nora cercava qualcuno che amasse leggere, che organizzasse gruppi di lettura per far sì che la sua biblioteca non andasse in malora. So di essere la persona giusta e darò il massimo per far sì che tutto funzioni.

La libellula che non sapeva volareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora