Capitolo 30

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La solitudine aveva un'altra volta tentato di approcciarsi a me, con la sola differenza che questa volta ci era riuscita.
Mi aveva preso sottobraccio e mi stava facendo compagnia.

Ridicolo dirlo, ma era così.

Camminavo da non so quante ore, senza una meta precisa, senza la voglia di tornare a casa, ma nemmeno stare in giro da solo.
Non sapevo dove andare, cosa fare, chi chiamare.

Nicholas probabilmente dormiva, erano le due passate e non mi andava di disturbarlo, ma non avevo altra scelta, avevo bisogno di una spalla su cui sfogarmi, di un amico con cui parlare, di un posto in cui stare.
Non volevo sentirmi più solo di quanto in realtà già mi sentissi.

Mi armo di quel poco di fiato rimasto e vado dal mio migliore amico.
Non sento più le gambe, l'acido lattico inizia a implorarmi di fermarmi, ma se mi fermo è la fine, se mi fermo, non mi rialzo più.

Dopo un'altra mezz'ora di camminata veloce, arrivo alla mia destinazione.
Le luci sono spente, il silenzio intorno a me è palpabile, a farmi compagnia solo alcune civette che cantano.

Provo dapprima a mandargli un messaggio, attendo al freddo per un paio di minuti, ma quando vedo che non risponde, decido di bussare, in modo da rendersi conto che qui fuori c'è qualcuno che ha davvero bisogno di una mano.

Ormai sono passate le tre, la luce del salotto si accende, posso sentire il suo respiro attraverso la porta, sicuramente si sta domandando chi è che bussa a quest'ora della notte e non potrei dargli torto se decidesse di lasciar perdere e tornarsene a dormire.

<<Chi è? Guarda che sono armato>>.

Per la prima volta, mi scappa da ridere, ma torno quasi subito serio.

<<Sono io Nic>> esclamo a bassa voce, ma sono sicuro che mi abbia sentito quasi come se avessi urlato.

Qualche secondo dopo, la porta si apre, rivelandolo in piedi di fronte a me, scalzo e con i capelli tutti arruffati.
Il suo sguardo è indagatore, percepisco le sue domande anche se sta in silenzio.
Senza aggiungere altro mi fa entrare.
Non mi passa inosservato che di tanto in tanto guarda l'orologio che ha sul polso.

<<Posso rimanere qui stanotte? Non ho voglia di tornare a casa e...>> non riesco a finire di parlare, la voce mi rimane strozzata in gola e le lacrime rimangono incastrate negli occhi, incapaci di scendere, ma con tanta voglia di farlo.

<<Cosa è successo?>> trova finalmente il coraggio di chiedere, ma non riesco a parlare, mi sento così stupido in questo momento, che se ne avessi la forza, mi prenderei a schiaffi da solo.

<<Ho fatto 'na cazzata Nì. Ma una cazzata di quelle grosse>> sospiro più per buttare fuori ogni tipo di angoscia, che per altro.

La fortuna di Nicolas è che abita da solo da un paio di anni, quindi a meno che non si porti a casa qualche ragazza, sono sicuro di non averlo disturbato più di tanto.

<<Mi spieghi meglio per favore? Non sto capendo niente. E poi perché sei in giro così tardi? Non avrai mica ammazzato qualcuno>>.

La sua spontaneità mi fa ridere.
Sapessi Nic...
Quello morto qui in realtà sono soltanto io.

Mi metto comodo e inizio a pensare alle parole giuste da dirgli, ma in realtà non ci sono parole giuste.

<<Ho baciato Cecilia>> dico tutto d'un fiato, vedo il suo sguardo farsi sempre più confuso, allarga la bocca per dire qualcosa, ma poi ci ripensa, quindi decido di essere più chiaro <<cioè non sono stato io a baciare lei. Ci siamo incontrati perché voleva dirmi una cosa importante, io volevo dirle semplicemente che non ne volevo più sapere nulla, ma a un tratto mi ha baciato. L'ho respinta subito, ma Iris ci ha visti e adesso non vuole più parlarmi>>.

Salvami da me - HoldenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora