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CENTINAIA DI VERDONI PERSI

Mark tamburellò agitato le dita sul volante. Dalla posizione in cui aveva messo in sosta la Landyacht nera di seconda mano, all'incrocio della strada, riusciva a tenere sott'occhio la scena interessata. La luce lunare rischiarava l'asfalto consunto del ghetto, cani irrequieti latravano fendendo la quiete notturna. I tre compari, scesi dall'auto, si erano avviati con passo svelto verso la crack house, col passamontagna calato in faccia.

Il loro informatore, un gangster appartenente alla gang di Jacob, in cambio di qualche centinaia di dollari aveva dato loro indicazioni su come muoversi: l'orario in cui arrivare, il punto giusto dove piazzarsi con l'auto, il breve tragitto a piedi per raggiungere la destinazione. Quella sera niente vedette appostate a controllare le vie, aveva assicurato. E in effetti non sembrava esserci nessuno: l'hood nemico era desolato.

Eppure Mark non si sentiva al sicuro, una sensazione sinistra lo teneva in apprensione. Avevano fatto bene a fidarsi? Anche chi dava l'impressione di essere un alleato poteva voltare le spalle, tradire quando uno meno se l'aspettava. Quel giovane dal viso meno minaccioso rispetto a quello dei suoi affiliati gli era parso affidabile. Stando alla sua confessione Jacob tendeva a non garantirgli la parte che gli spettava, perciò si era proposto a loro, bisognoso di denaro. Nonostante tutto, nemmeno in queste situazioni l'incolumità era salvaguardata fino in fondo.

Baciò la croce dorata della sua collana, auspicando la buona riuscita della missione. Seppure fosse favorevole a quell'azione principalmente per vendicare Lucas, in realtà era stata la volontà di chiarire a Jacob, usando le maniere forti, di non intromettersi nei loro affari ad aver spinto i superiori della sua gang a propendere per quell'attacco a sorpresa. Consapevoli di essere a un punto di svolta, avevano stabilito che se quella mossa avesse innescato come conseguenza uno scontro armato prolungato non si sarebbero tirati indietro: per assoggettare un territorio più ampio prima o poi sarebbe stato inevitabile.

"Dopo che conterà i suoi morti, voglio proprio vedere se alzerà ancora la voce", pensò Mark stringendo il volante con le mani sudate.

Lanciò un'occhiata agli altri: si erano affiancati alla staccionata della crack house e stavano preparando le molotov. La tensione cresceva. Una calma piatta, poco rassicurante, lo teneva all'erta.

I suoi compagni accesero le bottiglie con l'accendino e le scagliarono attraverso le finestre aperte. Da lì dentro, entro pochi secondi, si sarebbero dovute udire grida lancinanti e urla di disperazione di uomini avvolti dalle fiamme. Ma non successe nulla di tutto ciò. Mark sentì il rumore delle bottiglie di vetro frantumarsi al contatto col pavimento di legno. Le prime fiammate incandescenti iniziarono ad attecchire e il legno a sfrigolare. I tre gangster si misero in posizione, pronti a sparare appena i rivali fossero usciti di corsa.

Mark cacciò la testa fuori dal finestrino alla sua sinistra e appurò che dall'interno dell'abitazione non arrivava nessuna risposta. Là dentro non c'era anima viva. Erano stati presi in giro, come dei pivelli. Urlò ai suoi: «Cazzo, cazzo, cazzo! Tornate indietro!» Mentre questi tornavano a grandi falcate verso l'auto, notò che dalla porticina di un garage, situato di fronte alla crack house in preda al fuoco, spuntava la canna di un AK-47.

Una scarica investì i gangster in ritirata, azzoppando due di loro lungo la strada. L'asfalto si colorò di rosso.

Mark contrasse il volto in una maschera di terrore. Ad urlare erano i suoi, non gli avversari. Ebbe un momento di abbattimento e confusione, ma si riprese subito. Afferrò l'Uzi dal sedile laterale e lo caricò sbrigativamente. Poi accese il motore e accelerò, spostandosi in direzione dei feriti.

Recuperò un briciolo di razionalità. "Devo far loro da scudo, cosicché si possano riparare", stabilì. La puzza di bruciato si faceva più intensa.

Varie raffiche di mitra provenivano dai prefabbricati attorno a loro. I proiettili sibilavano nell'aria con fischi stridenti e i bossoli rimbalzavano nel cemento, come una violenta grandinata. Mark lanciò la berlina ad alta velocità, fino a inchiodare con un sobbalzo nei pressi del suo compagno ancora in fuga. Due proiettili l'avevano sfiorato e un rivolo di sangue sporcava la sua maglietta, rosicchiata dal passaggio delle pallottole. Prima che venisse colpito a morte, il socio si fiondò con un salto in avanti al riparo dietro l'auto. Gli shooter di Jacob iniziarono a svuotare caricatori sulla carrozzeria. I vetri oscurati e antiproiettili della Landyacht reggevano a malapena la fitta rete di cartucce.

Summer '98Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora