Capitolo 20

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Non ero mai stata puntuale come quella mattina. Avevo trascorso una pessima nottata a causa degli argomenti affrontati prima con Arechi e poi con Costanza nel corso della giornata precedente. Non avevo quasi chiuso occhio.

Inutile tentare di rimanere ancora a letto se i miei pensieri avevano la meglio. Mi ero lavata e vestita per uscire il più in fretta possibile da quella stanza soffocante. Avevo intenzione di dirigermi in palestra e scaricare la tensione nell'allenamento. Con mia enorme sorpresa, allenarmi mi stava piacendo. Mi aiutava a scaricare la tensione e le paure che accumulavo nel corso della giornata e quando lo facevo non c'erano pensieri negativi che mi assalivano la mente.

Il risultato era che la sera ero talmente distrutta che difficilmente avevo modo di rimuginare sulla mia esistenza. E sempre meno di frequente sentivo il bisogno di procurarmi quei tagli sulle braccia.

I corridoi dell'Accademia erano ancora vuoti. Era presto sia per gli studenti che per i professori, e questo, almeno, fu un vantaggio per gli spostamenti, senza essere ostacolata nei cunicoli più stretti. 

Anche se indossavo uno dei miei abiti marroni, con la gonna lunga quasi fino ai piedi, stringevo tra le braccia gli indumenti che Hermelinda mi aveva consegnato il primo giorno di allenamento: pantalone, camicia e fascia per la vita. Li stringevo contro il petto come fossero un bene prezioso e, in effetti, avevo imparato ad apprezzarne la comodità e l'ampiezza di movimento che mi permettevano di fare. Con una gonna non sarei riuscita a concludere neanche il più banale degli esercizi.

Arrivata in uno degli ambienti di smistamento, riconobbi la porta della stanza dove di solito io e Arechi ci incontravamo per le lezioni supplementari. Nel silenzio generale mi resi conto che dall'interno provenivano voci maschili indistinte. Sembravano parlare concitatamente di qualcosa e il loro botta e risposta continuo nascose il suono dei miei passi sulla pietra.

Sarei dovuta passare proprio davanti a quella porta per poter prendere il corridoio che conduceva alla palestra ma non volevo essere inopportuna, pur essendo divorata da una profonda curiosità. Rallentai i miei movimenti e puntai gli occhi neri sulla porta. Ad ogni passo riuscivo a guadagnare una visuale migliore dell'interno finché non riconobbi la figura del professore Gisulf seduta, con le braccia incrociate sul petto, ed il suo interlocutore, Arechi, in piedi dall'altro lato del tavolo, con i palmi delle mani poggiati sul legno ruvido mentre affrontava la discussione.

"La situazione potrebbe sfuggirci di mano se non stiamo attenti. Sappiamo entrambi qual è il loro obiettivo. Io non posso permettere che altri miei compagni vengano feriti ancora com'è successo ieri!"

Riuscii a poco a poco a distinguere con maggiore chiarezza le parole del Lupo che sembrava deciso ma anche molto preoccupato, a giudicare dalla fronte aggrottata.

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