SKYE
Non appena aprii gli occhi, un dolore lancinante mi investì come un treno in corsa. Non avevo mai provato un'agonia simile. I muscoli mi bruciavano come se un fuoco vivo se li stesse mangiando, la testa mi pulsava e una forte nausea mi impediva quasi di respirare.
Mi mossi, pronta a mettermi almeno seduta per valutare un po' meglio la situazione, ma non appena mossi la testa, mi pentii amaramente di quella scelta. Un conato mi risalì in gola così violento e improvviso che feci a malapena in tempo a sporgermi di lato per evitare di imbrattare il letto. Il bruciore partì dalla pancia, risalendo inesorabile come un geyser, e il mio cuore accelerò freneticamente.
«Merda!» sentii imprecare una voce maschile, prima che un secchio comparisse sotto di me.
Una serie di spasmi mi scossero mentre rigettavo. Ogni contrazione sembrava drenare forza dalle mie membra, lasciandomi una debolezza da capogiro. Cosa mi stava succedendo?
Sentii due mani afferrarmi i capelli con un gesto delicato mentre mi svuotavo. Una volta calmata, mi tirarono indietro, allontanandomi dal secchio per permettermi di respirare. «Fa piano» parlò di nuovo la voce. Questa volta però, la riconobbi: era quella di Benedict. Il suo tocco mi portò un attimo di sollievo, ma il mio corpo non sembrava intenzionato a darmi tregua; un altro conato si ripresentò, più insistente e violento del precedente.
Sentivo lo stomaco contrasi dolorosamente e ogni suo spasmo mi soffocava. Mi toglieva l'aria nei polmoni e amplificava la mia emicrania. «Benedict...» riuscii a sussurrare, la voce tremante e gli occhi carichi di lacrime. Ti prego aiutami, pensai mentre mi piegavo di nuovo in avanti.
«È quasi finita, presto non avrai più niente da rigettare» mi poggiò il palmo fresco sulla schiena sudata. Sentivo i vestiti aderirmi al corpo come una seconda pelle. Li sentivo bruciare, pizzicare come se il tessuto fosse imbevuto di veleno. Le orecchie mi fischiavano e la mia vista era offuscata. Un'ondata di panico mi travolse quando rigettai ancora, ancora e ancora. Qualcosa non andava. Stavo male, molto male e non riuscivo a smettere. Si poteva morire per aver vomitato in continuazione?
Finalmente, dopo altri conati, tutti filati, mi fermai, svuotata. Il mio respiro tornò a farsi più regolare, e il dolore che provavo sembrò placarsi almeno in parte all'altezza del ventre. Sfinita, rimasi seduta e tremante come una foglia. Benedict mi si fece più vicino per sorreggermi quando mi ritrovai a ciondolare senza alcun equilibrio.
Tentai di calmarmi. Dopotutto il peggio sembrava passato, giusto? Insomma, cosa poteva esserci di peggio del vomito? Ma, nonostante provassi ad autoconvincermi che tutto sarebbe andato per il meglio, la paura esplose dentro di me come un vulcano in eruzione. Le lacrime iniziarono a scorrere veloci, calde e inesorabili. La mia mente era un turbine di caos. Perché? Perché non sto bene? Ieri stavo bene! Cosa è successo? Perché mi sento bruciare? Perché non riesco a parlare? Perché non respiro? Perchè a me?
«Fa...male» singhiozzai prima di scoppiare a piangere senza controllo. «Perché?»
Sentii due braccia avvolgermi. «Probabilmente è solo la magia che hai usato» parlò il lupo bianco con voce calma. «Sono sicuro che passerà presto».
Annuii, aggrappandomi alle sue parole come un' ancora di salvezza.
«Dakath sta arrivando e ti aiuterà. Capirà cos'è successo al tuo corpo e ti farà sentire meglio. Ora devi solo riposare» disse prendendomi per le spalle e spingendomi dolcemente a sdraiarmi. Subito però, mi opposi. Non volevo restare in quella posizione, non volevo sentirmi così vulnerabile. Più stavo giù, più la mia ansia cresceva. Era sempre stato così, fin da quando ero bambina. Stare sdraiata, da malata, mi faceva sentire peggio. Come se non avessi il controllo.
«Per favore, no...»
Lui mi guardò. «Devi fidarti di me» insistette «Se dovessi sentirti ancora male, da sdraiata sarebbe più facile aiutarti. Da seduta, invece, saresti un peso per me e un pericolo per te stessa. Non posso fare niente se nel mentre devo tenerti dritta» mi spiegò, e nel profondo, sapevo che aveva ragione.
Alla fine, cedetti e gli permisi di spingermi giù.
Benedict mi mise una mano sulla spalla. «Vado ad avvisare tuo nonno che ti sei svegliata» disse, ma quando lo vidi allontanarsi, allungai una mano per trattenerlo. Probabilmente me ne sarei pentita in seguito; non volevo che qualcuno mi vedesse in quello stato. Ero troppo vulnerabile e chiedere aiuto non era nella mia indole, ma l'idea di rimanere sola in quelle condizioni era ancora più spaventoso. «Rimani... ti prego»
Benedict mi guardò, poi abbassò lo sguardo sulla mia mano che gli stringeva un lembro della maglietta, dopo di che tornò a incrociare di nuovo i miei occhi. Il suo sguardo sembrò addolcirsi. «Torno subito, te lo prometto» rispose e io, troppo stanca per ribattere ancora, gli credetti.
***
Ero quasi sul punto di crollare in un sonno profondo quando la porta della stanza si aprì e la figura di mio nonno apparve sulla soglia. Mi si avvicinò con passo deciso, il bastone che batteva ritmicamente contro il pavimento. «Bambina mia, come ti senti?»
Mugugnai qualcosa, ma invece che parole, mi uscirono solo una serie di suoni indistinti che nemmeno io riuscii a comprendere. Ero stanca, confusa e stavo morendo di sonno - o forse stavo morendo e basta. La mia mente era annebbiata e non capivo appieno quello che stava accadendo attorno a me.
Vidi il nonno voltarsi verso Benedict e chiedergli qualcosa con un'espressione preoccupata. Il lupo bianco scosse il capo, un gesto che portò una leggera ombra sul suo volto.
Aprii bocca per chiedergli di cosa stavano discutendo, ma la stanchezza mi aveva tolto il respiro.
Chiusi gli occhi, strizzandoli con forza mentre altre lacrime scivolano giù. Stavo così male... mi sentivo così... così... sentii delle dita sfiorarmi delicatamente la fronte, una carezza che bastò a rilassarmi. Il palmo era caldo e rassicurante. Mi abbandonai a quel tocco e lasciai che lo sfinimento mi stracinasse via.
**Angolo autrice**
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, perché la me ipocondriaca ha ben pensato di farmi salire la nausea e percepire tutti i problemi di Skye come se fossero miei. :)
Se ci sono errori avvisatemi perché COL CAZZO CHE ME LO VADO A RILEGGERE.
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Storm-Bound Veins
FantasíaQuando la nonna di Skye muore, la sua famiglia si trasferisce in una piccola città per essere più vicina al nonno, rimasto solo nella sua vasta proprietà di campagna. Per sua madre, è un'occasione per rafforzare i legami famigliari e prendersi cura...