11.Gabriel

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Dopo le varie visite, con il cuore in gola e il fiato sospeso, finalmente arrivò la conferma che tanto aspettavo: non aveva subito alcun danno interno. Avevo temuto il peggio durante ogni istante trascorso in quella stanza sterile, osservando le sue espressioni doloranti mentre i medici la esaminavano. Ogni piccolo sussulto, ogni gemito mi facevano trattenere il respiro, pregando silenziosamente che fosse davvero come avevano detto—che ero arrivato in tempo, prima che il peggio potesse accadere. Ma sapevo bene che il nostro incubo non finiva lì.

La verità era più oscura di quanto volessi ammettere. Quel bastardo di Trevor non aveva agito da solo. Aveva ingaggiato qualcuno per farle del male, qualcuno disposto a spingersi fino a quel punto solo per denaro o per vendetta. Questo pensiero mi infiammava, un fuoco nero che mi bruciava il petto. Non l'avrebbe passata liscia, non questa volta. Non c'era più spazio per il perdono o per la pietà. Avrei scavato a fondo, setacciato ogni sua mossa, parlato con chiunque fosse necessario, finché non avessi trovato un modo per distruggerlo.

Lasciammo l'ospedale immersi in un silenzio carico di tensione, con l'auto che sembrava un fragile guscio in cui si riversava tutto il nostro tumulto emotivo. Mentre guidavo, il pensiero di quello che aveva passato mi opprimeva come un macigno sul petto, rendendo ogni respiro più pesante. Girai la testa verso di lei, osservandola furtivamente con la coda dell'occhio. Le mani strette in grembo, le spalle incurvate come se portasse addosso un peso insostenibile, e lo sguardo fisso fuori dal finestrino, perso nel vuoto. Ogni piccolo gesto tradiva la verità nascosta dietro quel sottile "sto bene".

"Stai meglio?" domandai, con la voce appena incrinata dal timore di ciò che avrebbe potuto rispondere. La domanda suonava banale, quasi offensiva, ma non sapevo cos'altro dire. Avevo paura perfino di sfiorarla, come se il minimo contatto potesse infrangerla.

"Sì, sto bene," replicò con un filo di voce, ma quel tono tremulo e forzato raccontava un'altra storia. Sentivo il suo dolore in ogni parola, come una nota stonata in una melodia spezzata. Un dolore che non si sarebbe guarito con il tempo o con le parole giuste, un dolore che non potevo cancellare.

Ingoiai il nodo che mi serrava la gola e, lentamente, con infinita cautela, le presi la mano. Le mie dita sfiorarono appena la sua pelle, temendo di scoprire quanto fosse fragile, quanto fosse spezzata. Ma, contro ogni aspettativa, sentii la sua mano rispondere alla mia stretta, quasi disperatamente. Chinai il capo e le posai un bacio leggero sulle dita, il cuore che martellava nel petto come un tamburo.

"Sono qui con te," sussurrai, la voce appena udibile in quell'abitacolo soffocante. Ogni parola era una promessa, un giuramento. La strinsi dolcemente e, per un istante, il mondo sembrò fermarsi quando sentii la sua presa intensificarsi. Si avvinghiò al mio braccio con una forza che non mi aspettavo, come se temesse che la mia vicinanza fosse solo un sogno destinato a svanire. Nonostante tutto quello che aveva passato, nonostante le ferite e il terrore, non aveva paura di me.

Questo piccolo gesto, questa semplice fiducia, mi colpì come un pugno allo stomaco. Mi sentii mancare l'aria, sopraffatto dalla consapevolezza che lei, dopo quello che era accaduto, non mi considerava una minaccia. Non mi rifiutava, non si ritraeva al mio contatto. Ero ancora il suo rifugio, il suo porto sicuro. La sua mano stretta attorno al mio braccio era come una catena che mi legava a lei, e non l'avrei mai lasciata andare.

«Grazie,» mormorò infine, il suono soffocato dalle lacrime che tratteneva a stento. Mi guardò con quegli occhi lucidi, occhi che avevano visto troppo e sofferto ancora di più, e mi sentii impotente, disperato. Ma anche determinato. Perché se c'era una cosa che potevo fare, era esserci per lei, proteggerla con tutto ciò che avevo.

"Non ti lascerò più sola, te lo prometto," dissi, il tono fermo nonostante il tremore che mi scuoteva. "Non permetterò mai più a nessuno di farti del male. Chiunque ti abbia fatto questo, pagherà. E non mi fermerò finché non sarà finita."

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