La mamma e Lucy erano faccia a faccia. Il pennello da trucco in mano alla zia si muoveva veloce contro il suo palmo, lei sorrideva. La mamma era di fianco al loro letto, il copriletto bianco come la neve faceva diventare ancora più nero il suo gilet e la gonna.
Si guardavano mute, mi ricordavano le scene dei film western con i pistoleri.
La mamma storse il naso e si irrigidì, Strinse i pugni a palpebre mezze chiuse e si fece un po' indietro. «Non avrai intenzione di truccarla, vero, Lucy?»
Lei mise in fuori le labbra e si grattò il naso. «Perché no?» Ebbi l'idea che stesse per dire altro, ma si bloccò a bocca aperta. Le sue sopracciglia si curvarono un po' all'ingiù e intrecciò le dita delle mani sul petto. «Scusa Juno, io non te l'ho nemmeno chiesto.» Disse, in un fiato.
Lucy aveva lo stesso sguardo di Joe, il cane dei vicini, quando voleva giocare; la mamma, con le narici allargate, stava per sparare fiamme dal naso proprio come la sera prima aveva lanciato gelo dalle labbra.
Non l'avrai vinta, con me.
«Per me va bene.»
La mamma alzò il mento e assottigliò le labbra, poi se ne andò borbottando e tirandosi dietro la porta con un tonfo che fece saltare me e Lucy. L'avevo sconfitta.
Mi guardai intorno. «Sai, è la prima volta che vengo nella vostra camera. È più piccola della mia.» Era arredata in uno stile simile alla sala, con mobili in legno scuro e molto decorati.
Lei fece un movimento con la mano per farmi avvicinare all'armadio. «Sì, quest'ala della casa è un po' più piccola. vieni, Juno.» Ebbi l'impressione di non averla mai vista così felice.
Mi aiutò a mettere il vestito e si assicurò che non facesse pieghe e mi infilò le scarpe.
«Non hai paura che rovino il pavimento?» Mi aggrappai alla sua spalla e l'osso mi premette sul palmo.
«Voglio che tu faccia la tua entrata in grande, piccola. Vieni.» Mi prese per mano e mi fece fare qualche passo, fino a un tavolo con un enorme specchio. Sopra, in ordine, c'erano spazzole e pettini in argento, forcine e varie scatolette in legno decorate.
Mi accomodò su uno sgabello imbottito, di spalle allo specchio in modo che non potessi vedere.
«Ecco, non esageriamo. Vedrai che meraviglia che sarai!»
I suoi occhi erano arrossati e lucidi, mentre la mano tremava appena e il respiro era veloce.
«Sembri più felice di me.» Mi attentai a farle notare.
Le sue sopracciglia si avvicinarono. «Sai, anche io avrei voluto festeggiare un sedicesimo compleanno così, ma...» Mosse per aria il pennello, «Michael non ci ha mai tenuto molto ai compleanni. Come tutti gli uomini.» La bocca si mosse in un mezzo sorriso che durò un attimo.
Il pennello continuò ad accarezzarmi le guance facendomi salire il solletico al naso. «Per questo sono contenta che tu sia qui. In più, Michael sta iniziando a diventare più responsabile. E con te sta tirando fuori un lato più dolce.»
Non dissi una parola, il discorso della zia mi suonava assurdo: secchione era responsabile eccome. Mi rompeva le scatole per i compiti, mi rompeva le scatole per lo studio, mi rompeva le scatole per come e cosa mangiavo. Era un eterno rompiscatole, rigido come il palo della bandiera della Casa Bianca.
Lucy iniziò a lavorare con i miei capelli. Sentivo che li tirava piano, ciocca per ciocca, a volte mi arrivava la puntura di una molletta, ma non protestai. Avevo l'impressione che fosse davvero felice di prendersi cura di me. Per un attimo mi ricordò dei momenti in cui lo faceva anche la nonna. Se non si arrabbiava, mi portava in camera e giocava a vestirmi e a pettinarmi.
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Pink Sapphire
General Fiction«Anche i tuoi regali devono avere dei nomi complicati. Lo zaffiro però è blu. L'ho visto nei libri». «È uno zaffiro speciale. Si trova solo in India. Invece di essere blu, è rosa. Ma è comunque uno zaffiro». I Simmons nascondono un segreto, e Juno s...