Ancora una volta dovevamo mentire, ancora una volta dovevamo fingere che tra noi tutto andasse bene. Era quasi ironico: forse sarebbe stato più semplice far credere a tutti che ci odiavamo, almeno non avremmo dovuto nascondere quanto fossimo realmente a pezzi. Sospirai, lasciando che il peso della finzione mi schiacciasse mentre varcavo la soglia della mia vecchia camera.
La stanza era esattamente come l'avevo lasciata l'ultima volta che ero stata qui, due anni prima. Le pareti dipinte di un tenue color crema, i mobili antichi lucidi e ben tenuti. Ma fu il comò, con il grande specchio, a catturare subito la mia attenzione. I ricordi mi investirono come un'onda improvvisa: la prima volta che eravamo stati insieme in quella camera. Ricordai ogni dettaglio — il modo in cui mi aveva presa per mano, spingendomi a sedermi sul bordo del comò, le sue dita che mi sfioravano il viso e le labbra che scivolavano lentamente sul mio collo. Sospirai, scuotendo la testa per scacciare quei flashback che mi facevano solo più male. Non era il momento di pensare al passato.
Con gesti decisi, sistemai le mie cose nell'armadio, cercando di mantenere la mente occupata. Una volta finito, scesi di sotto, determinata a rendermi utile in qualche modo. La cucina era pervasa da un delizioso profumo di sugo, e Marlene era già intenta a preparare il pranzo."Allora? Come va con mio figlio?" mi chiese, mentre impastavo la carne per fare le polpette. La sua voce era allegra, ma percepii una leggera nota di preoccupazione sotto la superficie. Deglutii, cercando di non far trasparire nulla. "Bene, bene," risposi con un sorriso che speravo fosse convincente. Sentii il cuore martellare nel petto mentre mi concentravo sull'impasto, cercando di non pensare troppo alle sue parole.
"Ne sono molto felice," mormorò con dolcezza, accarezzandomi il viso come farebbe una madre. Il gesto mi fece stringere il cuore e ricambiai il sorriso, ma sentivo un nodo alla gola. Avevo sempre voluto che Marlene mi vedesse come parte della famiglia, ma ora il nostro rapporto era costruito su una menzogna.
"Domani chi ci sarà alla vigilia?" domandai per cambiare argomento, cercando di mostrarmi interessata.
"Ci sarà mia sorella con il marito, e forse anche i miei genitori — i nonni di Gabriel," rispose con un lampo di eccitazione negli occhi. Rimasi sorpresa. Non avevo mai incontrato i genitori di Marlene e Gabriel non ne parlava spesso. C'era un rispetto quasi reverenziale nel modo in cui li nominava, ma anche una distanza che non avevo mai compreso del tutto.
Annuii, mentre Marlene metteva le polpette nel sugo che sobbolliva dolcemente sul fornello. Fu in quel momento che sentii un leggero bussare alla porta. Alzai lo sguardo, sorpresa. Chi poteva essere? Marlene era troppo concentrata sulla preparazione del pranzo, così mi avviai verso l'ingresso.
Aprii e mi trovai davanti una donna anziana, con i capelli candidi raccolti in un elegante chignon e gli occhi scuri, quasi lucidi. La osservai con curiosità, cercando di capire chi fosse.
"Posso aiutarla?" chiesi educatamente, anche se la mia voce suonò incerta. La donna non rispose subito. Mi fissò per qualche secondo, i suoi occhi che vagavano sul mio volto con un misto di emozione e stupore.
"La mia bambina... come sei cresciuta," mormorò infine, sollevando una mano tremante per sfiorarmi la guancia. Il suo sguardo era pieno di tenerezza, quasi dolorosa.
Sgranai gli occhi, confusa. "Ehm... signora, credo abbia sbagliato persona," risposi, incerta su cosa dire. Ma lei scosse la testa con vigore, trattenendo a stento le lacrime.
"Tu sei Sofia, giusto?" La sua voce era un sussurro spezzato. Annuii lentamente, incapace di distogliere lo sguardo dal suo viso.
"Sì, sono io... ma lei chi è?" chiesi, la mente che correva a mille, cercando di afferrare il senso di quella strana conversazione.
Un sorriso tremante le increspò le labbra. "Sono la tua nonna," disse piano, come se temesse che pronunciare quelle parole potesse spezzare l'incanto. Sentii il respiro bloccarsi nei polmoni.
"M-mia nonna?" balbettai, incapace di credere a ciò che avevo appena udito. Come poteva essere possibile? Avevo sempre pensato di non avere più nessuno, a parte mia madre e i miei genitori adottivi...
Lei annuì con veemenza, il suo viso solcato dalle rughe che si illuminava di una gioia incredibile. "Posso?" domandò, indicando il mio braccio con un gesto incerto.
Senza capire davvero cosa stesse succedendo, annuii e lei prese il mio braccio con delicatezza. Sollevò la manica del maglione fino al gomito e, con dita tremanti, accarezzò una piccola voglia scura che avevo sul lato interno del braccio.
"Eccola... la voglia che aveva tua madre. È identica," mormorò con le lacrime agli occhi. Poi mi avvolse in un abbraccio caldo, stringendomi a sé con una forza sorprendente per la sua età. "Non sai quanto ti ho cercata, quanto ho sperato di poterti ritrovare..."
Rimasi immobile, il cuore che mi martellava nel petto. Lacrime mi punsero gli occhi, la testa che sembrava girarmi. Mi aggrappai a lei, incapace di trattenere le emozioni che mi sommergevano. Avevo davvero trovato una parte della mia famiglia? Era reale tutto questo?
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Endless 2
RomanceDa quando Gabriel era uscito dalla sua vita, il vuoto era stato riempito da un'angoscia crescente. Non era solo il suo amore a tormentarla, ma una presenza oscura che sembrava seguirla ovunque. Qualcuno voleva farle del male, e ogni giorno il perico...