CAPITOLO 31

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Era come se mi fosse caduto il mondo addosso una seconda volta.
Avevo chiesto a Nicholas il favore di restare a casa sua almeno per un paio di giorni.

Di tornare a casa mia non se ne parlava proprio, i miei fratelli avrebbero intuito che qualcosa non andava e avrebbero iniziato a fare domande, cosa che io volevo evitare assolutamente.

Avevo un occhio nero ben evidente, un cerchio alla testa che non mi dava tregua e il cuore completamente in frantumi.

Adesso ero solo, davvero solo.

<<Come ti senti?>> mi chiede il mio migliore amico, sbucando dalla cucina con una bistecca congelata in mano.

<<Che dovrei farci con quella cosa?>> domando di rimando io, evitando volutamente la domanda e soffermandomi sull'oggetto che tiene in mano.

Lo stesso fa Nicholas, per poi scoppiare a ridere.

<<Te lo devi mettere sull'occhio, che altro vorresti farci sennò?>> Esclama ovvio, porgendomi la bistecca e facendomi segno di appoggiarla sopra, così da evitare ulteriori rigonfiamenti.

Un po' titubante faccio come dice e devo ammettere che già mi sento meglio.
Il freddo della bistecca, a contatto con l'occhio caldo e pulsante, mi dà in un certo qual modo, una parvenza di sollievo.
Lo ringrazio con l'occhio sano, mentre il morale sembra essersi ristabilito leggermente. Con lui tutto sembra passare in secondo piano.
Mi sono sempre chiesto come facesse a prendere la vita così alla leggera, a non arrabbiarsi mai, a rimanere sempre allegro nonostante la vita sia una gran bastarda.
E dopo anni, non ho ancora trovato delle risposte a queste domande.

<<Va un po' meglio?>> mi chiede alludendo a come io mi senta realmente, non al cazzotto ricevuto.
Lo riconosco dallo sguardo che fa ogni volta che è preoccupato per me.
Decido di mentire, non ha bisogno di ulteriori preoccupazioni.

<<Sto molto meglio, grazie Nic>> affermo sorridendo leggermente.
Ma il sorriso non colpisce gli occhi e lui di questo se ne accorge subito.
Mi guarda, mi osserva, mi studia.
Mi sento come quando alle superiori, venivo messo sotto esame dai professori: cercavo di reggere più che potevo, ma alla fine cedevo.

Era successa la stessa cosa anche in quel momento.

Lui mi guardava e io mi sentivo morire, sapevo che avrebbe scoperto tutto, era solo questione di secondi.

<<Tu mi prendi per scemo vero?>> mi domanda ritornando del tutto serio, gli occhi che riuscivano a scrutarmi l'anima e una linea dritta al posto della bocca.

Scuoto la testa, incapace di dire altro.
Le parole non servono in momenti come questi.

<<Ora basta, mi sono stancato di vederti piangerti addosso. Ma dove è finito il Joseph che conosco io? Quello sensibile, sì, ma che sapeva rialzarsi dopo ogni caduta?>>.

<<Non credo sia mai esistito>> sbuffo tutta l'aria che ho in corpo.
In questo momento avrei proprio bisogno di una bella sigaretta, almeno per alleviare un po' di stress che sento scorrermi nelle vene.
Mi sento svuotato da tutto e non mi riconosco neanche io.

<<Smettila di dire cazzate>> esordisce alzando la voce.
Non ricordo mai di averlo visto tanto alterato in vita mia e la cosa, ammetto, mi mette un po' di soggezione <<posa quella cosa, fatti una bella doccia, vestiti e andiamo a prendere un po' d'aria, che qui l'aria sta diventando pesante>>.

Inutili sono stati i miei tentativi di oppormi, neanche legarmi al divano sarebbe servito, quindi decido di ascoltare i suoi consigli.
Una doccia è proprio quello che mi serve.

Salvami da me - HoldenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora