Com'ero ieri

18 6 1
                                    

Kakashi non può più permettersi il lusso di assimilare niente. Il sorriso degli amici, fermarsi un istante a ideare il futuro; ponderare qualunque quotidiana quisquilia reputata consueta dal resto del mondo, potrebbe aprire una breccia insanabile in quell'equilibrio costatogli tanta fatica. Un varco comodo per le innumerevoli potenziali ferite che andrebbero a slabbrargli quelle ancora sanguinanti.

Non può perdere l'essenziale conquista di essere riuscito a relegare l'ostinata immagine di quelle pupille ormai vuote a pochi minuti al giorno. Ormai non avverte che per miseri istanti il sinistro scricchiolio del torace di Rin, il calore viscido della sua carne lacerata che gli ingloba la mano giunge a fargli visita solo nel dormiveglia.

Quell'occhio, invece, rievoca incessante innumerevoli colpe. Persiste ogni istante della sua vita, sembra inveire contro l'indegno proprietario. Brucia, gli ustiona il cervello anche quando non è attivo. Kakashi ci prova, si crea situazioni per onorarlo ogni giorno. Le sconfitte non appartengono più solo a lui, ogni fallimento ha insito anche il gusto amaro del rimorso.

Negli ANBU eccellere è semplice. Kakashi deve ammettere che è l'unico dotato di determinati poteri, il ruolo di capitano della squadra gli offre lo spazio di manovra necessario per autocomminarsi missioni dall'esito negativo pressoché nullo. La posizione più favorevole per sfamare quell'occhio prima che arrivi a prosciugarlo nutrendosi dei suoi rimorsi.

Vigliaccheria, egoismo. Forse. Ma anestetizzarsi quando non si è più in grado di reggere ulteriori sollecitazioni emotive diventa normale amministrazione.

Kakashi compie ogni sera le medesime azioni, si crogiola nella fallace armonia, tutt'altro che sana, fatta di schematici rituali. La divisa riposta con cura nello spoglio armadietto, il suo è l'unico a non essere stato personalizzato con fotografie della famiglia, una chiave colorata, neanche un'asettica targhetta col nome. Kakashi fa in modo che la sua stessa esistenza si eclissi appena lascia la sede. Ogni giorno resta fino a tardi, temporeggia dedicandosi alla manutenzione delle armi finché non sono usciti tutti, poi si infila sotto la doccia con la vana speranza di scrostarsi il sudicio del passato.

Tornare a casa usufruendo delle strade deserte della notte è l'unico fine a cui punti davvero, cambiare marciapiede o ignorare chi vorrebbe salutarlo non è sempre possibile.

"Capitano."

Malgrado la convinzione che lo spogliatoio fosse ormai deserto, Kakashi è talmente intorpidito che l'inaspettata voce alle sue spalle a quell'ora gli smuove appena le emozioni ormai arrugginite. Assorbe a malapena il tono grave.

"Dimmi, Tenzo."

"È arrivata una matricola."

Le mani di Kakashi si congelano a mezz'aria, poi compiono un'automatica marcia indietro per ripescare la divisa appena messa da parte e risistemarla a pennello sul corpo. Si volta, lo sguardo cupo del tredicenne che ha davanti è più inquietante della penombra che avvolge l'ambiente. Kakashi non ricorda aver mai visto Tenzo sprovvisto dell'elmetto.

"Sicuro che non sia successo qualcosa di grave? È quasi mezzanotte."

"No, doveva solo concludere una riunione."

"E chi è questo ragazzo così impegnato?" il bavaglio di Kakashi si modella sul sorriso sottostante, ma l'espressione non coinvolge gli occhi stanchi e distaccati.

"Itachi Uchiha."

Kakashi tiene per sé il brivido gelido. Un Uchiha, il primo che faccia ingresso negli ANBU. Dal momento che l'attacco dell'Enneacoda è stato, con tutta probabilità, una loro macchinazione, meglio non abbassare la guardia. Potrebbe trattarsi di un doppiogiochista.

Com'ero ieriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora