16.Sofia

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Ci sdraiammo sul telo, il tessuto morbido che si adattava ai nostri corpi, mentre la calda brezza della sera ci avvolgeva con un abbraccio delicato. Il rumore del vento tra gli alberi e il fruscio delle foglie creavano una melodia rilassante attorno a noi. La luce del sole calante si rifletteva sui suoi occhi, rendendoli ancora più profondi e intensi. I miei occhi si posarono sul suo viso, tracciando ogni linea e curva, mentre le mie dita si muovevano lentamente sui contorni della sua mascella, sentendo il calore della sua pelle sotto i polpastrelli.

"Mi sei mancata tanto," sussurrò con un tono basso e rauco, le sue labbra si avvicinarono fino a sfiorare le mie, un contatto lieve che sembrava portare con sé il peso di un desiderio profondo, quasi trattenuto troppo a lungo.

"Lo hai già detto," risposi con un sorriso appena accennato sulle labbra, cercando di stemperare l'emozione che mi aveva attraversato, ma senza riuscire a nascondere la tenerezza di quel momento.

"E lo continuerò a dire ancora per molto," replicò con fermezza, i suoi occhi fissati nei miei, un'espressione seria e dolce che mi fece venire un nodo in gola. Avvicinò ancora di più il suo volto, unendo le nostre labbra in un bacio lento e profondo. Le sue mani si posarono delicatamente sui miei fianchi, attirandomi più vicino. Sentii le sue dita stringermi con un tocco sicuro, mentre il nostro respiro si mescolava in un'armonia perfetta, lenta e avvolgente.

Restammo così, sospesi in quell'attimo che sembrava eterno, dove tutto intorno a noi svaniva, lasciandoci immersi solo in quel bacio e nel suono delle nostre respirazioni calme e allineate. Quando ci staccammo, la luce del giorno stava già ritirandosi, tingendo il cielo di sfumature calde, un misto di arancione, rosa e viola che si estendeva sopra di noi come un dipinto.

"Dobbiamo andare," disse Gabriel, inclinando la testa verso l'orizzonte. Annuii lentamente, ancora immersa nella dolcezza del momento. Si chinò verso di me, porgendomi una mano forte e rassicurante per aiutarmi a rialzarmi. La presi, sentendo la sua presa ferma e stabile mentre mi sollevava. Appena in piedi, Gabriel mi tenne ancora per mano e ci avviammo verso l'auto, con le nostre dita intrecciate come se volessero dirsi di non lasciarsi mai.

Durante il tragitto in macchina, con i finestrini leggermente abbassati e l'aria fresca della sera che entrava, cominciammo a cantare a squarciagola le nostre canzoni preferite. La radio passava pezzi classici e noi ridevamo ogni volta che sbagliavamo le parole, ma non ci importava. Eravamo felici, spensierati.

Quando finalmente arrivammo a casa, la porta si aprì e un profumo delizioso ci accolse. Un mix di spezie e carne arrostita che mi fece venire subito l'acquolina in bocca. "Mmm, qualcuno ha cucinato qualcosa di buono!" esclamai, annusando l'aria con espressione soddisfatta. Gabriel mi seguì con uno sguardo divertito, annuendo in silenzio.

Entrando in cucina, la vidi: Marlene, con il grembiule addosso, che stava finendo di sistemare la tavola. I suoi movimenti erano agili e precisi, come se avesse eseguito quel gesto migliaia di volte. "Oh, siete tornati!" esclamò non appena ci vide, un sorriso caloroso le illuminò il viso. "Non pensavo tornaste a cena."

"Noi non diciamo mai di no al tuo stufato!" scherzai, mentre Gabriel si chinava a darle un bacio sulla guancia, esprimendo anche lui la nostra gratitudine. Marlene rise piano e cominciò a servire con gesti sicuri e attenti, versando con cura il fumante stufato nei piatti. L'odore che si sprigionava era invitante, un misto di aromi che riempiva la stanza e mi faceva sentire subito a casa.

Mi tolsi la giacca, lasciando cadere il tessuto sullo schienale di una sedia. Notai Gabriel che, con movimenti aggraziati, si sfilava la felpa rimanendo con una semplice maglia bianca. La luce soffusa della cucina si rifletteva sui suoi lineamenti decisi, mettendo in risalto le sue spalle larghe e il suo viso rilassato. Lo guardai per un attimo, incantata da quanto fosse affascinante anche in un momento così semplice.

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