Capitolo 23

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Se cercate la canzone giusta che vi accompagni nella lettura di questo capitolo vi lascio questa!

La conversazione con Brando del giorno precedente mi aveva logorato per tutta la notte, rendendomi impossibile riposare in maniera continuativa

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La conversazione con Brando del giorno precedente mi aveva logorato per tutta la notte, rendendomi impossibile riposare in maniera continuativa. Ero fragile e la mia fragilità nasceva dal fatto che non avevo cercato in alcun modo di chiudere i conti con il mio passato. Questa era la conclusione a cui ero arrivata.

Il buio costante della stanza non mi permetteva di comprendere con certezza che ore fossero, ma non mi importava. Avevo preso una decisione e sarebbe stato molto più utile non incontrare nessuno lungo il tragitto che mi ero decisa a percorrere.

L'abito che avevo scelto di indossare era quello semplice e marrone con cui avevo fatto il mio ingresso nell'Accademia, oramai diverse settimane prima. Era trascorso quasi un mese, ma la mole di informazioni che avevo acquisito nel corso di quel tempo, mi dava l'idea che ne fossero trascorsi molti di più.

Cercai di fare il meno rumore possibile mentre mi chiudevo la porta della stanza alle spalle. Costanza stava, probabilmente, ancora dormendo nella stanza accanto alla mia e non avevo alcuna intenzione di farmi scoprire, né da lei né da nessun altro.

L'intera Accademia sprofondava nel silenzio.

Mentre attraversavo gli stretti cunicoli e gli ambienti che oramai mi erano diventati familiari, non sentii mai suoni di passi o voci di compagni. Sapevo che la maggior parte di loro si erano ritirati nelle rispettive dimore in superficie sia per abitudine sia perché in quella giornata non erano previste lezioni di alcun tipo né allenamenti. Gli insegnanti erano stati richiamati dal Consiglio per discutere, insieme ai membri più importanti delle famiglie, sui continui attacchi che si stavano verificando negli ultimi periodi. La causa era io. Nessuno me lo aveva rivelato direttamente, ma le occhiate e i sussurri indirizzati a me erano bastati a farmelo percepire. Un nuovo dolore si aggiungeva a quelli che mi tormentavano.

Senza rendermene conto mi ero ritrovata a percorrere l'ultimo cunicolo e a fermarmi dinanzi alla porticina di legno che sapevo conducesse in superficie. Costanza mi aveva spiegato che quella porta in particolare non sbucava in una delle case nobiliari bensì nella cripta di una chiesa, situata nel cuore della città.

La porta era consumata e i cardini davano tutta l'idea di non essere stati utilizzati per molto tempo. In effetti, in pochi si sarebbero mai azzardati ad usare l'uscita all'interno di una chiesa con la possibilità di altri sistemi. Io, invece, non avevo molta scelta.

Con la mano tremante afferrai la maniglia della porta. Indugiai per un lungo istante, cercando di ragionare su ciò che stavo facendo, sulle conseguenze e su eventuali suoni provenienti dalle aree attorno a me. Cercai di regolarizzare il battito del cuore, ma non ebbi molto successo. L'istinto mi portò, invece, ad abbassare lentamente la maniglia e a schiudere la porta. Ebbi qualche difficoltà nel farlo perché i cardini erano raglianti e non erano oleati a dovere. La porta si era aperta, ma non abbastanza da lasciarmi intrufolare dall'altro lato. Dovetti poggiare la mano sulla parete e tirare con forza per riuscire a guadagnarmi un altro po' di spazio, sufficiente almeno a lasciarmi entrare, strofinando contro lo stipite.

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