Capitolo 5

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Julia's Pov

La mia vita è perseguitata dalla sfortuna, su questo non ci piove.

A sette anni ricevetti la mia prima
nota scolastica. Nota molto ingiusta, visto che stavo semplicemente passando una matita ad un mio compagno durante un test di storia, ma non è stato lo stesso per la maestra. Si arrabbiò, dicendo che in realtà stessi copiando, e che avevo mancato di rispetto per aver parlato durante un test. Credo però, che l'ultima parte se la sia un po' inventata, così come il fatto che volessi copiare.

Va bene, non sono mai stata la prima della classe e i miei voti non saranno dei più alti. Ma per un test posso anche sforzarmi e costringere quell'ultimo neurone rimasto a mettersi in moto.

A dodici anni, invece, mi ero presa una cotta per un mio compagno di classe. Va bene, ero ancora piccola, e va bene, l'amore è cieco, ma in quel caso credo di aver avuto cinque strati di nastro isolante sugli occhi. Era basso, un po' strano e faceva un po' il bulletto.
Ma si sa, sono sempre i cosiddetti malesseri ad essere i più attraenti -per quanto un ragazzino di dodici anni poteva esserlo.

Perciò, per la prima volta nella mia vita, avevo preso coraggio e deciso di dichiararmi.

Glielo scrissi in un bigliettino? Si.
Mi firmai? Assolutamente no.

E menomale, direi. Glielo lasciai sul banco e, quando lo prese, feci finta di niente e rimasi seduta al mio posto. Ma quando lo lesse scoppiò a ridere, mostrandolo poi ai suoi amici e prendendomi in giro, inconsapevolmente.

Ci rimasi abbastanza male, infatti alla sera mi rifugiai nel libro che stavo leggendo, ossia Divergent, e sognai di poter avere una storia come la loro -più che altro, di avere una storia con Quattro, ma questa è un'altra cosa.

A quindici, invece, quella che credevo la mia migliore amica iniziò a conoscere ed uscire con altre persone. Non che ci sia qualcosa di strano o sbagliato, anzi. Ma nel momento in cui quelle persone le conoscevo pure io, e ci ridevo e scherzavo, perché non potevo uscirci anche io? Più volte le avevo chiesto se potevo unirmi a loro, peccato mi abbia sempre liquidata con qualche stupida scusa. Una volta le chiesi di uscire e lei rispose che aveva una visita. Peccato però che le sue storie di Instagram l'abbiano tradita.

E quando le chiesi spiegazioni mi disse solo "Possiamo anche avere amici diversi eh". Peccato però che io non abbia mai avuto, e nemmeno ora, un gruppo di amici. Certo, non avevo solo lei come amica: avevo e ho Kaitlyn, mia vera migliore amica; e alcune mie compagne di classe. Ma non ho mai avuto un gruppo di persone con cui uscire insieme o andare da qualche parte.

All'inizio mi pesava un po'. Dentro di me dicevo "Forse sono io il problema? Cosa ho fatto di male?Magari non sono abbastanza simpatica per loro?" Ma subito dopo mi arrabbiavo, perché diamine, quando ci parlavo io non mi sembravano annoiate o scocciate.

Così ho capito che dovevo fregarmene e che non ero io il problema. Ci ho messo più di quanto voglia ammettere, ma ce l'ho fatta alla fine.

E ora, a diciotto anni, mi ritrovo ad essere stata scelta come protagonista di un musical che non posso fare. Per la Allen andava bene che sapessi cantare così, ma non ho mai preso vere e proprie lezioni di recitazione. Cosa che nel musical conta tantissimo.

E come persona matura quale sono, ora mi ritrovo a casa di Kai, con in testa un cuscino, a disperarmi, mentre la rossa cerca di consolarmi.

Anche se la sua consolazione sta nel farmi vedere edit di attori americani, cosa che potrebbe anche funzionare se solo il problema non fosse così grave.

<<Andiamo JJ! Pensa al lato positivo: hai rubato il posto a quella stronza egocentrica e, con l'esibizione di ieri pomeriggio, l'hai distrutta davanti a tutta la scuola!>> esclama, vedendo solo il lato bello di questa tragedia greca. <<Si, beh, se mia madre lo viene a scoprire, sarà lei a distruggere me.>> piagnucolo, premendomi il cuscino in faccia ancora più forte e reprimendo un'urlo di frustrazione.

The Final MusicalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora