Capitolo 6

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William's Pov

<<Tremblay! Vedi di concentrarti altrimenti i giri di campo diventano cinquanta!>>

Dire che non sono concentrato è dire poco. E questo il coach l'ha notato, direi molto bene anche.

È da quando è iniziato l'allenamento che non riesco a smettere di pensare che Julia Jill Morrison sarà la protagonista del musical. Ma in maniera negativa.

Non ha mai nemmeno fatto domanda per iscriversi al corso di teatro della Allen. Non aveva e non ha nessun diritto ad avere un ruolo così importante, o anche solo avere un ruolo. Cosa a cui avevo già pensato, cercando poi di parlarne con la professoressa, ma non ha voluto sentire un cazzo di niente.

Questo significa che dovranno insegnarle tutto da capo, e sinceramente non so se lavarmene le mani perché non è un mio problema ma, allo stesso tempo, non voglio nemmeno fare una figura di merda per l'incapacità della Morrison e l'impulsività della Allen.

Ritorno alla realtà quando Blake mi passa il pallone ovale, che afferro prontamente per poi passarlo a un altro nostro compagno di squadra. Continuiamo a fare passaggi tra noi, finché il fischietto del coach non ci rompe i timpani.

Il coach, o meglio, il
professor Fynnegan è un uomo alto e muscoloso, che non dimostra assolutamente i suoi cinquantuno anni compiuti.

<<Va bene femminucce, l'allenamento è finito. Vedete di fare stretching, altrimenti rimarrete bloccati con la schiena come ottantenni!>> sbraita.

Io e i ragazzi ci raduniamo perciò in cerchio, ed ognuno inizia con l'esercizio che preferisce, per poi cambiare posizione. Dopo quindici minuti finiamo, così recuperiamo le borracce e i caschi, dirigendoci verso gli spogliatoi.

Ma il coach parla prima che possa anche solo avviarmi con gli altri. <<Tremblay, con me.>>

E che cazzo, come concludere al meglio la giornata.

Sbuffo, facendo cenno agli altri di andare.

Quando raggiungo il coach che mi fissa con insistenza, con le braccia incrociate al petto e lo sguardo duro, so già che non sarà niente di buono. Sicuramente vorrà parlarmi del fatto che, oggi, ho fatto l'allenamento di merda più brutto di sempre.

<<Cosa succede.>> va subito al punto, lo stronzo. <<Ed è inutile dire Niente perché se effettivamente fosse Niente, allora non avresti avuto la testa su Marte per tutto il fottuto allenamento.>>

<<Lo so che ho fatto schifo, oggi...>> inizio a dire, per poi essere interrotto dalla risata nervosa di Fynnegan. <<Schifo? Solo schifo?>>, domanda retorico <<Il termine schifo non descrive nemmeno un terzo del tuo allenamento, anche se per oggi non lo definirei nemmeno un allenamento.>>

<<È sempre così gentile, coach.>>, dico sarcastico.

Il professor Fynnegan scuote la testa e la sua espressione muta: da burbero allenatore diventa quasi un padre che cerca di capire il problema del figlio.

<<Senti, William, si vede lontano un miglio che c'è qualcosa che non va. Ed io, anche se non sembra, sono qua per ascoltarti se hai bisogno. So che, prima di tutto, sono un professore ma, subito dopo, sono il tuo allenatore. E sai che vi considero come dei nipoti acquisiti, perciò dimmi: cosa ti affligge ragazzo?>>, il tono che usa non è affatto arrabbiato o scocciato, il contrario. Sembra quasi dolce.

Il coach è sempre stato così: ci urla le peggio cose ma lo fa solo per motivarci, quando abbiamo bisogno di aiuto è il primo che se ne accorge e chiede come stiamo o se abbiamo qualche problema. Come in questo caso.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 09 ⏰

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