«Quest'oggi Mister K...» All'udire uno degli innumerevoli soprannomi di quell'uomo sobbalzai, il cuore in gola per la sorpresa. La voce monotona proveniente dal vecchio televisore proseguì: «...allenatore della Orpheus, la squadra dell'Italia, è tragicamente scomparso in un incidente. Mister K era stato in passato anche l'allenatore della squadra di calcio Teikoku Gakuen». Irrigidito nel corpo e nella mente, fui incapace elaborare una qualsivoglia reazione: non un pensiero logico e razionale prese forma nel mio lobo frontale, non un suono fu articolato dal mio tratto vocale. Numerose domande tutte simili tra loro presero a bussare con furore l'anticamera del mio cuore, facendolo battere ad un ritmo forsennatamente irregolare. Ciò avevo appena udito corrispondeva a realtà? Perché proprio in quel momento? Era solo un brutto scherzo della fisiologica stanchezza post partita? Deglutii a fatica, come se volessi inghiottire tutto d'un colpo una pastiglia troppo grande per scivolare con agevolezza nell'esofago: la melensa pastiglia della bugia, o meglio, di quella che decisi di schedare come tale – pessimo meccanismo di difesa inesorabilmente destinato a sgretolarsi, ma a cui mi avvinghiai con tutte le mie forze, fermamente deciso a ostruire sul nascere lo sgorgare di inarrestabili fiumi di emozioni squassanti. Le labbra mi si incresparono in un sorriso: oh, suvvia, Kidou, ti stai solo autosuggestionando. 'Le emozioni offuscano le tue capacità di giudizio', ricordi? Doveva trattarsi di una delle consuete fasulle notizie create ad hoc a complemento delle sue nequitose orditure... Una notizia inventata su un avvenimento altrettanto surreale che, chissà per quale astruso motivo, aveva deciso di far comunicare all'intera nazione. Distolsi lo sguardo dallo schermo del televisore ora spento e lo rivolsi ai miei amici, coloro che mi avevano aiutato a ritrovare la luce dopo un elasso di tempo interminabile passato a brancolare nel buio della sua disperazione, ebbro del senso di onnipotenza che mi pervadeva le membra sotto il suo comando. La preoccupazione adombrava loro i lineamenti, mi parve di scorgere persino del compatimento negli occhi di qualcuno. Oh, andiamo, ormai hanno imparato a conoscerlo bene. Non crederanno davvero che un uomo del suo calibro sia davvero... "tragicamente scomparso"? Per di più in un banale incidente stradale? Soltanto uno sprovveduto crederebbe a menzogne del genere... Lui era ancora in vita, doveva esserlo: non avrei mai creduto né tantomeno accettato il contrario.
Alla domanda di Endou, che vedendomi impallidire e perdermi sempre di più negli abissi dei miei pensieri mi chiese se mi sentissi bene, risposi stizzito che era tutto a posto, che non c'era neanche bisogno di chiedermelo, insomma, per chi mi avevano preso? Io ripudiavo quell'essere spregevole con tutta la mia anima – e accennai un sorriso per non dare adito alla sua apprensione. Perso, mi aveva definito Endou. Perso? Io? Mere bazzecole – e con un cenno della mano feci come per scrollarmi di dosso tali fantasiose insinuazioni. Ma quando Endou e gli altri varcarono la porta per andare ad allenarsi, fui subitamente risucchiato in un violento vortice di angosce, dubbi e affanni. La stanza si fece sempre più claustrofobicamente piccola e buia, le parole di Endou e del telegiornale rieccheggiavano incessantemente nel cervello, tormentandomi fino allo sfinimento: «Perso... e se fosse così? Io senza di lui sono perso» mormorai tra me e me, la mano sul mento e il volto assorto e pensoso.
"L'hai capito, finalmente. Era ora."
Sussultai, colto dallo spavento. Conoscevo molto bene quella voce. «Dove sei?!» domandai al vuoto mentre mi guardavo attentamente attorno, ma non ottenni alcuna risposta: in quella stanza non c'era nessuno, se non io e le mie allucinazioni. Che stupido, persino queste ultime si prendevano beffardamente gioco di me. Feci comunque un altro tentativo: «Rispondi!» urlai a gran voce."Sono qua."
Mi voltai, ma invano: dell'uomo che viveva nascosto nella sua stessa ombra non si vedeva neanche quest'ultima. «Smettila di prendermi in giro, fatti vedere!» urlai nuovamente, noncurante di ciò che avrebbero potuto pensare eventuali passanti al di fuori dall'edificio sentendo la mia imperante follia prendere voce.
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Non l'avrei mai più rivisto
Short StoryTesto scritto nel lontanissimo 2016 e rivisto in questi giorni in cui Kidou/Jude racconta del suo onirico (?) incontro con Kageyama/Dark, poco dopo la morte di quest'ultimo. Se siete persone che si commuovono facilmente (o semplicemente amate i pers...