I giorni seguenti li passai a riflettere sul da farsi: i due si trovavano nella stanza vicino a Rose, che si era abituata così tanto a stare con noi da aver rinunciato a fuggire. Diceva che preferiva di gran lunga restare lì e chiacchierare con noi piuttosto che tornare fuori e farsi travolgere dal caos che dilagava in tutta la città.
Rose aveva continuato ad agire e a dire cose in modo piuttosto strano, quasi come se avesse sempre qualche piano malsano in testa. Infinite volte l'avevo sentita discutere con Faith, e ancora più spesso mi ero ritrovata io stessa a dover gestire i suoi giochetti. Tuttavia, nemmeno una volta mi aveva rivelato il motivo per cui mi aveva consigliato di mettere su un gruppo, una rete di informatori che, per ironia della sorte, si erano rivelati davvero utili.
A portare una svolta fu Megan che, dal nulla, aveva deciso di far visita ai due con in tasca un cellulare pronto a registrare tutto e, forse nemmeno per puro caso, il collega dell'uomo russo aveva iniziato a parlare e aveva detto che Daniel desiderasse parlare con lei dei vecchi tempi, dei giorni che le avevano fatto preferire la morte. Lei non aveva quasi parlato per tutto il tempo e, quando lasciò quel posto, mi inviò la registrazione, guardò malamente Faith al mio fianco e andò via, senza dire nulla.
Non sapevo come agire con lei, cambiava umore ogni due per tre, spariva e appariva a suo piacimento e aveva iniziato a detestare enormemente Faith, solo perché le faceva notare quanto il suo comportamento fosse sbagliato.
Priya, invece, aveva optato per il silenzio radio, forse perché troppo impegnata a gestire tutto, o forse aveva davvero deciso di lasciarmi sola con i miei pensieri e i miei dubbi, nella speranza che mi alzassi da quel dannatissimo letto e iniziassi ad agire nel modo che, a detta sua, era più appropriato per riportare tutto in carreggiata. Purtroppo per lei, però, non ero forte abbastanza da rischiare la vita delle persone che amavo, forse perché non credevo di essere in grado di proteggerle dalle possibili conseguenze.Più volte, mentre ero persa a suonare il piano, Faith mi aveva raggiunta e mi aveva osservata, finché non avevo iniziato a parlare del più e del meno ma anche di tutto quello che mi feriva: dei dubbi che mi attanagliavano, delle paure che mi tenevano sveglia la notte, di quanto mi sentissi paralizzata, incapace di muovermi e agire nel migliore dei modi, come tutti si aspettavano. Mi sembrava di tornare ragazzina, costretta ad affrontare le aspettative di chi non si curava di me, dei miei desideri e di tutto ciò che mi riguardava. Ma lei sorrideva, mi prendeva con calma, cercava di farmi buttare fuori tutta la mia frustrazione e poi trovava infiniti modi per farmi sorridere, tutto per impedirmi di cadere vittima della mia stessa mente: la mia peggior nemica.
Faith era stata di parola: ogni giorno si prendeva cura di me e ogni mattina mi svegliavo con una colazione abbondante sul comodino. Il primo giorno, mentre gustavo il tutto, era entrata nella camera con un secondo vassoio e mi aveva fissata per diversi secondi con un'espressione strana, poi aveva sorriso, aveva recuperato una sedia e mi aveva fatto compagnia, senza dire nulla. Era ormai diventato un rito, un'abitudine in grado di riempirmi abbastanza di gioia da farmi tornare a mangiare, poco alla volta.«Non ti annoi a stare sempre qui?» le chiesi, sorseggiando il mio caffè. Lei, come suo solito, mi osservò per qualche secondo e accennò un sorriso.
«Mi tieni impegnata e no, non trovo noioso tutto ciò. Non so se te l'ha mai detto qualcuno, ma in qualche modo riesci a portare energia e vita nelle vite di chi viene in contatto con la tua personalità. Voglio dire, sei abbastanza esplosiva anche quando sei giù di morale e... non so, per qualche motivo non mi sembra una cosa negativa.» mi spiegò, avventando il suo pancarrè ricoperto di Nutella. Mi venne spontaneo chiedermi per quale motivo si fosse presa il fastidio di prepararmi dei pancake senza però servirsi una porzione a sua volta; dopotutto, lei andava pazza per quelle cose.
«Strano, di solito mi trovano piuttosto irritante.» dissi, finendo il mio caffè per poi posarlo sul vassoio posizionato sul comodino.
«Le persone più complicate del pianeta si preoccupano per te. Deve pur valere qualcosa, no? Pensi che Abigail perderebbe tempo dietro qualcuno che non vale il suo tempo? E Raegan? Pensi che avrebbe rischiato di perdere tutto per qualcuno che non vale il rischio?» disse, facendomi scappare un sorriso. Sentire il nome di Raegan riusciva sempre a ferirmi, eppure, sapere di essere così importante per qualcuno, riusciva a ridare vita anche a qualcuno come me.
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Stitches - May We Meet Again Sequel
RomantiekATTENZIONE - Sequel di May We Meet Again. Nel tessuto fragile dell'animo umano, le ferite emotive si insinuano come spine velenose, lasciando segni indelebili che sfidano il tempo e la guarigione. Queste ferite interiori, come sottili lame affilate...