2. La punizione 🥀🖤

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<<Figlia disonorevole! Vergogna della famiglia reale!>>
Le parole pronunciate dal padre le rimbombarono nella testa, mentre Gwen era chiusa nella sua camera, collocata sopra la sala del trono.

Con le lacrime che le attraversavano copiose il viso, e cercando di reprimere i singhiozzi emettendo versi strozzati, la principessa continuava a battere con il pugno contro la porta, accasciata a terra, chiedendo che fosse aperta.

Nonostante fossero ore che batteva, i pugni, via via che passavano i minuti, si indebolivano  senza mai fermarsi.

Improvvisamente, dopo quelle che le sembravano essere passate ore, la porta della sua stanza si aprì, e fece appena in tempo a spostarsi che sarebbe stata colpita da essa.

Alzò il suo viso che si era tinto di rosso, il cui trucco colava lungo le guance e gli occhi iniettati di sangue, e guardò con sguardo carico di disprezzo la guardia che fino a quel momento era stata dall'altra parte della porta, e aveva ignorato le sue urla.

Urla che si intensificarono quando la guardia la prese per i polsi cercando di tirarla su e lei capendo le sue intenzioni, tirò nel verso opposto, cercando di liberarsi.

Con un ringhio basso l'uomo la strattonò per i polsi, vincendo facilmente contro il minuto corpo della ragazza, e trascinandola per i corridoi del castello fino alla stanza incriminata, mentre lei continuava ad urlare e a mandare richieste d'aiuto,  invano, guadagnandosi solamente  delle occhiatacce da parte di alcuni nobili e servi che alloggiavano nella reggia.

La porta dello stanzino era in legno massiccio, con una finestrella sbarrata al centro dalla quale spesso le urla della principessa fuoriuscivano, come a dare esempio di cosa sarebbe successo a tutti coloro che avessero infranto la legge comandata dal re.

Al suo interno, le pareti della stanza, un tempo bianche, si erano ingiallite alternando chiazze di muffa a polvere.

L'atmosfera buia, illuminata da una piccola finestrella semiaperta, concedeva alla stanza un'aria sinistra e pericolosa.

Un espositore metteva in mostra vari utensili da tortura, ma Gwendalyn rabbrividì quando il suo sguardo si posò  sul palo al centro della stanza, attraversandola, e le tornarono in mente le notti passate lì legata.

Notti che avrebbe rivissuto adesso.

Notò la figura che fino a quel momento si era nascosta nell'ombra, giocando con la sua vista: suo padre.

Percorse con gli occhi carichi di odio il suo corpo, fino a fermare lo sguardo sulla sua mano, che impugnava una frusta.

<<No, no, no! Perf->>

Si bloccò, sia perché la guardia,  strattonandola a terra, le stava provocando tanto dolore da farla urlare, mentre il suo corpo si era indebolito nel cercare di resistergli mentre la trascinava per il palazzo come fosse un sacco, sia perché lei non doveva chiedere 'perfavore' a nessuno.

Nessuno le doveva nulla, semmai erano loro -lui, suo padre- a doverle delle scuse per l'infanzia traumatica che aveva vissuto.

Le venne richiesto di  abbassare il vestito fin sotto la vita, ma quando la giovane si rifiutò, con tanto di insulti, una lama le trafisse l'abito violaceo che indossava, mentre la punta si conficcava nella sua schiena, tanto era profondo il taglio.

Il vestito si abbassò da solo, reciso a metà,  mentre la principessa urlava per il bruciore della ferita, esposta all'aria aperta mentre il sangue le colava velocemente, imbrattato le gambe pallide, ed il contrasto tra i due colori faceva ribrezzo

Sentì i passi dell'uomo che da tempo non considerava più suo padre, mentre si avvicinava, e sentì l'aria produrre un leggero fruscio quando la frusta venne alzata, pronta a colpire.

Indurì la schiena per cercare di sminuire la potenza del colpo, invano.

Il primo colpo si sferrò duro sulla schiena, e gli urli di dolore della ragazza rimbombarono nella stanza.

Bruciava, bruciava tutto.

Il secondo, più potente del primo la fece quasi crollare, le gambe imploravano pietà e lentamente tendevano al pavimento.

Inarcò la schiena sotto ogni colpo, ormai in ginocchio, legata contro il palo a contorcersi dal dolore.

<<Donna disonorevole! Verme! Disgrazia della famiglia reale>>

Le parole che il re le stava urlando contro arrivavano appena, soppresse dal dolore e dai colpi di frusta.

<<Puttana! Disgraziata! Sei peggio di un Senzaluna, dovresti marcire lì con loro!>>

Il suo corpo, che doveva ormai essere abituato ed essersi rinforzato, diventava più debole e meno resistente dopo ogni colpo, mentre l'amo che il padre aveva fatto applicare per intensificare il dolore, si attaccava alla pelle e veniva giù con ogni colpo, raschiandola.

Gli occhi erano  invasi dalle lacrime che le offuscavano la vista, permettendogli solamente di sentire l'acuto dolore, la voce le tremava e usciva ormai roca, debole dopo ogni colpo.

Non riusciva a muoversi, era inerme contro quella tortura che sembrava non finire.

Sembrava ricoperta da un mantello rosso, tali erano pericolose le ferite, tanto che pensò non sarebbe sopravvissuta a quella notte.

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𝕽𝖊𝖕𝖊𝖓𝖙𝖆𝖈𝖊 - Sangue RealeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora