"Buongiorno, tesoro," disse Tina quando varcai la soglia della cucina, il suo sorriso radioso illuminava la stanza. Il profumo di caffè fresco e dolci appena sfornati riempiva l'aria, avvolgendomi come un caldo abbraccio. Avevo dormito benissimo, coccolata dai miei due peluche, e la giornata felice di ieri mi aveva lasciato un sorriso sul volto.
"Buongiorno, Tina," risposi avvicinandomi per darle un dolce bacio sulla guancia, sentendo la sua pelle calda e morbida. Era un gesto semplice, ma carico di affetto.
"Ho una bella notizia da darti... spero che tu ne sia contenta..." Si interruppe un attimo, come se stesse cercando le parole giuste, il suo viso mostrava un misto di entusiasmo e trepidazione.
"Da oggi sarai ufficialmente parte della famiglia," disse infine, e in quel momento il mio cuore si fermò. Ero sotto shock, un turbine di emozioni si scatenò dentro di me. Felicità e paura si mescolarono: ero felice della notizia, ma preoccupata per ciò che potesse pensare Haru.
Mi abbracciò forte, e io ricambiai l'abbraccio, il suo calore era rassicurante. Ero grata che Tina volesse prendersi cura di me, ma un pensiero mi assalì: non volevo cancellare il mio passato. Avevo già una madre, e nonostante i suoi problemi, sentivo che il legame con lei era reale. Non volevo una nuova mamma; per me, Tina era semplicemente una persona importante, più di mia madre, certo, ma non volevo sottrarle il ruolo.
L'abbraccio durò a lungo, riempiendomi di una dolce sicurezza. Era come se il mondo esterno si fosse fermato, e in quel momento non c'era nient'altro che noi due.
Haru ci osservava in silenzio, la sua espressione seria, ma i suoi occhi tradivano un'emozione che non riuscivo a decifrare. Ero felice per questo; tutto sembrava andare finalmente per il verso giusto, come se la tempesta che aveva imperversato per troppo tempo stesse finalmente placandosi.
Più tardi arrivò Tina con i fogli in mano, era fatta! Ero parte della famiglia. Avevo Tina al mio fianco, pronta a proteggermi, e Haru? Forse un giorno…
Per festeggiare, Tina ci portò al fast food, il preferito di Haru, così mi aveva detto lei. Entrando, un'ondata di profumi deliziosi ci colpì: l'odore di patatine fritte croccanti e carne grigliata riempiva l'aria. Il luogo era accogliente, con pareti a strisce rosse e bianche che sembravano invitare a una festa. I tavoli erano disposti uno di fronte all'altro, creando un’atmosfera vivace e familiare. Lì, per la prima volta, vidi Haru sorridere.
Il suo viso si illuminava mentre mordeva il suo panino, i suoi occhi scintillavano di felicità. Quella gioia era contagiosa; un sorriso mi si fece largo sul volto mentre lo osservavo. Bastava poco per rendermi felice, in fondo, e quel momento semplice, quel pasto insieme, era già un piccolo sogno che si avverava.
Una volta terminato di mangiare, decidemmo di andare al cinema a vedere un film. Era un cartone animato, in realtà, “Boxtrolls”, che sembrava promettere avventure straordinarie. L’auditorium era buio e silenzioso, e le luci si affievolirono mentre ci sistemavamo nelle poltrone morbide. I colori vivaci del film danzavano sul grande schermo: scatole colorate, creature eccentriche e paesaggi fantastici che si muovevano davanti ai nostri occhi. La storia era divertente, con momenti toccanti che facevano battere il cuore. Ridevamo insieme, e per un attimo dimenticavamo le tensioni tra noi.
Prendemmo anche dei popcorn, anche se eravamo sazi a causa del cibo mangiato prima; era una regola fondamentale prendere i popcorn al cinema. Li assaporavamo tra una risata e l’altra, il loro sapore burroso che si mescolava alla dolcezza del momento.
Arrivati a casa, mi andai a fare una doccia, lasciando che l'acqua calda lavasse via le preoccupazioni e le incertezze. Haru era nel salotto a giocare alla console, la luce blu dello schermo illuminava il suo viso concentrato. Tina, invece, stava sistemando casa, i suoni dei suoi movimenti erano un sottofondo rassicurante.
Finalmente c’era la pace in casa. Anche se io e Haru continuavamo a non parlare, sentivo che qualcosa stava cambiando. Un piccolo passo verso una connessione, un legame che si stava formando lentamente ma inesorabilmente.
Tornai in camera a disegnare, cercando conforto nell'arte. Stavo creando un piccolo rifugio per i miei pensieri e le mie emozioni. Stavolta disegnai i miei due peluche: il draghetto, dai colori vivaci e luminosi, che simboleggiava la mia nuova vita piena di speranza e avventure, e l'orsetto, un po' rovinato e sbiadito, che rappresentava la mia vecchia vita, con tutte le sue ferite e i ricordi tristi.
Soddisfatta del disegno, decisi di appenderlo alla parete. Era importante per me, quel disegno racchiudeva la mia essenza, un ponte tra due mondi opposti. Ogni tratto rivelava una parte di me stessa, e guardandolo sentivo che stavo costruendo la mia identità in quel nuovo spazio.
Poco dopo, Haru entrò in camera senza neanche bussare. La porta si aprì con un cigolio e lui si fece strada, con un tono distaccato e seccato. "Hai per caso una gomma? Ho perso la mia," disse, con un'espressione che non prometteva nulla di buono.
Frugai nel mio astuccio e gli porsi la gomma, ma lui si soffermò a guardare il disegno appeso accanto al mio letto. "Cosa è quella cosa?? Un topo?" esclamò con aria divertita, come per prendermi in giro. Le sue parole mi colpirono come un pugno nello stomaco, una sensazione di vulnerabilità mi assalì.
"Esci per favore," gli dissi, invitandolo a lasciare la mia camera. Perché cercava sempre un modo per ferirmi?
"Che cosa? Vuoi cacciarmi da casa mia?" rise, un suono vuoto che mi fece rabbrividire. "Chi ti credi di essere? Esisto da molto prima di te qui dentro." Continuò, il suo tono sarcastico rimbombava tra le pareti.
Quelle parole così dure, però, non mi toccarono più come prima, perché sapevo che da quel giorno anche quella era casa mia. E lui doveva accettarlo.
"Haru, qui ci vivo anch'io ormai, quindi impara ad accettarlo," dissi, riprendendomi la gomma che gli avevo prestato, il gesto simbolico di rivendicare il mio posto.
"Fai come vuoi, ma sappi che non ti accetterò mai," replicò, con una smorfia sul viso, prima di uscire dalla stanza, sbattendo la porta dietro di sé.
Rimasi in silenzio, sentendo il peso delle sue parole. Una parte di me si sentiva frustrata e ferita, ma un’altra parte si sentiva forte. La mia nuova vita era solo all’inizio, e nessuno, nemmeno Haru, poteva portarmi via quel piccolo pezzo di felicità che stavo costruendo.
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the eclipse
RomanceIvy ha vissuto un'infanzia spezzata: abbandonata in un'auto sotto il sole cocente dalla madre dipendente, il suo fragile destino è cambiato per sempre quando una sconosciuta l'ha salvata, portandola via dal suo incubo. Ma le cicatrici del passato no...