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Arriva la corriera che torna verso la città. Ernesto sale con il cane in braccio e si guarda intorno, cercando un posto comodo per sedersi, ma il conducente gli fa cenno di fermarsi.

«Ehi, ragazzo... il cane non può salire senza guinzaglio».

«È ferito. L'ho trovato in giro. Lo voglio portare dal veterinario».

«Siediti un attimo vicino a me. Vediamo un po'... ma è un randagio?»

Mentre parlano l'autista chiude le porte e fa ripartire l'autobus.

«Non credo, ha un bel pelo, ma è senza collare e medaglietta».

«Che gli è successo?»

«Un cinghiale, lo ha travolto».

«Bisogna fare attenzione a quelle bestiacce, ragazzo. Qualcuno di loro scende dalla collina e viene a cercare da mangiare da queste parti. Io abito qui vicino e più di una volta mi sono entrati nel giardino. Mi hanno rovesciato la spazzatura e hanno sgranocchiato tutto quello che c'era da sgranocchiare e anche di più... pezzi di legno, plastica, tappi di sughero. Da quando la teniamo chiusa in un gabbiotto però, non sono più venuti. Mia moglie ne è terrorizzata, anche se in genere non attaccano l'uomo, se non si sentono aggrediti o se non hanno con sé i piccoli».

«A me piacciono i cinghiali, signor autista. Sono animali forti e intelligenti. Vanno dove non va nessuno, tra i rovi, le ortiche, la fitta boscaglia. Mi piacerebbe essere forte come un cinghiale».

L'uomo ride: «Ah, ah, ah... piacerebbe anche a me. Stacci attento comunque. Non girare mai da solo di notte per i boschi».

«Non si preoccupi».

L'autobus raggiunge la statale. L'autista arresta la corsa per far salire un paio di passeggeri, poi riparte veloce. Dopo qualche minuto si ferma.

«Ecco, ragazzo... ti faccio scendere qui, anche se non è previsto nel percorso. La vedi quella casetta con la porticina azzurra? Lì c'è un veterinario».

«Grazie molte, signor autista».

Ernesto scende dall'autobus con il cane in braccio e suona il campanello. Dalla porta esce una donna bionda con i capelli raccolti, che indossa una tuta azzurra. Ha un naso lungo e magro, lo sguardo sereno.

«Buongiorno, ragazzo... che gli è successo?»

«Un cinghiale lo ha travolto e lo ha fatto sbattere contro un albero».

La donna guarda il cane nero, abbandonato tra le braccia di Ernesto. Gli porge una mano e gli parla con dolcezza. L'animale gliela annusa e sposta il muso, abbassando lo sguardo.

«Vieni, caro».

Ernesto segue la donna nella sala d'aspetto, dove non c'è nessuno. La attraversano ed entrano da una porta scorrevole, che la donna chiude dietro di sé.

«Riesci a metterlo sul tavolo?»

Al centro della sala, arredata in modo essenziale, c'è un grande tavolo di metallo, con un buco al centro.

«Sì, ce la faccio. Buono tu, mi raccomando...», rivolto al cane.

Ernesto appoggia l'animale sul tavolo, che vi resta sdraiato, senza protestare.

«Uff... che fatica, è bello pesantuccio».

«Siediti su quella sedia e riposati un attimo. Togliti pure lo zaino».

«Grazie, non mi dà fastidio, è vuoto. I libri li ho lasciati tutti a scuola».

La donna gli guarda le gambe.

Ernesto e il pirata Jonathan - Il cuore e la stellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora