Capitolo 3 - Onde delle Emozioni

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HAILEY's Pov

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Il vento leggero del lago mi scompigliava i capelli mentre cercavo di non sentirmi troppo fuori posto. Mi stringevo accanto ad Amber, la mia nuova amica, che sembrava essere a suo agio tra tutta quella gente. Avevo sempre visto scene come queste nei film o sui social, ma trovarmi davvero lì, in mezzo a una festa sul pontile dopo una partita di baseball... era tutta un'altra storia. Il suono delle risate, della musica, e il riflesso delle luci sull'acqua mi facevano sentire stranamente nervosa.

Ero nuova, e lo sapevo bene. Non conoscevo nessuno tranne Amber e, anche se lei cercava di farmi sentire a mio agio, mi sembrava che ogni mio movimento fosse osservato. Mi sforzavo di sembrare rilassata, ma dentro di me c'era solo un gran caos.

Stavo cercando di seguire la conversazione tra Jake, Taylor ed Ethan, ma non riuscivo davvero a concentrarmi. Ogni tanto sorridevo per non sembrare troppo strana, ma la verità è che mi sentivo un po' fuori posto. Non volevo fare la figura della ragazza imbranata fin da subito.

All'improvviso, notai un gruppo che si avvicinava. La giacca sportiva che indossavano non lasciava dubbi: la squadra di baseball era arrivata. Tra loro, lo riconobbi subito, Noah Carter. Era impossibile non notarlo. Alto, sicuro di sé, con quel sorriso da cattivo ragazzo che aveva l'aria di saperlo bene quanto fosse popolare. L'aria intorno a lui sembrava quasi cambiare, come se tutti lo notassero. Lo vidi salutare Ethan con una stretta di mano e una pacca sulla spalla, e fu lì che capii che si conoscevano. Erano amici, o almeno sembrava così.

Mentre salutava Ethan, i suoi occhi si posarono su di me. Non so come descriverlo, ma per un attimo sembrò che tutto si fermasse. I nostri sguardi si incrociarono, e per quei pochi secondi fu come se fossimo solo io e lui, in mezzo alla confusione. Il cuore mi batteva più forte, e per un attimo pensai che potesse sentirlo anche lui.

Poi, proprio quando stavo per distogliere lo sguardo, un suo amico, Alex credo si chiamasse perché sentii Amber nominarlo sugli spalti, lo chiamò e lo trascinò via per andare a prendere qualcosa da bere. Il momento era passato, ma mi sentivo ancora addosso il peso di quegli occhi su di me, come se avessero visto qualcosa che nemmeno io sapevo di avere.

Quando Noah si allontanò con Alex, sentii il mio respiro rallentare. Avevo ancora la sensazione che il suo sguardo mi fosse rimasto addosso, come una traccia invisibile che mi faceva sentire esposta. Stavo cercando di riprendermi, di far finta che non fosse successo nulla di speciale, quando Amber si avvicinò di scatto. Aveva un sorrisetto elettrizzato e mi diede una leggera spinta con il gomito.

"Santo cielo, Hailey!" sussurrò, divertita. "Hai visto come ti ha guardata? Noah Carter ti ha appena analizzata da cima a fondo!"

La guardai, sorpresa dal suo tono e da quella sicurezza. "Cosa?" le risposi, cercando di sembrare indifferente, ma sentivo il viso scaldarsi leggermente. "Non è niente... stava solo salutando Ethan."

Amber rise piano e mi guardò come se sapesse più di quello che volevo ammettere. "Oh, no. Quello non era uno sguardo casuale, credimi. Ha notato eccome che sei la nuova ragazza. E fidati, a Noah non sfugge niente."

Scossi la testa, cercando di non darci peso. "Non mi interessa," dissi, cercando di sembrare sincera. La verità era che mi sentivo strana, come se fossi finita improvvisamente sotto un riflettore di cui non avevo bisogno. "Lui è solo... come dire, uno di quei ragazzi con troppa autostima. Troppo pieno di sé. Non è diverso dagli altri."

Amber mi guardò ancora, stavolta con un'espressione più divertita. "Forse, ma stai tranquilla, Hailey. Se Noah ti ha notata, potresti essere più interessante di quanto credi."

Rimasi in silenzio, senza sapere bene cosa rispondere. Non mi era mai capitato prima, e non era esattamente una cosa che volevo. L'ultima cosa che desideravo era diventare un'altra delle ragazze che orbitavano attorno al 'grande' Noah Carter. Sapevo come funzionavano i ragazzi come lui. Troppa autostima, troppa attenzione su di sé, e una lunga fila di persone pronte a dargli tutto ciò che voleva.

Non ero interessata. Almeno, era quello che continuavo a ripetermi.

Non volevo continuare quella conversazione su Noah, così presi il cellulare dalla tasca, fingendo di controllare qualcosa. Quando vidi l'ora, il cuore mi saltò in gola. Era tardi, troppo tardi. Mi tornarono in mente le parole di mia madre, il suo avvertimento di non fare tardi la prima sera che uscivo. Dovevo andarmene subito.

Mi voltai verso Amber per salutarla, ma non la trovai più accanto a me. La vidi qualche metro più in là, che rideva e ballava con un ragazzo che, a occhio, sembrava non conoscere neanche lei. Mi fermai un attimo, indecisa se andare a chiamarla o no, ma poi scossi la testa. Non volevo interromperla, sembrava troppo divertita.

Decisi di avviarmi verso l'uscita da sola. La folla sul pontile si era infittita e la musica copriva quasi tutti i rumori. Mi feci largo tra le persone, cercando di non farmi notare troppo, e decisi che durante il tragitto avrei inviato un messaggio ad Amber , spiegandole il motivo del perché fossi andata via.

Per tornare a casa dovevo attraversare il parcheggio dietro il campo da gioco. L'area era silenziosa, un contrasto strano rispetto alla festa sul pontile, e l'unica luce proveniva dai lampioni sparsi lungo il perimetro del campo. Mentre camminavo, presi il cellulare per inviare un messaggio ad Amber e avvertirla che stavo andando via, ma proprio in quel momento lo schermo si spense. Il telefono era morto.

"Perfetto," sospirai, scocciata. Non c'era modo di avvertirla adesso. Mi fermai un attimo e guardai intorno, sperando di trovare qualcuno che potesse prestarmi un cellulare per un minuto. Ma il parcheggio sembrava quasi deserto. L'unico rumore era il fruscio degli alberi e il lontano eco della musica che veniva dal pontile.

Stavo per perdere le speranze quando, sollevando lo sguardo, vidi una figura in lontananza, proprio davanti all'entrata del campo da gioco. Un ragazzo stava salendo su una moto, mettendosi il casco con movimenti lenti e misurati. La sua giacca di pelle scura rifletteva appena la luce del lampione sopra di lui.

Mi avvicinai di qualche passo, senza fare rumore, sperando che fosse qualcuno disposto ad aiutarmi.

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𝚃𝚛𝚊 𝙻𝚎 𝙾𝚖𝚋𝚛𝚎 𝙳𝚎𝚕 𝙳𝚎𝚜𝚝𝚒𝚗𝚘 ~ 𝗡𝗼𝗮𝗵 𝗖𝗮𝗿𝘁𝗲𝗿Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora