19. Grace

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Caro papà, sarebbe bello se ora fossi qui con me, soprattutto per darmi quelle lezioni di pattinaggio che mi promettesti poco prima di andartene e non tornare mai più.

Passo dopo passo andrò lontano, sarò il meglio di ciò che potrò mai essere e lo sarò per te.

Pian piano inizio a prendere confidenza, come ogni volta, con i pattini, fino a staccarmi dalle barre metalliche di sostegno e avanzare con un po' più di sicurezza, pur mantenendo le braccia aperte per tenermi in equilibrio.

La donna che mi precedeva, accompagnata da tre nanetti buffi e colorati, si ferma all'improvviso, costringendomi a raggiungere quanto prima il perimetro della pista, spaventata al pensiero di non frenare in tempo, cadendo loro addosso.

Attendo qualche istante che riprenda a lartinare, ma il suo sguardo sbarrato è fisso sull'ingresso. <<Che cosa diamine sta facendo?>>

Seguo, con aria interrogativa il suo sguardo, insieme a tutti i presenti che la circondano.

Un ragazzo alto ed elegante, dal cappotto color cammello, i capelli lievemente mossi ordinatamente acconciati all'indietro e un paio di jeans scuri entra in pista seguito da un bambino dalla pelle color cioccolato che sfoggia un sorriso a trentadue denti.

Il piccolo lo incita, ridendo a crepapelle, mentre lui non riesce a trattenere il sorriso. Spinge a tutta velocità quella che mi sembra essere una carrozzella.

<<Chi le ha dato il permesso di fare una cosa del genere?>> Sbraita ancora la donna bionda tinta che ho dinanzi, mentre i bambini assistono alla scena a bocca aperta. <<Ma quello è Coco!>> dice quello che mi sembra il più piccolo dei tre, mentre l'unica femminuccia annuisce. <<E quello è Happy!>>

Il loro volto si muove da sinistra a destra, il tempo che il ragazzo, percorra un lato della pista, costringendo tutti a lasciargli spazio.

Quello che porta, infatti, non è un sostegno come tutti gli altri, usato per rendere la pattinata più semplice, ma è una sedia a rotelle per disabili, sotto cui è stata messa una strana piattaforma che scivola sul ghiaccio.

<<E lui chi è, invece?>> chiede il terzo bambino, e me lo chiedo anche io finché il foulard blu oltremare che gli copriva parte del volto non si scopre, rivelando l'ultima persona sulla faccia della terra che mi aspettavo fosse.

Mentre cerco di capire cosa stia succedendo, la donna, con uno scatto che si addice a una che di pattinaggio sul ghiaccio la sa lunga, inizia a rincorrerli, seppur in modo goffo per vis dell'età avanzata.

Mentre il ragazzino dall'enorme piumino rosso e l'uomo che non pensavo sapesse sorridere ridono - addirittura! - a crepapelle, cercando di sfuggire alle grinfie di quello che il bambino color cioccolato inizia a definire "il nemico", il piccolo in sedia a rotelle viene sballottato da una parte all'altra a tutta velocità.

<<Oddio, ma quanto va veloce?>> commenta uno dei tre piccoli al mio fianco.

<<Sembra una Ferrari!>> risponde l'altro.

Poi la bambina si accoda a quello che apprendo chiamarsi Happy, separandosi da Farrell Douglas e l'amichetto in carrozzella, ora raggiunti dalla direttrice dell'orfanotrofio e costretti a fermarsi - ho notato ora la patch sulle loro giacche.

Sono a pochi passi da me e riesco a sentire ciò che si dicono.

<<Lei è completamente pazzo. Si rende conto della gravità della situazione? Cosa le è saltato in mente?>>

Farrell deve esserei accorto della mia presenza perché punta gli occhi su di me, senza profetire parola.

<<Coco poteva farsi male!>> insiste la donna. <<Io mi ero fidata di lei!>> continua, riprendendo il possesso della carrozzella.

A Natale mi innamoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora