28. etica morale

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"Così meglio sarà
avere verso l'errore
un atteggiamento amichevole
e considerarlo come un compagno
che vive con noi
ed ha un suo scopo,
perché veramente ne ha uno".

*

Torno a casa senza nemmeno ricordarmi come ci sia arrivato. Le luci del corridoio mi sembrano più rabbuiate del solito, le ombre più minacciose. La mente mi ronza di pensieri, uno sopra l'altro, senza sosta. Le parole di Jake, invece, mi risuonano nelle orecchie. Quel suo tono così calmo, quasi beffardo, che mi fa venire voglia di urlare.

Mentre giro l'angolo, con la testa bassa, mi scontro con qualcuno. Alzo lo sguardo e vedo Taehyung. I suoi occhi si posano subito sui miei, ormai tremanti, e in un attimo capisce che c'è qualcosa che non va.

«Jungkook?» mormora, e le sue mani si muovono subito verso di me, come per accertarsi che sia davvero di fronte a lui.

Non riesco a trattenermi. Sento la pressione accumulata di tutta la giornata esplodere, perciò mi butto tra le sue braccia. Un singhiozzo mi scappa, e prima che possa rendermene conto, le lacrime cominciano a scendere.

Lui mi stringe forte, senza fare domande, e io mi aggrappo al suo corpo come se fosse l'unica cosa che mi tiene ancorato a questa realtà.

«Ragazzino...» sussurra, mentre le sue mani mi accarezzano la schiena.

Sento qualcuno avvicinarsi, e alzo lo sguardo per vedere mia madre che ci osserva, preoccupata. «Jungkook, cosa è successo? Perché stai piangendo?»

Il corvino si volta verso di lei, ma non si sposta di un millimetro. Mi tiene ancora stretto, come per proteggermi. «Ha litigato con Jimin» asserisce con voce calma e sicura, inventando una scusa che suona credibile. «È stato un brutto litigio. Penso che abbia solo bisogno di calmarsi un po'».

Mia madre sospira, ma annuisce, anche se è evidente che non sia del tutto convinta. «Oh, capisco. Va bene... allora vi lascio soli. Vengo a parlare con lui più tardi». Dopodiché mi sorride leggermente e poi si allontana, lasciandoci nel corridoio.

Lui non dice niente, mi prende per mano e mi guida in camera mia. Una volta dentro, chiude la porta e si siede accanto a me sul letto. «Va tutto bene» ripete più volte, e le sue mani cominciano ad accarezzarmi i capelli, cercando di tranquillizzarmi. «Puoi parlarmi di qualsiasi cosa, sai?»

Vorrei rispondergli, vorrei dirgli tutto, ma le parole non riescono a uscire. Ho paura di quello che potrebbe pensare, di quello che potrebbe fare se scoprisse tutto. Chiudo gli occhi e cerco di riprendere fiato, ma il nodo alla gola non vuole sciogliersi.

Poi, improvvisamente, il telefono inizia a vibrare. Lo tiro fuori dalla tasca e vedo il nome di Jake comparire sullo schermo. Il cuore mi salta un battito, e il panico mi avvolge di nuovo. Taehyung vede lo schermo e si irrigidisce. «Perché hai il numero di quella testa di cazzo?» chiede, con una sfumatura di allarme. «E perché ti sta chiamando?»

Non riesco nemmeno a rispondere prima che lui afferri il telefono e risponda alla chiamata al posto mio, ma non dice nulla, vuole sentirlo parlare.

«Un'ultima cosa, mio piccolo Jeon» asserisce calmo, per poi fare una pausa, e riesco quasi a immaginare il suo sorrisetto malizioso che mi dà il voltastomaco. «Mi mancano le tue labbra».

E poi la chiamata si interrompe, lasciando solo il silenzio nella stanza.

Vedo le dita di Taehyung stringere il telefono così forte che mi chiedo come non si spezzi. «È un figlio di puttana» sussurra, con un tono che non gli ho mai sentito prima. La rabbia gli accende gli occhi, trasformando la sua calma in un fuoco che sembra sul punto di esplodere. «Ma che cazzo vuole fare?»

stepbrothers - taekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora