chapter two [Pau]

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2. SEMPRE "IL FIGLIO DI ERMES",
MA RACCONTATA DAL FIGLIO DI ERMES

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Non amo volare, non l'ho mai amato e onestamente sento tanto la mancanza della mia amata terraferma. Non mi capacito di come un mostro metallico così grande e allo stesso tempo così pesante possa sembrare così leggero e delicato in aria...è semplicemente inquietante.
Non so nemmeno come ci sono finito io su un aereo di linea in direzione Stati Uniti; se poi aggiungiamo che sono accompagnato da una ragazzina della mia età che dice -e dannazione a me che le credo- di essere figlia del Dio greco Apollo, allora qui si che le cose si fanno interessanti.
Tra l'altro Selene mi deve spiegare come ha convinto mia madre a lasciarmi andare a Long Island in un campo di addestramento per gente strana...si insomma, per figli di dei.
Lei -Aina Lairet Sánchez- è la classica mamma chioccia iper protettiva nei confronti di praticamente tutti, due settimane fa nemmeno mi faceva uscire nel mio quartiere -comprensibile, Barcellona può essere molto pericolosa-, ora invece sono qui, su un aereo, diretto a New York, senza di lei, con una quasi sconosciuta, in un campo che non si sa se esista davvero...a questo punto credo che Selene le abbia fatto violenza psicologica o davvero non si spiega. Non si spiega affatto come io sia effettivamente su questo volo.
Sentirò la mancanza di mia madre, anche di mio fratello Martin, del nostro cane, Peter; per non parlare del mio migliore amico, Alejandro. Non voglio mentire, non ho bisogno di mostrare la tipica facciata da macho-guapo per rendermi figo agli occhi di gente sconosciuta anzi, inizio già a pensare che forse lasciare tutta la mia vita per seguire una sconosciuta in un altro continente sia stata una pessima idea.

«hai paura?» mi chiede Selene seduta accanto me

«non amo volare...mai amato» risposando mentre guardo le cose americane dal finestrino

«siamo quasi arrivati, tra poco saprai anche chi è tuo padre» mi dice per cercare di rassicurarmi

«non avevi detto che ci voleva un po' per essere riconosciuti?» chiesi

«solitamente circa due o tre giorni, a volte appena metti piede nel campo, altri dopo molto tempo, altri ancora non vengono riconosciuti affatto» rispose

«e perché io dovrei essere riconosciuto subito?» chiesi

«hai ucciso una gorgone, qualsiasi Dio o Dea sarebbe fiero o fiera di averti come figlio»

Ammetto che quelle parole mi colpirono parecchio, avevo avuto coraggio a fare ciò che ho fatto lo devo ammettere, ma che Selene -lei così abituata- fosse rimasta stupita, beh, era una bella sensazione.

Dopo circa mezz'ora ero finalmente a terra, la mia amata, adorata, bramata terra. Selene aveva mandato qualcuno a prenderci in aeroporto per portarci sani e salvi -a detta sua- fino al campo.

«vedrai, non è male...solo stai lontano dai figli di Ares»

Io storsi il naso «come capisco che sono figli di Ares?» chiesi

Lei mi guardò con un sorriso divertito stampato sulle labbra «Ares» disse solamente

«è il Dio della guerra...si, ricevuto» risi, seguito da Selene

«non avere paura, so che è stato tutto molto improvviso e che lasciare la tua casa e la tua famiglia è un grande cambiamento...»

Dusk Til Dawn | Percy Jackson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora