Capitolo 13: la mia famiglia

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Lentamente, la vita riprese il suo ritmo, arricchita da una serenità che non avevo mai conosciuto.

Con Dadda, ogni esperienza, anche la più semplice, si trasformava in un piccolo tesoro.

Era incredibile come, nella quotidianità, trovassimo conforto e sostegno reciproco.

Quell'amore che sentivo per lui si era radicato in ogni aspetto della mia esistenza, come se ogni paura, ogni ansia del passato, avesse lasciato il posto a una nuova fiducia.

La nostra routine era fatta di momenti autentici, piccoli gesti che rafforzavano il nostro legame.

C'erano mattine in cui mi svegliavo con l'aroma del caffè che lui preparava in silenzio, lasciandomi quei dieci minuti in più di sonno.

Oppure serate passate a parlare di tutto e di niente, ascoltando la pioggia cadere fuori dalla finestra.

Una sera, durante una cena con Simo, Richi e Jas, mi resi conto di quanto la mia vita fosse cambiata.

Guardavo quei volti sorridenti attorno al tavolo e mi sentivo grata per avere accanto persone che avevano condiviso con me ogni sfumatura di questa trasformazione.

Loro erano la mia famiglia, quella che avevo scelto e che mi aveva scelta.

In quel periodo, non sentii più il peso del passato gravare su di me.

Le notti passate abbracciata a Dadda, protetta e amata, erano diventate il mio rifugio sicuro.

Sapevo che il mio passato non avrebbe mai avuto il potere di togliermi il futuro che stavo costruendo.

Le ferite che avevo portato dentro di me si stavano lentamente cicatrizzando, e ogni sorriso, ogni risata, ogni momento condiviso con Dadda e gli amici era una piccola vittoria.

Avevo finalmente imparato a lasciare andare, a vivere nel presente, accettando il mio passato senza lasciargli il controllo.

Un giorno, mentre camminavamo mano nella mano lungo il viale alberato del parco, Dadda si fermò e mi guardò intensamente, come se volesse dire qualcosa di importante.

Con un sorriso timido, mi chiese se avessi mai pensato a costruire un futuro insieme, a fare quel passo che avrebbe reso ufficiale ciò che già sentivamo nel cuore.

Mi sorpresi a sorridere, senza esitazione. La risposta era già lì, chiara e cristallina, come il cielo sopra di noi.

"Sì, ci penso spesso," risposi, stringendo la sua mano.

Sentivo la dolcezza di quel momento, il calore di sapere che entrambi immaginavamo un futuro insieme senza bisogno di grandi dichiarazioni.

Con Dadda, ogni passo era naturale, ogni pensiero condiviso nasceva spontaneamente, come se ci fossimo sempre conosciuti.

Da quel giorno, il nostro legame divenne ancora più forte.

Nei piccoli gesti quotidiani, si faceva strada una consapevolezza profonda: stavamo costruendo una vita insieme, giorno dopo giorno, senza fretta, senza pressioni. Bastava uno sguardo o un sorriso per capire che eravamo sulla stessa strada.

Cominciammo a sognare ad alta voce.

Parlavamo di come sarebbe stato vivere in una casa tutta nostra, di piccoli dettagli come le pareti che avremmo decorato con i nostri ricordi, i viaggi che avremmo fatto, i progetti che avremmo realizzato insieme.

Iniziavamo a immaginarci una vita fatta di semplicità, di quotidianità condivisa, come quella che già vivevamo ma con radici ancora più profonde.

Il tempo passava sereno, scandito da giornate sempre diverse.

Non lasciarmi quiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora