Capitolo 13

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Anne's pov

'Il vento sta cambiando, Anne. Abbi pazienza.' È questo quello che mi aveva detto il mio capo dopo che ero andata da lui a parlargli di come non stavamo facendo progressi, non con quei metodi a cui era tanto affezionato. Mi aveva guardata con quel suo solito sorriso, come un qualcuno che si era trovato di fronte a una pazza, una paranoica che si trovava lì solo per creare problemi, per rendere il suo lavoro più complicato.
Ero stata una sciocca ad affidarmi a lui, a credere che sarebbe cambiato qualcosa, avevo persino esitato di fronte a varie occasioni solo perché pensavo che avessimo davvero raggiunto un punto di svolta. Ma era stata tutta una fregatura, una presa in giro, ed ero ormai certa del fatto che nulla sarebbe cambiato con un idiota come lui al comando.

«Dannatissimo parassita, cafone, egoista, megalomane e vigliacco!» imprecai, per poi lanciare il mio distintivo sul tavolo.

«Chi ti ha fatta arrabbiare?» quando sentii la sua voce sussultai. Nell'ultimo periodo Abigail si era presentata diverse volte a casa mia senza mai entrare dalla porta principale e, ovviamente, aveva l'abitudine di apparire nei modi più spaventosi possibili.

«Merda, Abigail! Non puoi farmi visita come una persona normale? Finirai per farmi venire un infarto.» dissi, mettendo la mano destra sul mio petto: il mio cuore sembrava sul punto di esplodere.

«No.» disse solamente per poi superarmi e recuperare il mio distintivo.
La guardai per un po', sconvolta per quella risposta secca, ma infine sospirai e risi leggermente. In qualche modo riusciva sempre a farmi ridere.

«Hai dimenticato altri aggettivi?» chiese, esaminando il mio distintivo. Sembrava persa nei suoi pensieri.

«Forse un altro.» le risposi, e lei concentrò il suo sguardo su di me.

«Pusillanime.» dissi. Abigail mi guardò per qualche secondo senza dire nulla, accennò un sorriso e infine rise, senza ritegno, di gusto, come non l'avevo mai vista fare. Ogni cosa di lei mi faceva impazzire, mi riempiva di gioia e felicità: i suoi occhi, la sua voce, il suo sorriso, i suoi modi assurdi, ma quella risata, quella maledetta risata, stava diventando il mio suono preferito.
La mia mano era ancora ferma sul mio petto, e il mio cuore non era più fuori controllo a causa dello spavento ma a causa sua, di tutto ciò che le apparteneva, che continuava a farmi sentire completamente in balia. Non mi ero mai sentita così e, per quanto detestassi sentirmi in quel modo, non riuscivo a rinunciare a lei.

«Vuoi che ti cucini qualcosa? C'è...» iniziai a parlare ma Abigail scosse il capo.

«Vuoi qualcosa da bere? Ho tutto: alcolici, succhi, acqua...» Abigail scosse nuovamente il capo.

«Forse...»

«Devi solo sederti.» disse, continuando a giocherellare con il mio distintivo.

«Sì, posso farlo.» dissi, sedendomi sul divano più vicino. Improvvisamente l'agitazione aveva preso il controllo del mio corpo.

«Ho anche dei biscotti...»

«Anne...» mi richiamò, sorridendo. In altre circostanze mi sarei sotterrata per l'imbarazzo, ma ero pronta a morire di vergogna se ciò significava poter vedere il suo sorriso ancora per un po'.

«Quando ci sei tu divento una scolaretta imbarazzante.» ammisi, sospirando.

«Per quale motivo sei qui? C'è qualche problema?» le chiesi, senza mai staccare i miei occhi da lei. Come sempre indossava degli eleganti pantaloni neri, e sopra la sua solita camicia bianca indossava un gilet nero abbottonato oltre ad una giacca del medesimo colore, ma questa volta mancava la cravatta.
In ogni caso, il suo modo di vestire, mi faceva sempre girare la testa.

Stitches - May We Meet Again SequelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora