Angelo caduto

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Durante l'ora di volo non ho fatto altro che mangiare, giocare e girare per tutto l'aereo.

Ancora mancavano più di 9 ore di volo, la noia mi ha portato pure a contare quanti passeggeri c'erano in tutto l'aereo e quanti posti liberi aveva.

Dopo aver girovagato tra le varie classi mi soffermo di nuovo sul mio posto e noto che il mio vicino di sedile si è letteralmente sdraiato in tutti e tre posti.  Adesso gli faccio vedere io chi comanda.

La noia mi porta a disturbare le persone? Sicuramente si. Probabilmente sarò iperattiva, me lo diagnostico pure  da sola.

Noto davanti a lui una bottiglietta d'acqua, sopra il tavolino dal lato del finestrino.
Cerco sporgermi il più possibile senza scivolarci addosso, prendo una penna in prestito dall'hostess e inizio a bucare il tappo della bottiglia creando dei piccoli fori su di essa. Restituisco la penna e mi sporgo di nuovo verso il ragazzo comodamente sdraiato. Cerco di avvicinarmi il più possibile centrando la bocca socchiusa.

Inizio a contare, 1,2 e 3.

Spremo con entrambe le mani il collo della bottiglia centrando tutto il suo viso, si sveglia di botto tossendo attirando l'attenzione dei passeggeri accanto a noi. Inizio a ridere notando la sua espressione spaventata, con una mossa veloce mi strappa la bottiglia dalle mani, il suo movimento brusco mi fa perdere l'equilibrio, visto che ero in perfetta armonia con le  gambe divaricate, ciò mi porta a cadere sopra di lui sbattendo il fianco nel secondo tavolino del mio posto, inoltre ci diamo una bella testata.

<<Che cazzo ti passa per la testa ragazzina?>> si alza in modo brusco ma sbatte la fronte contro la visiera del mio berretto.

<<Hai occupato di nuovo il mio posto>> mi alzo dolorante mettendomi in una situazione poco carina. Il suo sguardo va oltre le mie spalle. <<Non hai niente da guardare, girati Jhonas>> urla contro qualcuno. <<Tu saresti pregata di alzarti da come sei messa ora, non credi?>> rivolge di nuovo il suo sguardo gelido contro di me. <<Hai già dato abbastanza spettacolo>> porto la testa all'indietro dopo la sua frase, non capendo a cosa si riferisse. Dopo un po' capisco che ero letteralmente piegata in un modo non molto consono ed elegante.

Mi ricompongo subito e sistemo il berretto.  <<Cos'è il cappello dei mocciosi?>> indica la mia testa.

I suoi occhi non trasmettono nulla.

Nemmeno un emozione.

Ma è la tonalità della sua voce che fa intendere la sua presa in giro.

<<Non mi rispondi?>> mi rimbecca uno di quei sorrisini malefici.

Continuo a osservarlo, continuo a capire a che gioco sta giocando. Non capisco se è il tipico ragazzo sicuro di sé, pronto a conquistare il mondo e tutte le cazzate delle ragazzine sovraeccitate che gli andranno dietro,  oppure un coglione rimasto con la sindrome di Peter pan, ma una cosa lo frega.

Io non sono loro. E lui questo non lo sa.

<<Sto parlando con te ragazzina>> sento gli schiamazzi dei suoi amici ridere al mio fianco.

Gli mostro uno dei miei miglior sorrisi e gli alzo il dito medio, mandandolo semplicemente a fanculo. Un sovrasto di voci come se fosse un coro impazziscono al mio gesto, tranne lui che mi afferra dal polso, tirandomi di nuovo verso il mio sedile.

<<Nessuno mi gira le spalle>> mi sorride, ma la mia attenzione è catturata dalle fossette che gli contornano il viso.

Ma non credo sia il momento di pensare alle sue fossette ne tanto meno al suo viso Amy.

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