Le margherite bianche ondeggiavano leggere al ritmo del vento. Sembravano disegnate da una mano gentile troppo perfette per essere reali. Laura avanzava a piccoli passi mentre le scarpe affondavano in quella distesa immacolata. Non sapeva come fosse arrivata lì. L’ultima cosa che ricordava era il buio della sua stanza e una lacrima che le bagnava il viso.Ora però tutto sembrava diverso. L’aria era fresca, pura e i suoni del mondo erano stati sostituiti da un silenzio surreale.
Camminava senza meta, trascinata da una forza che non sapeva spiegare. Poi vide Davide. Era in piedi nel mezzo del campo, con le mani in tasca e lo sguardo rivolto verso di lei. Il sole disegnava riflessi dorati tra i suoi capelli, come aveva sempre fatto. Indossava la stessa felpa grigia che portava la sera in cui l’aveva vista l’ultima volta, prima che tutto cambiasse.
Laura si fermò. Il cuore sembrava sul punto di esplodere. Era impossibile, eppure eccolo lì.
“Davide?” sussurrò, la voce incrinata dall’incredulità.
Lui le sorrise, un sorriso dolce, quello che l’aveva fatta innamorare. “Ciao, Lau.”
Il suono del suo soprannome uscì dalle sue labbra come una melodia dimenticata. Laura sentì le gambe cedere e cadde in ginocchio tra le margherite.
“Non può essere vero,” mormorò, scuotendo la testa. “Tu… tu sei…”
“Morto?” finì lui per lei con un sorriso ironico. “Già, me lo hanno detto.”
“Non è divertente,” rispose lei con gli occhi pieni di lacrime.
Davide si avvicinò fino a inginocchiarsi di fronte a lei. Le sue mani si mossero verso il viso di Laura, ma si fermarono a un soffio dalla sua pelle. Lei rabbrividì.
“Sei reale?” domandò incapace di trattenere le lacrime.
“Più di quanto tu creda,” rispose lui. “Ma solo per un po’.”
Laura sentì un nodo stringersi in gola. “Che significa? Perché sei qui? Io…”
“Shhh,” la interruppe Davide, posando un dito immaginario sulle sue labbra. “Non abbiamo molto tempo. Voglio solo vederti sorridere, Lau. Non mi piace ricordarti triste.”
Quelle parole la colpirono come un fulmine. Da quando Davide era morto, un anno prima, Laura aveva vissuto come un fantasma. Le sue giornate erano un susseguirsi di ore vuote, riempite dal peso del dolore e dai rimpianti. Non c’era stato un giorno in cui non avesse desiderato rivederlo, anche solo per un istante.
“E come posso sorridere? Tu non ci sei più. Ogni volta che penso a te, tutto quello che sento è il vuoto.”
Davide si sedette accanto a lei, sfiorando i petali delle margherite con la punta delle dita. “Non sono mai stato davvero lontano, Lau. Ogni volta che chiudi gli occhi e pensi a noi, sono lì. Quando cammini per strada e senti quella canzone che ci piaceva, sono accanto a te. E ora… ora sono qui davvero. Per te.”
Laura scosse la testa, le lacrime che scorrevano copiose. “Non è giusto. Non posso perderti di nuovo.”
Davide si voltò verso di lei, gli occhi che brillavano di una tristezza dolce e profonda. “Non mi hai mai perso, Lau. Non davvero. Il nostro amore non è finito. È solo cambiato.”
Quelle parole la colpirono al cuore. Guardò Davide, cercando di memorizzare ogni dettaglio: il modo in cui i suoi occhi si piegavano quando sorrideva, il modo in cui la luce del sole accarezzava la sua pelle.
“Raccontami di te,” disse lui all’improvviso.
Laura lo guardò sorpresa. “Ma tu sai già tutto.”
“Non quello che conta,” rispose Davide. “Raccontami come stai sopravvivendo. Raccontami cosa ti fa ancora ridere, cosa ti fa andare avanti.”
Laura abbassò lo sguardo, sentendo un peso enorme sul petto. “Non so se sto andando avanti,” ammise. “Ma cerco di ricordare ciò che amavi. Continuo a piantare i tulipani nel nostro giardino, come volevi tu. E guardo sempre le stelle la sera, cercando la tua preferita.”
Davide annuì, un sorriso dolce che non raggiunse del tutto i suoi occhi. “Continua a farlo. Continua a trovare pezzi di me nel mondo, ma promettimi che troverai anche te stessa.”
Laura lo fissò, incapace di rispondere.
“Lo so che sembra impossibile,” continuò lui, “ma non voglio che tu smetta di vivere per me. Voglio che tu viva per te stessa. Voglio che trovi la felicità, anche se non sarò lì a vederla.”
“Non posso,” sussurrò lei sentendo il vuoto aprirsi sotto di lei.
“Sì che puoi,” insistette Davide prendendole le mani. Questa volta, sentì il calore della sua pelle. Era reale. O almeno lo era in quel momento.
Restarono in silenzio per un tempo che sembrò infinito, le dita intrecciate mentre le margherite si muovevano attorno a loro.
“Davide,” disse Laura alla fine con un filo di voce. “Ho paura di svegliarmi.”
Lui sorrise, con una dolcezza infinita. “Non è un sogno, Lau. È solo un dono. Un piccolo frammento del nostro sempre.”
Le lacrime continuarono a scorrere mentre Laura si avvicinava a lui, poggiando la fronte sulla sua spalla. Sentì l’odore familiare di casa, di sicurezza.
“Ti amo,” sussurrò.
“E io amo te,” rispose lui stringendola con delicatezza.
Il vento si fece più forte, e Laura sentì il mondo cambiare. Le margherite iniziarono a dissolversi, una dopo l’altra, trasformandosi in piccoli bagliori di luce che salivano verso il cielo.
“Davide!” gridò lei, stringendolo con forza.
Lui si staccò lentamente, il suo sorriso ancora una volta dolce, ma pieno di malinconia. “Non dimenticarmi, Lau. Ma soprattutto, non dimenticarti di te stessa.”
E poi sparì, lasciando Laura sola nel campo ormai vuoto.
Si svegliò con il viso bagnato di lacrime, nella penombra della sua stanza. Per un momento, il dolore sembrò insopportabile. Ma poi, sentì qualcosa.
Sul comodino accanto a lei, c’era una margherita bianca come quelle del campo.