Una volta arrivata a casa, prendo l'accappatoio morbido e mi dirigo verso il bagno, un rifugio dove posso finalmente lasciar andare tutte le tensioni accumulate. Entro nella doccia e accendo l'acqua. La sento scorrere calda, quasi bollente, che abbraccia la mia pelle con una forza che inizialmente fa male, ma è un dolore che conosco bene. Non mi fa paura, non più. Con il passare degli anni, ho imparato a non sentire il bruciore. Mi lascia un segno, sì, ma è un segno che posso sopportare, che mi fa sentire viva.
Chiudo gli occhi e lascio che l'acqua mi scivoli sopra. La sua calda intensità sembra portare via tutta la fatica, tutto il peso che accumulo dentro di me. Il mio corpo diventa rosso sotto il getto violento dell'acqua, ma è una reazione che mi fa sentire in qualche modo purificata, quasi come se ogni goccia di calore stesse lavando via non solo il sudore della giornata, ma anche pensieri, ricordi, e sensazioni che non voglio più portare con me. Non so come spiegarlo, ma ogni volta che finisco una doccia così, mi sento più leggera, come se l'acqua avesse risucchiato tutto ciò che non riesco a liberarmi dentro.
Quando esco dal bagno, il viso mi brucia e il mio corpo è ancora caldo, arrossato. Cammino verso il corridoio con l'accappatoio che mi avvolge, ma so che Tina mi osserverà subito. È impossibile non notarla quando è preoccupata. Mi ferma nel corridoio, i suoi occhi scrutano ogni angolo del mio corpo.
"Tesoro, sei tutta rossa! Va tutto bene?" la sua voce è morbida, ma c'è preoccupazione. Mi guarda come una madre guarda un figlio che ha fatto qualcosa di sbagliato. La sua preoccupazione mi colpisce dritto al cuore.
Cerco di mascherare il malessere che ho dentro e riesco a forzare un sorriso. "Oh, sì, Tina. Tutto a posto. Ho solo messo l’acqua un po' troppo calda per sbaglio," dico, e la mia voce suona più convincente di quanto mi senta.
Lei mi scruta ancora per un attimo, ma poi sorride e annuisce, come se avesse deciso di credere alle mie parole. "D'accordo, tesoro, ma fai attenzione la prossima volta, ok?" Il suo sorriso è gentile, ma la preoccupazione nei suoi occhi non svanisce del tutto. Mi piace quando è così, ma mi fa anche male vederla preoccupata per me. Non so perché, ma questo pensiero mi lascia un senso di vuoto che mi segue anche dopo che mi allontano.
Mi dirigo in camera, il mio corpo ancora caldo per il calore della doccia, ma il pensiero di come mi sentirò più tardi mi distrae. Mi fermo davanti al letto e prendo la busta con il vestito che ho comprato poco prima con Noah e Grace. Lo estraggo delicatamente, e un'ondata di emozione mi invade mentre guardo il tessuto dorato che brilla alla luce fioca della lampada.
Il vestito è uno spettacolo: dorato, con paillettes che riflettono la luce come minuscole stelle, e i fili che decorano la parte inferiore del vestito sono come fili d'oro che sembrano danzare ad ogni movimento. La scollatura sulla schiena è audace, ma elegante. Sospetto che quando lo indosserò, la sua bellezza attirerà gli sguardi, ma non importa. La scollatura sul seno è delicata, non troppo profonda, ma seducente in modo sottile, proprio come mi piace.
Lo fisso per un momento, il cuore che batte forte. L’ho visto subito in negozio, e nonostante la sua audacia, ho sentito che era il mio vestito. Nonostante fosse più provocante rispetto a ciò che indosserei di solito, sentivo che lo avrei indossato con orgoglio. Del resto, anche Grace mi ha fatto provare abiti molto più audaci nei giorni precedenti, ma questo è diverso. È come se fosse stato creato apposta per me. C’è qualcosa in lui che mi fa sentire potente, come se mi donasse una sicurezza che non avevo prima.
Con un sorriso soddisfatto, lo appoggio sul letto, come se già immaginassi il momento in cui lo indosserò. Ogni dettaglio del vestito mi fa sentire più forte, più audace, pronta ad affrontare una serata che promette di essere unica.
Mi asciugo i capelli, poi, con l’aiuto di Tina, procedo a fare una piega dalle onde mosse e delicate che ricadono lungo le spalle, morbide e voluttuose, proprio come quelle delle star del cinema degli anni ‘20. Tina, esperta e attenta, maneggia la piastra con una precisione che quasi mi affascina. La sua mano, ferma ma gentile, mi guida, piastrando ogni ciocca e creando onde che sembrano quasi danzare sulla mia testa. Quando le ciocche sono perfette, lei le ripone con cura sulle spalle, soffiandoci sopra per non bruciarmi. Il suo gesto mi commuove, il suo essere così premurosa, come se ogni mossa fosse pensata per coccolarmi e farmi sentire al sicuro. In un’epoca dove la cura di sé sembra essere un atto di amore, Tina è la persona che più mi fa sentire apprezzata. Un sorriso mi scivola sulle labbra e, in un impeto di gratitudine, le lascio un bacio sul dorso della mano, un piccolo gesto che spero riesca a esprimere quanto le sia riconoscente.
Una volta terminata la piega, mi guardo allo specchio con soddisfazione e le chiedo di aiutarmi con il trucco, dato che non è mai stato tra le mie abilità migliori. Tina non batte ciglio, sempre pronta a soddisfare ogni mia richiesta con un sorriso. Mi applica un eyeliner perfetto, tracciando una linea sottile che esalta lo sguardo, come se volesse far risplendere i miei occhi in ogni riflesso. Poi è la volta del rossetto rosso, intenso e profondo, che risalta in modo sorprendente con il colore dell’abito che ho scelto. Il suo tocco è preciso e, mentre mi trucca, la sua mano accarezza il mio viso con delicatezza, come se stesse dipingendo una tela preziosa. Ogni gesto è un atto di cura, e in quel momento mi sento più bella che mai.
Dopo il trucco, mi precipito a cambiarmi, sentendo l’adrenalina crescere. Il vestito che avevo scelto si adatta perfettamente, la stoffa scivola sul mio corpo con una grazia che sembra non appartenere a me, ma che mi fa sentire come una nuova versione di me stessa. Indosso scarpe col tacco dorate a punta, che mi allungano la figura e mi fanno sentire potente, sicura di me. Mi guardo ancora nello specchio, e noto un altro dettaglio: il cinturino dorato con una piuma nera che adorno sulla testa, in perfetto stile anni ‘20. Quando mi osservo, mi sembra di scorgere qualcun altro nel mio riflesso, come se in un'altra vita, un’altra Ivy, avesse amato questo stile. È come se quella ragazza elegante, audace e sofisticata, fosse sempre stata dentro di me, pronta ad uscire.
Afferro la mia borsa nera dai dettagli dorati, elegante e sobria, e mi affretto ad uscire dalla camera. Tuttavia, mentre mi avvicino alle scale, la mia distrazione è totale: inciampo nei miei stessi pensieri, e per un attimo non vedo Haru che si avvicina di colpo. Ci scontriamo, e lui, con lo sguardo severo, mi fissa. C’è qualcosa nei suoi occhi che mi fa sentire immediatamente vulnerabile, ma non voglio che lui se ne accorga.
"Dove stai andando vestita così?" la sua voce è dura, ma c'è una punta di sarcasmo che mi mette subito in guardia. Mi guarda da capo a piedi, il suo sguardo si sofferma per un momento troppo lungo, come se cercasse di capire cosa stia cercando di comunicare con il mio abbigliamento.
“Che ti importa?” rispondo, più netta di quanto mi sarei aspettata, ma qualcosa nella sua espressione mi provoca. Mi guardo dentro e so che, forse, l’ho fatto apposta, che questa risposta forse voleva innescare qualcosa. Non so cosa, ma mi sono lasciata travolgere da una voglia di sfida che non riuscivo a frenare. L’ho fatto per ottenere una reazione, una qualsiasi. E lui non mi delude.
Lui si avvicina con una certa prepotenza, camminando come un predatore. Mi sento costretta a fare un passo indietro, mentre il suo corpo invade lo spazio intorno a me. La sua voce diventa più bassa, quasi un sussurro: "Forse è meglio che ti cambi, se non vuoi finire in bocca ai lupi."
Il mio cuore accelera, ma non so se sia paura o una strana eccitazione. Cos’è quello? Un segno di gelosia? Non capisco bene, ma qualcosa dentro di me reagisce. Lo osservo con freddezza, il mio sguardo si fa deciso, mentre sento un piccolo brivido risalire lungo la schiena. Perché dovrebbe importargli di come mi vesto? Cosa sta cercando di dire con quelle parole?
"Mi dispiace, Haru, ma credo che finire in 'bocca ai lupi' questa sera non sia poi una cattiva idea, dopotutto," rispondo, con un sorriso che cerco di mantenere indifferente, ma che in realtà è più provocatorio di quanto pensi. Mi allontano con passo elegante, cercando di non tradire la mia insicurezza. Il mio cuore batte forte, ma non lascio che lo veda. Supero Haru con aria superiore, consapevole che quella risposta l’ho data forse più a me stessa che a lui.
Cammino verso il vialetto dove mi attendono Noah e Grace. La mia mente è turbinante: forse quella provocazione, quella spinta a rispondere con fermezza, era proprio ciò di cui avevo bisogno per sentirmi viva, per sentire che, in qualche modo, il controllo della situazione è nelle mie mani.
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the eclipse
RomansaIvy ha vissuto un'infanzia spezzata: abbandonata in un'auto sotto il sole cocente dalla madre dipendente, il suo fragile destino è cambiato per sempre quando una sconosciuta l'ha salvata, portandola via dal suo incubo. Ma le cicatrici del passato no...