Nonostante febbraio sia il mese più corto dell'anno, sembra non finire mai. Le giornate sono lunghe, fredde, e la scuola è un continuo alternarsi di compiti e interrogazioni. Stamattina entro in aula con il solito ritardo strategico, giusto in tempo per la lezione di storia.
Noelle mi saluta con un cenno e un sorriso mentre sistemo i libri sul banco. «Pensavo non arrivassi più.»
«Tranquilla, non mi perdo il monologo della prof su Napoleone» rispondo con sarcasmo, anche se la mia attenzione è già altrove.
Eden è seduto al suo solito posto, vicino alla finestra. Ha gli auricolari infilati, anche se non potrebbe, e guarda fuori come se il mondo intero fosse irrilevante. Elias, seduto accanto a lui, gli dice qualcosa, ma lui risponde solo con un cenno della testa.
Josephine, naturalmente, è in piedi accanto al loro banco, con il suo solito atteggiamento da regina. Si piega leggermente verso il ragazzo, scompigliandogli i capelli biondi.
«Quanto ci scommetti che gli sta chiedendo di uscire?» sussurra Ava alle mie spalle, facendomi sobbalzare.
«Non mi interessa» mento, abbassando lo sguardo sul quaderno.
«Certo, certo...» si tocca i ricciolini biondi e sorride divertita. «Ti conosco troppo bene.»Durante la pausa, siamo tutti fuori in cortile. Elias gioca a lanciare una bottiglietta con Emy, mentre Noelle si lamenta dei compiti di biologia. Io sono appoggiata al muro, osservando distrattamente il resto della classe.
«Rhea, vuoi una mano per matematica?» mi chiede Eden, comparendo dal nulla al mio fianco.
Lo guardo, confusa. «Perché dovresti offrirmi aiuto?»
Lui alza le spalle, come se fosse ovvio. «Ti ho vista in difficoltà l'altro giorno.»
«Non mi serve la tua pietà.»
«Non era pietà.» Scandisce, il modo in cui mi guarda mi fa sentire vulnerabile. Fa spallucce voltandosi e si allontana dal gruppo.
La campanella suona e come ogni venerdì pomeriggio finisce in un caos totale. Io e Ava ci fermiamo davanti ai distributori. Lei armeggia con la macchinetta, mentre il mio sguardo vaga verso l'uscita.Vicino al portone c'è lui, in piedi con lo zaino appoggiato a una sola spalla. Parla con la ricciolina mora e non riesco a distogliere gli occhi. Non so se mi irrita più la sua vicinanza a lei o il fatto che lui sembri... indifferente a tutto.
«Rhea, la terra ti sta chiamando!» Ava mi passa il mio snack, ridacchiando.Riusciamo a radunare il resto del gruppo, siamo tutti diretti al bar, come sempre, e ogni passo sembra un invito alla battaglia nella mia testa. Non voglio pensarci, ma è impossibile non notare chi cammina qualche metro più avanti, con lei ancora al seguito.
Seduti al nostro solito tavolo, le risate e i discorsi si intrecciano. Elias lancia frecciatine su quanto Ava parli troppo, Noelle lo punzecchia dandogli del «drammatico», e io mi perdo di nuovo nei miei pensieri, sentendo solo frammenti delle loro voci.
«Rhea.» Una voce diversa mi fa alzare lo sguardo. Lui è lì, in piedi accanto al tavolo, con il solito sguardo indecifrabile.
«Parliamo un attimo?»
Non me l'aspettavo. Le conversazioni con lui non iniziano mai così, né di solito è lui a cercarmi. Gli altri ci guardano, qualcuno accenna un sorriso come a dire "che succede qui?", ma non fanno domande. Mi alzo, un po' esitante. «Certo.»Lo seguo fuori dal locale, dove l'aria è più fresca e i rumori del traffico coprono il chiacchiericcio che arriva dall'interno. Eden si ferma davanti a una panchina e si gira verso di me.
«Stai bene? ti vedo tra le nuvole oggi» chiede diretto, senza preamboli. Rimango interdetta. «Cosa?» «Centra Josephine?» Fa un cenno con la testa verso l'interno, dove la ragazza è ancora seduta con gli altri.
Il mio cuore accelera. «Non vedo perché dovrebbe darmi fastidio.» Cerco di sembrare indifferente, ma la voce mi tradisce.
Eden inclina appena il capo, come se stesse studiando ogni mia reazione. «Sicura? Perché non ti ho chiesto se ti desse fastidio.»
Sento il viso farsi più caldo, ma non ho intenzione di cedere. «Era sottinteso»
Lui sorride appena, quel mezzo sorriso che mi irrita tanto quanto mi affascina. «Non ti sto accusando. Volevo solo... sapere.»
«Beh, ora sai. Non mi importa.»
Rimane in silenzio per un momento, osservandomi con quegli occhi ambrati che sembrano sempre troppo attenti. Poi si limita a un «Ok» e si gira per rientrare.
«E tu?» Mi sento improvvisamente coraggiosa.
Lui si blocca a metà passo. «Io cosa?»
«Ti dà fastidio che parlo con gli altri? Isaac, per esempio, o... altri ragazzi?»
Eden si volta appena, un sopracciglio alzato.«Non sono il tipo che si preoccupa senza motivo, Rhea.»
Non aggiunge altro e rientra. Rimango lì, sospesa, cercando di decifrare il senso delle sue parole.
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Eclissi di luna e sole
RomanceFin dalle elementari, Rhea è una bambina socievole, curiosa e sempre pronta a ficcarsi in situazioni complicate. È l'opposto di Eden, un ragazzo silenzioso, ma astuto, che riesce a mantenere l'immagine del "bravo bambino" mentre dirige un gruppo di...