Capitolo 30 - Nel cuore dell'incubo

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Mentre Katherine, Denis e la squadra di poliziotti affinavano ogni dettaglio del piano, a chilometri di distanza, Samantha combatteva contro la disperazione.

Era legata a una sedia, i polsi stretti da corde così ruvide da averle ferito la pelle. La bocca era tappata con del nastro adesivo, che rendeva ogni respiro faticoso. Gli occhi, offuscati dalla stanchezza e dalla paura, erano abituati ormai alla luce intensa che inondava la stanza. Quella luce innaturale sembrava un’arma usata per logorarla, come se il tempo si fosse fermato.

La stanza era spoglia e sterile. Le pareti bianche riflettevano la luce delle lampade al neon, rendendo l’ambiente ancora più asettico e opprimente. Non c’era nulla: né finestre, né mobili, solo lei al centro della stanza e una telecamera montata in alto, che la osservava come un occhio onnipresente.

Samantha si sforzò di liberarsi, torcendo i polsi e muovendo le braccia, ma ogni movimento non faceva che stringere le corde. Il dolore le ricordava che la fuga da sola era impossibile. Doveva restare lucida, anche se la mente le urlava di cedere alla paura.

Un rumore improvviso interruppe il silenzio. Una porta metallica si aprì con uno stridio che le fece gelare il sangue. Una figura entrò lentamente. Era alto, completamente vestito di nero, con guanti e un passamontagna che gli copriva il volto. L’ombra che proiettava sembrava inghiottire la stanza, riducendola a un palcoscenico per il suo macabro spettacolo.

L’uomo si fermò davanti a lei, scrutandola con un silenzio inquietante. Poi si chinò, osservandola da vicino, e parlò con una voce fredda e senza emozioni:
«Ti starai chiedendo quanto durerà ancora questo gioco, vero?»

Samantha trattenne il respiro. La voce aveva un tono disturbante, ma c’era un controllo calcolato dietro ogni parola.

«Il tempo non è importante», continuò. «Per loro, là fuori, sei solo un obiettivo. Per me… sei il cuore di tutto. Voglio vedere fino a che punto si spingeranno per te. E, alla fine, voglio vedere se sopravviveranno al peso delle loro scelte».

Le sue mani guantate si mossero verso di lei, lente, quasi teatrali. Rimosse il nastro dalla sua bocca, ma Samantha rimase in silenzio. Sapeva che qualsiasi parola avrebbe potuto essere usata contro di lei.

«Brava», disse l’uomo, accennando un sorriso che lei non poteva vedere ma poteva percepire. «Silenziosa. Razionale. Ti concedo questo. Ma presto dovrai fare una scelta, Samantha. E sarà interessante vedere cosa sceglierai».

Lasciandola ancora legata, si rialzò e si diresse verso la porta. Prima di uscire, si fermò e guardò indietro. «Presto saranno qui. Mi chiedo quanti di loro torneranno vivi.»

La porta si richiuse con un suono metallico, un colpo secco che fece tremare le pareti. Samantha rimase di nuovo sola, con il cuore che le martellava nel petto. Non poteva sapere quanto fosse vicina la sua salvezza, né quanto fosse vicina la sua possibile fine.

Mentre cercava di respirare a fondo per calmarsi, notò un dettaglio che non aveva colto prima: accanto alla telecamera, c’era un orologio digitale montato sulla parete. I numeri rossi lampeggiavano, segnando un conto alla rovescia che indicava poco più di otto ore. Cosa sarebbe successo se il timer fosse arrivato a zero?

La telecamera continuava a osservarla, silenziosa, come se tutto fosse parte di uno spettacolo orchestrato alla perfezione. Ogni secondo che passava sembrava un’eternità, e Samantha sapeva che, se voleva sopravvivere, doveva restare vigile. Forse la sua unica speranza era che Katherine e gli altri arrivassero prima che quel timer si esaurisse.

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