Capitolo 14

17 5 2
                                    

24 Maggio


Erano anni che Aziraphale non amava il mese di maggio. Quello che per la natura è un mese ricco e fiorente, per lui era il mese dei lutti e delle grandi rotture.
Ma non quell'anno.
Quell'anno maggio gli era piaciuto. Maggio lo aveva emozionato, appagato. Maggio era riuscito a distrarlo dai vecchi e cupi pensieri.

Di quel maggio avrebbe ricordato la calca per le sue dediche a Torino, il castello da sogno a Piacenza, le soddisfazioni a Ferrara.
Ma in particolare l'espressione corrucciata di Crowley nello stand dell'Alpha Centauri. La sua mano sotto la sedia che si rilassava dopo il contatto con la sua. Le dita che si intrecciavano.
Avrebbe ricordato la peluria di Crowley resa scura e riccia dall'acqua della Iacuzzi nella loro suite, l'odore della sua pelle dopo l'idromassaggio. La morbidezza dei suoi capelli umidi. Quella luce diversa che aveva nello sguardo. Quella luce che si era portato dietro anche a Ferrara. Dove quella chioma fulva lunga fino a metà schiena rifulgeva nella lunga via delle Volte. E di fronte alla cattedrale. E davanti al Castello Estense dove quella notte si erano fotografati insieme. (La prima fotografia insieme. Per Fell la prima fotografia in assoluto in compagnia di qualcuno per cui provasse...)
Quella notte di fuoco puro ma silenzioso nell'hotel in cui oltre loro soggiornava mezzo ufficio. La pelle del palmo di Crowley sotto i suoi denti per trattenere i gemiti. Quella colazione a letto a leccare la marmellata dal naso di Anthony. Il pubblico del Salone del Restauro entusiasta dei suoi progetti. E in fondo, tra il pubblico, quelle ciocche rosse, quegli occhiali scuri, quelle mani perfette che applaudivano proprio lui.

Il mese era iniziato divinamente e proseguito a gonfie vele.
Erano riusciti a vedersi ogni fine settimana. I capitoli da finire erano ormai pochi ma la costanza era la chiave del successo.
Non potevano staccarsi troppo dalla storia, dall'ambientazione, dalle teste dei personaggi; non a quel punto. Per cui avevano proseguito e proseguito. Riletto e sistemato. Aggiunto e modificato. E scritto, scritto, scritto. Insieme. Ogni finesettimana. Tra il divano e lo studio di Anthony. Tra il letto e la scrivania di Aziraphale. Avevano battezzato ogni angolo delle rispettive case. La moderna scala minimalista in cui si appollaiava Anthony per scrivere lo aveva visto inginocchiarsi ed essere preso così, con il giallista in piedi qualche gradino più in basso che mormorava il suo nome nel suo orecchio ("Aziraphale... Aziraphale quanto...").
Il weekend successivo, il primo dal clima più caldo che mite, si erano accoccolati a rileggere le pagine sul prato, fresco di taglio, del suo giardino e lì, protetti e galvanizzati dalla tarda ora si erano concessi la prima sessantanove completa sotto il cielo, Fell a osservare le rade stelle dietro quel sedere marmoreo, la brezza marina a completare quel quadro.

Poi una mattina uno spazzolino da denti rosso era spuntato nel suo bagno. Poco dopo essersi svegliato lo aveva trovato lì, a tenere compagnia al suo in bambù e il suo cuore aveva perso dei battiti. Tutto andava bene, troppo bene.

Solo qualcosa mancava a completare il tutto.
Avrebbe voluto dire qualcosa a Crowley. Due parole.
Che non era solo sesso, scrittura, cibo da asporto (la sacra triade dell'edonismo di Fell). Che poteva portare anche qualche maglia oltre lo spazzolino. E delle pantofole. O dei boxer oppure...

Era certo di amare Anthony Crowley. Inutile negarlo o girarci intorno. Non c'era altro nome per definire il sentimento che lo legava a lui.
Amore. Amore come di rado aveva provato. Amore a un livello che forse non aveva raggiunto mai. Ed era quasi certo di essere ricambiato. Lo sentiva nell'aria. Lo annusava. Tutto negli atteggiamenti di Anthony delle ultime settimane sapeva d'amore. Aziraphale glielo aveva letto negli occhi, nei silenzi, tra parole non dette.


Eppure voleva essere lui a dichiararsi per primo. Eppure non ci riusciva.
Per quanto avesse masticato quelle due brevi e semplicissime parole che voleva comunicare a Crowley, non riusciva a pronunciarle. Nemmeno attraverso perifrasi o metafore. Lui che con le parole era sempre così a suo agio.
Non aveva alcun problema a riempire Anthony di piccoli complimenti o di Mi piaci, specialmente durante le coccole con ancora fiumi di ormoni in circolo, ma i sentimenti veri erano ben altro. Sapeva di essere pronto, eppure temeva di correre troppo.

In ambito sentimentale non era di certo cintura nera. Non aveva mai detto di volere bene neppure a sua madre (né tantomeno lei glielo aveva mai lontanamente accennato a parole). Né tantomeno a suo padre o suo nonno, non finché erano stati in vita, almeno. E le rade volte che si era dichiarato a qualcuno era sempre finita male. Oppure malissimo.

Aveva anche vigliaccamente pensato di affidare a Publio il discorso imbastendoglielo per Gaio. Per vedere la reazione di Anthony. Ma avrebbe complicato le cose. E non era giusto ingarbugliare le vite di due personaggi innocenti per il proprio tornaconto. Gaio e Publio avevano la loro storia, i loro passi grandi e piccoli, le loro magagne come tutti. Ma gli affari di Aziraphale riguardavano solo lui. E Anthony.

Allora aveva anche meditato di comunicare quello che provava in altra forma. Nel secondo piano della sua casa, nell'unica stanza di quel piano che davvero utilizzava, aveva realizzato bozzetti su bozzetti dedicati a Crowley. Disegni, carboncini, acquerelli. Ma non era mai soddisfatto del risultato. Era da troppo che non ritraeva qualcuno. E trovarsi a rappresentare quello scrittore in dettaglio gli faceva tremare le mani come fosse la sua prima esperienza. Non sarebbe mai stato in grado di cogliere quella bellezza fulgida e ruvida allo stesso tempo.

Ma quel venerdì gli sembrava cruciale. Erano ormai agli sgoccioli della prima stesura. L' intreccio era ormai sciolto. Il giallo risolto. Il colpevole smascherato.
Ma andava sciolta e risolta la vicenda umana. Quella dei due protagonisti. Che da padrone e liberto si erano, pagina dopo pagina, caso dopo caso, pericolo dopo pericolo, avvicinati gradualmente. C'era stato un bacio. C'era stato un salvataggio. C'erano stati vari momenti di vicinanza. Ma andava stabilito per bene come concludere la loro storia. E se concluderla davvero. Se lasciare uno spiraglio per un secondo volume. Se lo spiraglio andava dichiarato o no. Se socchiudere la porta o lasciare spalancato il portone. Se sbattere il cancello con un allontanamento all'ultimo minuto (l'ipotesi per cui gongolava Gabriele Angeli ma che per Isabella Zebu era fuori discussione. "Di storie queer chiuse male ne è già pieno il mondo".).

Dovevano dunque impegnarsi e passare l'ultimo (l'ultimo?) finesettimana a racimolare idee e buttarle per iscritto. Fell rinunciò alla serata di allenamento delegando il suo secondo sensei (non lo faceva spesso, ma ora che anche gli esami di graduazione erano passati, poteva permettersi qualche ora per sé) e organizzò una serata che sicuramente avrebbe aiutato lui e Anthony a fare chiarezza. Sulla conclusione della storia. E chissà, magari quel programma gli avrebbe estorto giusto un paio di parole.

Rimase in ufficio più a lungo. E lì aspettò Crowley. Era felice che egli avesse superato i sentimenti negativi legati a quel luogo. Dopotutto era capitato loro di fare altri brevi sopralluoghi a Ostia Antica. Ed era andata sempre meglio. Stavolta Crowley avrebbe guidato da solo fino al parcheggio del personale. E Aziraphale fu fiero di lui, dal momento che aveva accettato subito il luogo dell'incontro.


Poco prima dell'ora stabilita, Fell congedò Muriel e nella sua stanza personale si cambiò la camicia per indossarne una di lino color carta da zucchero. Lasciò lì la giacca, data la temperatura calda di quella giornata di fine maggio, ma si assicurò di avere l'orologio d'oro nel panciotto.

Chiuse l'ufficio di persona, avendo mandato via in anticipo anche i custodi, e, arrivato al parcheggio, notò con piacere la Bentley nera.

Anthony portava i capelli legati in una sorta di mezza coda e indossava un'insolita camicia bianca su uno dei suoi emblematici jeans skinny neri.

Aziraphale non resistette e gli corse incontro, gli portò le braccia al collo e lo baciò. Il rosso parve colto di sorpresa. Contraccambiò il bacio ma in maniera molto rapida, poi si scostò e guardò intorno, come a verificare se vi fossero altre auto posteggiate oltre le loro.
"Buonasera Anthony."
"An... Angelo. Siamo soli?"
"In effetti. Ho mandato via tutti." E non riuscì a trattenere una risatina.
"È per questo che hai marinato la palestra? Mi ha fatto strano non vederti. Non credevo fosse una cosa da te, salvo questioni di vita o di morte."
"Ma questa lo è. La tua editrice vuole la prima stesura completa entro fine mese o il nostro scalpo, ricordi?"
"Come posso dimenticare una cosa che quella bestia di Satana mi ricorda ogni giorno?"
"E allora eccoci qua. Pronti per l'ultimo sprint." E fece il gesto di scrivere con la tastiera con le dita.
"Qua. Credevo avessi organizzato che so, una cena, un tour, una serata, oppure... Cioè, non credevo qui, ecco."

Aziraphale rise. "Oh, ti aspettavi un appuntamento?" fece una smorfia maliziosa.
"Appuntamento... Non intendevo per forza un appuntamento. Pensavo solo a qualcosa di più intimo. Oppure una passeggiata magari in spiaggia, o..."
"Non scriveremo qui, Anthony. Non ho nemmeno il portatile. Però ho pensato che potrebbe venirci qualche idea sulla scena finale. Anzi, venirti. La struttura ossea del romanzo è tua, tuo è l'incipit e vorrei che fossero tue anche le ultime parole."
"Così mi angosci però."
"Vieni con me. Forse c'è qualcosina che ho organizzato."
"Lo sapevo! Cosa? Vado bene vestito così? Dobbiamo infilarci in qualche scavo archeologico in corso? Queste scarpe sono poco..."
"No. Anzi. Ti sta molto bene questa camicia." E con lo sguardo insistette sull'ampio petto di Anthony e su quel bottone al centro di esso che sembrava essere in seria difficoltà a tenere la camicia chiusa proprio in quel punto.
"Ngk. Grazie."
E il direttore gli fece strada verso la zona del mitreo.

"Quaggiù non eravamo mai arrivati. Che zona è?"
"Siamo quasi arrivati al fiume."
"Al fiume? C'è il Tevere qui?"
"Certo. Sai nuotare, vero Anthony?"
"Che razza di domanda è? Vuoi farmi entrare nel Tevere? Sei impazzito? Ci serve la leptospirosi per finire il romanzo?"
Aziraphale esplose in una risata: non riusciva più a tenere Crowley sulle spine.
"Fidati di me." Lo prese per mano e condusse dietro di sé con un'altra risatina.
E gli mostrò il piccolo molo sul fiume e il battello con timoniere che aveva riservato interamente per loro.

"Sai almeno stare seduto su una barca senza protestare troppo?"
Anthony aveva sollevato gli occhiali da sole sopra la testa e fissava con sguardo sognante la piccola imbarcazione.
"Credo di sì."

Il conducente guidò il battello contro la corrente del Tevere, verso nord e poi la barca seguì l'ansa del fiume.
"C'è ancora un'importante zona di Ostia che non ti ho mostrato e che devi assolutamente vedere prima di scrivere la parola fine."
"Fine? Parliamo sempre del romanzo, sì?" Crowley arrotolò le maniche della camicia ai gomiti, sembrava agitato e accaldato. Aveva di nuovo gli occhiali da sole sul naso.
"Certo, caro. Qualche bollicina?" Il professore raggiunse la tavolata che aveva fatto predisporre e fece accomodare il rosso di fronte a sé. Prese due calici e li riempì di champagne. Poi posò la bottiglia e tolse il coperchio a un vassoio d'argento. Aveva voluto evitare di riservare anche un cameriere per avere maggiore privacy. Annusò gli aromi marittimi provenienti dal piatto: ostriche gratinate allo champagne, ostriche marinate allo zenzero, crudo di scampi e gamberi. salmone marinato, tartare di tonno. Ogni pietanza era disposta a comporre cerchi concentrici nel grande vassoio.
Anthony aveva tracannato il primo bicchiere.

"Proviene tutto da Petronius. Fa delle cose incredibili con le ostriche."
Crowley pareva titubante. "Non ho mai assaggiato un'ostrica."
"Oh. Lascia che ti tenti allora."

Per quanto avesse scelto lui ogni dettaglio del menù, Fell non era affatto pronto a osservare Crowley assaggiare e mangiare ostriche per la prima volta, con le labbra che scorrevano all'interno del guscio e la lingua che acciuffava quel frutto di mare. Si sentì accaldato e sfilò il gilet.

"Come ho fatto a perdermi una cosa del genere finora?"
"Non saprei. Magari non hai avuto, che so, la compagnia giusta..." osò l'archeologo.
Crowley rise. "Da ragazzo sono stato molto selettivo sul cibo. Una consistenza simile non l'avrei mai tollerata." Mando giù con entusiasmo un'altra ostrica. "Quando poi ho iniziato ad avere un po' di sale in zucca ci si sono messe la malattia e le terapie. È solo qualche anno che ho superato davvero l'ageusia. Dopo la chemio non riconoscevo nemmeno il caffè dal cioccolato."
"Oh scusa, non ne avevo idea. Ma adesso è tutto okay, sì?"
Crowley finì un altro calice di champagne, si allungò verso il suo orecchio e mormorò scandendo: "Adesso riesco a sentire ogni sapore. Ogni minima variazione nel gusto della stessa... Sostanza". L'enfasi sull'ultima parola mese i brividi al biondo.

Ostrica dopo ostrica, calice dopo calice, conclusero quell'aperitivo giusto in tempo per l'attracco del battello.

Aziraphale si ricompose e fece da guida al suo ospite presso l'area di Portus. Il sole stava tramontando e la temperatura più mite rese piacevole la loro passeggiata. Piuttosto che sul grande lago esagonale traianeo che intravidero appena, si soffermarono sulle mura, sui magazzini del'antico porto e specialmente sul portico di Claudio, che riguardava il periodo storico di loro interesse. Anthony, reso più oscillante e flessuoso del solito dallo champagne, osservava tutto con interesse e ogni tanto sembrava assorto, Fell sperava che la scena finale bussasse in qualche modo alla sua porta. Lui preferiva tagliarsene fuori. Odiava scrivere i finali. Provava serie difficoltà a separarsi dalle sue storie.

Seguirono il volo di un cormorano lungo la darsena e lì, quando ormai era buio fu Anthony a prenderlo per mano.
Aziraphale si sentì il cuore in gola. Poteva essere il momento adatto. Tutta la situazione pareva ottimale, l'atmosfera era carica di elettricità. Ma sentì la bocca secchissima e il respiro morirgli nel petto. Non ce la faccio, non ce la faccio, non ce la faccio. Magari non ricambia. Magari è una cazzata. Magari sto andando troppo veloce.

"Angelo, guarda."
Il rosso gli stava indicando dei tenui bagliori che lampeggiavano tra le fronde.
"Oh, lucciole. Non ne avevo mai viste qui. Non ci ero mai stato di sera."
Lucciole! Persino le lucciole!
"Forse non avevi la compagnia adatta." Lo schernì di rimando lo scrittore. Avvicinarono i volti. Fell inspirò l'odore di Crowley misto a quello dello champagne e dello zenzero. Ma all'improvviso Anthony fu come scosso da una scarica elettrica. Scattò a prendere il telefono dalla tasca.
"Scusa scusa scusa. Un flash! Forse ci sono. Forse ci siamo!" Fell gli si accostò e lo vide aprire le note del telefono. "Oh, ci siamo!" "Ci siamo! Ma devo scriverla subito, ho paura che quest'immagine esca subito... non so nemmeno se sia valida sono un po' brillo, potrebbe anche essere una stronzata." "Buttala giù! Poi la rivediamo insieme se vuoi."
"Certo che voglio." Digitò in fretta delle sigle. "Arriviamo alla barca? La troveremo lì?"
"Sì, certo. Eric è rimasto ad aspettarci."

Passarono il viaggio di ritorno semiabbracciati su uno dei divani bianchi in fondo al battello. Con Anthony che con violenza digitava le parole sbagliandone una ogni tre e cancellando e riscrivendo con ancor più violenza. "Sono diventato disgrafico porco cazzo."
"Anthony tranquillo, butta giù, correggerai poi." Cercò di rilassarlo con dei baci dietro il collo.
"Ostriche, champagne, battelli e baci sul collo non stanno aiutando la stesura di questa bozza, angelo." "Scusa" rise il biondo.

Quando riattraccarono presso il piccolo molo del Parco di Ostia antica, Crowley aveva appena rimesso il telefono in tasca.
"Vavoom. Basta. Finito. Domani a mente lucida rileggiamo insieme e mi fai sapere."
"Sono d'accordo. Sei in vena per qualcosa... In particolare, adesso?" lo avvinghiò con entrambe le braccia.
"Spiaggia."
"Spiaggia?"
"Sì, ti prego. Necessito di una spiaggia. L'ultima scena è ambientata in una spiaggia. Di sera. So che il paesaggio attuale è ben diverso, ma chissà. Magari mi rendo conto che sia tutto da cestinare."
"Allora è meglio non andare." Iniziò a baciargli la mandibola.
"Andiamo con la Bentley?"


La luna era pressoché piena e si specchiava nel mare, quasi perfettamente calmo.
Avevano scelto una delle spiagge libere più tranquille e appartate del lungomare e in effetti erano completamente soli.
"Credevo avessi portato il telescopio."
"In realtà no, ho solo questi." Posò sulla sabbia due grandi teli mare. "Speravo di poter ricevere un' ispirazione dal mare."
"E cosa dice il mare? Approva le ultime pagine?"
"Sì."
"Posso saperne qualcosa? Una piccola anticipazione?"
"Credevo avessi letto quasi tutto."
"Ero senza occhiali."
"Oh beh. In due parole... Gaio e Publio beh, sono lì lì per separarsi."
"Oh no."
"Aspetta. Publio vuole che Gaio si faccia una vita, per conto suo, non vorrebbe che fosse sempre associato a lui, che venga riconosciuto per sempre come un liberto."
"Ma un liberto è già un uomo libero, ma resta comunque un liberto Anthony."
"Ma alla fine Gaio lo convince e partono insieme. Parlano, parlano molto. Ma la parte del dialogo è da rivedere, mi serve il tuo aiuto. Per quanto riguarda l'ambientazione è sera, passano per una strada piena di lucciole e poi raggiungono la spiaggia. E le ultime righe riguardano la decisione della loro partenza. Insieme."
"E dove vanno?"
"Questo non si sa. Non lo so."
"Spiraglio aperto."
"Spiraglio aperto. Che ne pensi?"
"Pozzuoli? Pompei?"
"Non lo so. No, dicevo, che ne pensi di tutto?"
"Che ci sta benissimo. È un bel finale Anthony. Ho bevuto troppo anche io per esprimermi davvero per bene, ma domani ci mettiamo sotto." E continuò a guardarsi le scarpe che si sporcavano di sabbia.
"Sei libero anche di sabato mattina questa settimana?"
"In realtà non proprio, ma posso liberarmi."
"Selvaggio. Prima marini la palestra, poi anche l'ufficio. Stai diventando un dark horse, professor Fell."
"Beh ci sono validi motivi. Stiamo facendo davvero l'ultimo passo."
"Abbiamo praticamente finito."
"Già."
Anthony fissava il mare, si erano guardati pochissimo durante quel dialogo. Anche Fell evitava il suo sguardo. Il momento che temeva da mesi. Il momento della parola fine nel romanzo. Il momento dal quale non ci sarebbero state più scuse lavorative per passare intere giornate con quell'uomo meraviglioso era davvero vicinissimo.

"Beh comunque non è proprio una fine fine, no? Se dovesse andare bene. Se le vendite saranno buone, se ci saranno le condizioni..." Anthony era serio, aveva la fronte corrugata, respirava appena.
"Ovviamente sì, certo. E quest'estate dobbiamo renderlo in inglese, non dimentichiamolo."
"E chi lo dimentica, mio padre freme. Muore dalla voglia di farci da beta per la traduzione."
"Dai, che bello. Salutamelo sempre, eh!"
"Ti vorrebbe come ospite almeno una settimana quest'estate. Me lo ripete ogni volta che ci sentiamo."
"Ah. Oh."
"Se potrai, se sarà possibile, ovviamente."
"Certo."
"Certo?" chiese Anthony in un soffio.
"Beh le editrici in UK dovremo incontrarle sicuro, no? Ma vediamo prima di concluderlo davvero questo capolavoro." Iniziò a giocare con la ciocca che sfuggiva sempre all'elastico di Crowley. "E dobbiamo passare al vaglio di Sandalfone prima di poter iniziare a tradurre."
"Per Satana, che ansia. Ma perché abbiamo vinto il tuo di editor, non ricordo?"
"Decisioni dall'alto. Immagino perché sia comunque un romanzo prevalentemente storico."
"Uff." sbuffò in maniera plateale.

Poi Anthony si alzò e dal nulla iniziò a sbottonarsi la camicia.
"Cosa stai facendo?"
"Faccio il bagno. Con questa luna ci sta benissimo un bagno di mezzanotte."
"Ma sei impazzito? È maggio. L'acqua è freddissima anche di giorno, figurarsi di notte."
"Ho fatto il bagno in Scozia una marea di volte. Che vuoi che mi faccia il Tirreno a maggio?"
"Prenderai freddo. Domani avrai mal di testa e non riusciremo a scrivere."
"Quanto sei noiosetto professor Fell. Nessuno ti sta obbligando a seguirmi." Lo provocò lanciandogli i pantaloni addosso.
"Bene, perché non lo farei mai."
"Peccato. Potremmo scaldarci un po'." Si sfilò anche le mutande nere e corse verso la battigia.

Aziraphale Fell ci mise dieci minuti buoni ad entrare in acqua fino al petto. Non era affatto certo di aver digerito la cena di pesce e tutto quell'alcol e temeva una brutta congestione.
"Che follia mi fai fare! Staremo una settimana a letto."
"Non mi sembra un brutto programma."
"Malati. A letto malati!"
"Non succederà nulla. Dai arriva fino a qui, che ci scaldiamo. Mi hai chiesto tu se sapevo nuotare proprio oggi, eh!"
"Ma se dovesse arrivare qualcuno?"
"E che c'è il divieto di balneazione notturno? No, non mi dire! Abiti qui e non hai mai fatto un bagno di notte?"
"No, mai."
"Quante cose da recuperare, professor Fell."
In due bracciate Aziraphale lo raggiunse e lo avvinghiò da dietro. "Sei gelido. Come pensi di scaldarmi?" chiese fintamente minaccioso mentre batteva i denti. "Non ci asciugheremo mai."
"Casa tua è a cinque minuti, rilassati."
Anthony si voltò, fece immergere ancora un po' Aziraphale che si ritrovò semiseduto e gli si sedette sulle cosce. A gambe aperte. E lo baciò sulle labbra.
"Hai tenuto le mutande."
"Mi sembra il minimo."
"Quelle no che non si asciugheranno e beh, comunque non lasciano molto spazio all'immaginazione." Ne indicò la trasparenza data dall'acqua.
Aziraphale lo zittì con un bacio. "E chiudi questa bocca, stasera sei insopportabile. Cos'è stato, lo champagne?"
"Le ostriche, semmai."
Lo strinse più forte e i loro peni induriti nonostante l'acqua fredda entrarono in contatto.
Anthony con le braccia cingeva le spalle di Aziraphale che iniziò invece a torturargli la schiena con le mani, pigiando con le dita, vertebra dopo vertebra a godere di ogni ansito proveniente dalle bocca incollata alla sua. Poi lo fece voltare. Crowley non oppose resistenza. Fell lo agguantò per la chioma fulva, prese in mano l'elastico dai capelli e legò quella massa incredibile più in alto sulla testa. "Almeno non ti bagni la testa." "Anthony continuando a dargli le spalle si appoggiò sul suo bacino. "Dove serve sono perfettamente bagnato."
Aziraphale gemette e si posizionò meglio sotto quei glutei tesi, poi portò una mano sul sesso dello scrittore, turgido e perfettamente eretto.

Gli baciò il collo, poi trascinò la bocca sulla clavicola ma iniziò a non sentire gambe e piedi dal freddo.
"Anthony? Possiamo proseguire a casa?"
"Come il mio direttore richiede."



Dopo aver sbattuto la porta raggiunsero a malapena il salottino. Crowley si spogliò con foga e si lanciò su uno dei divani. Fell lo seguì. Il rosso si posizionò in ginocchio, le braccia appoggiate su uno dei braccioli. Completamente nudo, totalmente esposto.
"Dove eravamo rimasti, direttore?"
"Esattamente qui." Aziraphale pose il volto tra quelle chiappe perfette e vi annusò e assaporò il mare. Il punto più intimo di Anthony a contrario di tutto il resto del corpo era incredibilmente caldo. Lo leccò con foga, disegnando degli otto con la lingua tra l'anno e la zona del perineo fin sotto i testicoli. Poi si tirò su e si inginocchiò dietro di lui. Essere ospitato da Crowley era qualcosa cui non si sarebbe mai abituato. Pareva sempre così stretto e avvolgente ma allo stesso tempo elastico. Lo penetrò in una sola spinta cui il rosso rispose ansimando forte il suo nome.

"È stato terribile guardarti assaggiare quelle ostriche stasera. Ho rischiato di prenderti così, sulla barca in mezzo al fiume."
"E dire che era il tuo menù. E tua doveva essere la tentazione."
Fell spinse ripetutamente più forte e Anthony seguì perfettamente il suo ritmo.
Il biondo lo afferrò da dietro sul petto andando a coprirgli ciascun capezzolo con le mani. "E quella camicia... Perché hai tolto quella camicia? Te l'avrei tolta io, a morsi."
"Ah quella. Mi sta un po' stretta in effetti da quando ho ripreso ad allenarmi per bene."
"È perfetta." Come te. Tu sei perfetto.


Avevano a malapena iniziato ma Fell era già a un passo dall'apice.
"Anthony, scusa. Tutte quelle ostriche, tutto quell'alcol, io beh..."
"Vieni, vieni tranquillo Aziraphale. Sono tutto tuo."

Bastò quell'ultima parola appena mormorata a far esplodere il piacere di Aziraphale Fell che si spinse del tutto dentro quel buco perfetto e quasi dolorosamente eruttò emettendo un urlo bollente.

Si sentì quasi in colpa a essere venuto così, da solo, dopo pochissimo dall'inizio dell'amplesso. Iniziò a baciare Anthony su quel petto incredibile, poi scese giù seguendo la peluria mossa e pensava di dedicare attenzioni al suo sesso così, ma il rosso sussurrò: "No, non oggi. Direttore, voltati."
Aziraphale rise emozionato e si inginocchiò appoggiandosi sull'altro bracciolo del divano, nella posizione speculare a quella che Anthony aveva assunto fino a pochi minuti prima. E fu il suo turno di ricevere quella grazia, quel calore, quella passione.

Anthony spingeva come un dannato, non perse mai il fiato, le sue cosce vibravano rumorosamente sui glutei morbidi del biondo e mentre pareva davvero lontano dall'orgasmo invece colpì Fell a fondo, quasi a sorpresa, riversandosi dentro di lui mentre gli sussurrava: "Aziraphale. Angelo. Io ti a-a..spetto di là."



La mattina seguente Fell si svegliò con lo sfrigolio e l'odore di qualcosa che friggeva. Era solo nel suo letto. Le lenzuola dalla parte di Anthony erano state sollevate ordinatamente. Si tirò su. Aveva dormito come un sasso come non accadeva da tempo.

Raggiunse Crowley in cucina e lo trovò, come aveva immaginato, ai fornelli, a far girare una sorta di omelette su una padella. Non lo aveva immaginato però a dorso nudo.
"Che mossa!"
"Hai visto? Tutto esercizio di polso!"
"Ha proprio un buon profumino."
"So che preferisci la colazione dolce ma non ho trovato granché e avevo paura di svegliarti se fossi uscito." Spense il fuoco.

"Ah Anthony. A proposito." Gli indicò un portachiavi da muro dietro la porta della cucina. Ne prese un mazzo con un fiocchetto giallo.
"Vorrei che... Beh che tenessi queste. La chiave rosa è per il cancello esterno, questa blu è della porta di casa."
Anthony lo guardava con occhi sgranati. Si appoggiò a un tavolo. Per fortuna non aveva la padella in mano.
"Mi... Mi stai dando le chiavi di casa tua."
Si sedette sulla prima sedia che trovò.
Anche Fell era senza fiato ma si sforzò di non darlo a vedere. "Certo, per ogni evenienza. Preferirei avessi un mazzo tutto tuo."
"Tutto mio. Ok. Sì. Ok. Bene. Grazie."
Aziraphale cercò un modo per far passare quella tensione. Prese due piatti, diede le spalle all'uomo che continuava a fissare il mazzo di chiavi come fossero le chiavi del cancello del paradiso e divise la colazione.

La mattinata passò tra la stesura di quelle che erano davvero le ultime pagine e la camera da letto. E il bagno. E di nuovo la camera.
Nel primo pomeriggio si dichiararono soddisfatti. Avevano riletto gli ultimi cinque capitoli e tutto tornava, filava perfettamente. Erano in qualche modo riusciti a sciogliere tutti i nodi. E a lasciare un finale aperto ma non troppo.

"Complimenti Anthony. Sei un grande scrittore." Il rosso era steso sul divano, con la testa sulle sue cosce e lui gli accarezzava quei crini di rame.
"Senti chi parla, senza di te non avrei scritto un cazzo di tutto ciò."
"Eh no, io senza di te non avrei scritto nulla. Tue sono state le idee brillanti. Io sarei stato ancora davanti a quel word candido che mi scherniva. Tu hai creato una storia, un piccolo mondo."
"Abbiamo creato, semmai, un mondo. Insieme. Dovremmo, che so, festeggiare? Cosa fa Fell di solito quando conclude un'opera?" si tirò sui gomiti e fissò gli occhi aurei nei suoi.
"Buon Dio, nemmeno ricordo più. Lavoro, forse? Beh, dipende. Cosa fa Crowley quando conclude un'opera?"
"Voglio portarti in un posto. Stasera. Sei libero?"
"Oh, no, sono occupatissimo proprio stasera..." arricciò il naso.
"Mi stai prendendo in giro."
"Certo. Sono liberissimo."

Crowley lo accompagnò a riprendere l'auto e si ritrovarono poi nel suo appartamento, dove il rosso stava sistemando lettiera e ciotole per la gatta.
Poi, mentre Fell era sul divano ad accarezzare Tina, Crowley annunciò che sarebbe andato a cambiarsi. Poi l'archeologo lo sentì chiudere la porta della camera e sbraitare al telefono (o ce l'aveva con qualche pianta?).
Riapparve dopo svariati minuti. Completo blu notte che gli calzava a pennello e cravatta argentata.
"Caspita. È un posto così elegante? Io non ho messo nulla di particolare."
"Sei perfetto. Come sempre."
"Oh."


Quando Crowley parcheggiò la Bentley sotto la torre idrica dell'Eur il motivo del suo look fu chiaro.
"Stai scherzando."
"In che senso?"
"Hai prenotato al Fungo? Come accidenti hai fatto? Di sabato sera?"
"Un tavolo era miracolosamente ancora libero un'ora fa."
"Non ci credo."
"Anche io ho i miei trucchi, ricordi?" Gli fece l'occhiolino e scese ad aprirgli la portiera.

Il cuore di Aziraphale pareva impazzito e non accennava a tornare a ritmi umani.
"Non sarà come il Ritz di Londra, ma il rooftop ha il suo perché."
"Non ci sono mai stato."
"The Snake conosceva il proprietario, ma neppure Antonio Crolli è mai stato qui."

Giunti al quattordicesimo piano un cameriere in livrea li accompagnò al loro tavolo, davanti a una delle grandi finestre panoramiche che affacciava sul lato del Palazzo della Civiltà Italiana e della Basilica dei Santi Paolo e Pietro.

Fell continuava a scorrere il menù con lo sguardo ma in realtà non riusciva a mettere a fuoco nemmeno una parola stampata.
Più che l'occasione per festeggiare la fine della stesura di un romanzo quel posto emanava vibrazioni di proposte, promesse, dichiarazioni.
In ogni tavolo intorno a loro coppie giovani o meno giovani brindavano o si tenevano per mano.
Possibile che Anthony volesse...
No. Smettila. State festeggiando la stesura di quella sudata prima bozza. E dello sventato Armageddon che avrebbe provocato la Zebu nel caso non aveste finito entro la prossima settimana. Smettila di leggerci altro.

Nel frattempo Crowley che stava mantenendo gli occhiali da sole ordinò da bere.
"Tu cosa prendi?"
"Io? Io non lo so. Non ho ancora deciso." Gli uscì la voce stridula che lo accompagnava ogni volta che mentiva.
"È tutto okay, angelo? Non ti piace il menù o il posto o..." chiese a voce bassissima.
"È tutto bellissimo. Solo non capisco cosa ho voglia di... Mangiare."
Non era pronto. Non era pronto nemmeno quella sera. Il romanzo era finito e lui non sarebbe mai riuscito a dire ad Anthony che era davvero innamorato di lui.

Tornò il cameriere e riempì i loro calici.
Crowley si schiarì la voce.
"Cin?"
Avvicinò il suo bicchiere a quello di Aziraphale.
"Cin cin!"
"Allora, brinderei al romanzo."
"Al romanzo, allo splendido mondo che hai creato."
"Al nostro mondo allora."
"Al nostro mondo."


Di quella serata Fell avrebbe ricordato il crepuscolo sulla città che lentamente si rilassava, le tovaglie chiare, l' ottimo vino abruzzese, il delizioso tonnarello cacio e pepe e la cravatta argentata dell'uomo che amava ma a cui nemmeno in quell'occasione fu in grado di comunicarlo.

Avrebbe ricordato anche il dopocena che non fu esattamente come si aspettava.
Quando fu passato oltre un quarto d'ora da quando Anthony era corso a chiudersi nel suo bagno, Fell osò bussare sulla porta.
"È tutto okay, caro?"
Dall'altra parte provenivano colpi di tosse e versi di sforzo.
"Non... Non proprio. Non entrare."
"Non mi permetterei mai. Ti occorre qualcosa?"

Dopo un po' fu Crowley a invitarlo a entrare, lo chiamò più volte con voce roca.
"Eccomi, come stai? Hai preso freddo ieri! Io lo dicevo che non era una grande idea quella del bagno di notte.." ma non appena entrò in bagno, si ammutolì. Lo trovò seduto a terra sul tappetino, con la testa appoggiata al mobile del lavabo. I capelli legati e madidi di sudore, il volto rigato di lacrime e scosso dai brividi. Aveva entrambe le mani sull'addome, una proprio all'altezza della cicatrice.

Fell gli si inginocchiò davanti. "Anthony, oh mio Dio. Stai male? Ti ha fatto male qualcosa? Abbiamo esagerato col vino?"
"Scusami, scusami davvero." Mormorò debolmente abbassando lo sguardo.
"Anthony non dire scemenze, non c'è nulla di cui ti debba scusare."
"Io lo sapevo che sarebbe successo."
"Successo cosa?" Fell non riusciva a respirare. L'idea che quell'uomo potesse stare davvero male lo colpì come una sberla in pieno volto. Avrebbe preferito stare male lui. Qualsiasi cosa purché...
"Questo". Gli mostrò le mani tremanti. "Che sarei esploso. Che non avrei accettato che... Sono troppi giorni che trattengo tutto, tutto dentro e lo sapevo che..." e il resto fu incomprensibile perché fu scosso dai singhiozzi.

Con calma Fell seguì i tempi dell'altro, lo aiutò a tirarsi su, a sciacquarsi la faccia e lo accompagnò in camera da letto. Poi gli portò un grosso bicchiere d'acqua.
"Vuoi parlarne?"
"Ho. Ho paura."
"Di cosa? È qualcosa per cui posso aiutarti?"
"Sono giorni, quasi settimane che..." fece una lunga pausa. Finalmente lo guardò negli occhi. Le iridi rese ancor più dorate dalle sclere arrossate. "Che ho paura che sia. Finita. Oggi. Oggi è finita."
"Anthony ti prego, mi stai spaventando."
"Il romanzo è finito. La storia è finita. Il nostro lavoro per ora è finito. Non è detto che tu..." Si guardò intorno come a cercare dell'aria da inspirare con forza. "Ho paura che sia finito... Tutto. Questo. Noi."

Fell inspirò e iniziò a capire.
Il rosso proseguì. "Io credevo... Io non... Io non voglio che sia finita. Ma abbiamo finito di scrivere. La storia è finita. Ora dobbiamo lasciare decantare. Dobbiamo sentire gli editori. Ci sarà l'editing, forse la traduzione e comunque tutte cose che possiamo fare ciascuno per conto proprio. E non voglio che tu ti senta costretto a..."
"Anthony, ti prego. È davvero questo che ti spaventa? Non c'è, che so, dell'altro?"
"Lo so che è una cazzata, che non dovrei nemmeno..."
"Anthony, non è finita. Non finisce niente. Questo. Noi."
"Oh."
"Anche se abbiamo finito. Ma non abbiamo finito. Abbiamo tutta la parte post stesura da affrontare. Ma anche se avessimo finito, tu, beh tu... Non ti libereresti di me così facilmente."
"Sul serio?"
Fell si stese a fianco a lui. Cercò le dita dell'altro con le sue. Inspirò e provò a vuotare il sacco. Quel sacco strabordante da settimane. Ma le parole fuoriuscirono in maniera disordinata, non come avrebbe voluto. "Quello che intendo è che... Anthony. Io. Io sto bene con te. Non dobbiamo avere scuse lavorative per vederci. Per me possiamo, assolutamente, il romanzo non c'entra più nulla. Possiamo stare, comunque... Credevo fosse chiaro che io..."
Non riuscì a concludere quella sudatissima frase perché l'altro iniziò a baciarlo. Ed era un bacio umido e salatissimo. E anche Fell iniziò a lacrimare e proseguirono così. Lingue danzanti e lacrime per svariati minuti. Finché non rimasero senza fiato.

Quando si staccarono, Crowley aveva smesso di tremare e lo fissava. Ad Aziraphale gli occhi bruciavano ancora per il pianto. Ma non c'era il terrore di prima nello sguardo dello scrittore. Fell gli baciò una mano, dito per dito. Poi tornarono a respirare in maniera regolare e il rosso si stropicciò gli occhi. Aziraphale iniziò a fargli dei grattini dietro le spalle per farlo rilassare. "Proviamo a riposare un po'?" "Sì, grazie."
Pochi minuti dopo Anthony respirava in maniera ritmica. Si era addormentato. Fell gli toccò la fronte per capire se fosse accaldato e si chinò a stampargli un bacio sulla testa. "Dormi bene, amore mio."
Ma non si rese conto che l'altro non era perfettamente addormentato.
Si voltò dal lato opposto e cercò di prendere anche lui sonno; il giorno dopo, anche se domenica, avrebbe dovuto recuperare svariati impegni lavorativi.
Intanto Anthony che gli dava le spalle pianse silenziosamente di gioia.

La mattina dopo Aziraphale si alzò per primo e notò con piacere che aveva addosso l'odore dell'ammorbidente delle lenzuola di Anthony. In bagno, di fronte allo specchio, sfilò con orgoglio un lungo crine fulvo che gli si era intrecciato alla peluria del petto. Quando aveva aperto gli occhi si era trovato avvinghiato a lui.

Euforico ed elettrizzato dagli ultimi avvenimenti iniziò a camminare per l'appartamento dell'altro mentre si poneva duecento domande al minuto. Ma quindi? Era stata una dichiarazione? Stavano insieme, ora? Insieme, insieme? Anthony era dunque il suo ragazzo? Ma a quarantaquattro anni si diceva ancora ragazzo? Ma soprattutto lui, a quarantasei anni suonati aveva ancora bisogno di queste etichette ragazzo/non ragazzo/fidanzato o quello che era? Non poteva semplicemente godersi il tutto così come veniva?

Sussultò quando gli squillò il telefono. Non erano ancora le otto di mattina. Di domenica.
Ma soprattutto trasalì quando comprese da chi proveniva la chiamata.
Era il numero personale del ministro.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 20 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Penna d'angelo, penna di demoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora