7-CHI HA AGGREDITO LIAM

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Mi svegliai con il solito suono della sveglia che mi faceva venire voglia di restare a letto ancora un po', ma sapevo che la giornata mi stava già aspettando. I miei fratelli, come al solito, non si erano svegliati con la stessa calma. Appena misi piede fuori dalla mia stanza, il suono di una posata che volava contro la parete mi fece alzare gli occhi al cielo.

"Non è possibile," borbottai, chiudendo la porta dietro di me per evitare di farmi coinvolgere nel solito caos mattutino.

Scesi le scale e mi trovai subito immersa in un'atmosfera familiare, ma che in quel momento mi sembrava un po' troppo rumorosa. Il profumo di erba si mescolava con l'odore di caffè e toast, come se fosse una costante nelle nostre mattine. Mi trattenni dallo sbuffare, ma non riuscivo a fare a meno di notare l'odore che aleggiava nell'aria. Non era la prima volta che accadeva, e ogni volta mi dava quel fastidio che non riuscivo a spiegare.

"Smettetela di fare casino!" dissi a Charis e Arden, che evidentemente avevano avuto una specie di guerra con le posate, facendo volare un cucchiaio contro il muro.

"Ma è stato Arden!" rispose Charis, ridendo, mentre cercava di afferrarlo.

"Non c'entro io!" protestò Arden, lanciandogli un coltello.

Mi limitai a guardare, annuendo lentamente. La scena era ormai una routine quotidiana, come la puzza di fumo che si mescolava alla colazione.

"Se non la smettete," dissi con un sorriso forzato, "non entrerò nemmeno in cucina."

"Selene, è troppo presto per essere così drammatica," ribatté Charis, mettendosi a ridere.

Mi allontanai dalla tavola e uscii di casa in fretta, sperando che l'aria fresca mi potesse liberare da quel fastidioso odore. La scuola sarebbe stata un po' di respiro.

Arrivai a scuola senza troppi intoppi, ma mentre mi sedevo in aula, mi accorsi subito che qualcosa non andava. La sedia accanto alla mia, quella dove Liam di solito si sedeva, era vuota. Lo guardai rapidamente, ma non c'era traccia di lui. Rifiutai di credere che stesse facendo assenza senza motivo.

Alla fine, mi avvicinai a Miriam, che stava chiacchierando con qualcuno all'ingresso della classe.

"Non l'hai visto oggi?" le chiesi, cercando di mantenere un tono casuale.

Miriam scosse la testa. "No, Selene. Non l'ho visto. Neanche ieri. Strano, non è da lui."

Mi sentii improvvisamente tesa, come se un peso mi fosse piombato addosso. Non era possibile che Liam fosse sparito così senza spiegazioni. Qualcosa non tornava.

Passai la mattinata in un misto di preoccupazione e frustrazione. Ogni volta che cercavo di distrarmi, il pensiero di Liam, assente e lontano, tornava a farmi sentire vuota.

Durante l'intervallo, cercai di parlare con Rayan, ma come al solito, lui era distante e freddo.

"Rayan, hai visto Liam oggi?" gli chiesi, cercando di non sembrare troppo insistente.

Lui alzò un sopracciglio, guardandomi con uno sguardo indifferente. "Non mi interessa," rispose semplicemente. "E comunque, non è un mio problema."

"Sei sempre così di ghiaccio," risposi, cercando di non far trapelare la frustrazione.

Rayan si limitò a scrollare le spalle, come se non fosse affar suo. Mi allontanai senza aggiungere altro, il cuore sempre più stretto dalla preoccupazione.

Poi, proprio quando pensavo che la giornata non potesse peggiorare, il mio telefono vibrò. Era un messaggio di Liam.

"Selene, devi ascoltarmi. Mi hanno aggredito. Sono in ospedale. Non venire, ti prometto che sto bene. Ma voglio che tu sappia che non è finita qui. Chiunque si metta tra noi, lo pagherà."

Leggere quelle parole fu come una doccia gelata. Liam, aggredito? Chi avrebbe potuto fare una cosa del genere?

Il cuore mi batteva forte nel petto, ma la mia mente era frenetica. Chi lo aveva fatto? Perché? E soprattutto, cosa c'era dietro tutto questo?

Mi fermai un attimo a respirare, cercando di calmarmi. Non avevo tempo per panico. Dovevo andare da lui. Dovevo sapere cosa stava succedendo davvero.

La paura mi attanagliava, ma una cosa era chiara: non avrei lasciato che rimanesse da solo in quella situazione.

Non ci pensai due volte. Il cuore mi batteva forte mentre mi dirigevo verso l'ospedale. Avevo il volto teso e la mente in subbuglio, ma non potevo fermarmi. Non volevo immaginare cosa potesse esserci dietro quell'aggressione, ma sapevo che dovevo stare al suo fianco. Liam non avrebbe mai voluto che lo vedessi preoccupata, ma io non riuscivo a fare a meno di esserlo. Il pensiero che qualcuno avesse osato fargli del male mi bruciava dentro.

Quando arrivai all'ospedale, chiesi subito della sua stanza. Una volta indicata, mi diressi senza esitazione verso quella porta, sentendo il peso delle mie scarpe sul pavimento linoleum. La luce soffusa dei corridoi sembrava un contrasto strano con il turbinio di pensieri che avevo in testa. Arrivai alla porta della sua stanza e la spinsi piano.

Liam era disteso sul letto, la testa appoggiata su un cuscino bianco e l'espressione più serena di quanto mi aspettassi, considerando la situazione. Non sembrava ferito gravemente, ma la sua pelle pallida e il cerchio scuro sotto gli occhi mi fecero capire che probabilmente l'incidente lo aveva scosso più di quanto avrei voluto.

Quando mi vide entrare, il suo viso si illuminò di un sorriso che mi fece sentire un po' più sollevata, ma il suo sguardo tradiva comunque una preoccupazione che non riusciva a nascondere.

"Selene," disse con voce rasposa, "non dovevi venire."

"Sì, dovevo," risposi, avvicinandomi al letto con passo lento. "Cosa è successo? Chi ti ha fatto questo?"

Liam fece un gesto con la mano, cercando di scacciare l'argomento. "Non è niente di grave, davvero. Sono solo... un po' malconcio."

Mi sedetti accanto a lui, cercando di non lasciar trasparire tutta la paura che avevo provato in quei minuti che avevo passato a correre verso l'ospedale. Non volevo che lui vedesse quanto mi aveva scossa la sua assenza, il suo messaggio.

"Non mentire," gli dissi, guardandolo dritto negli occhi. "C'è qualcos'altro, vero?"

Liam fece una breve pausa, come se stesse cercando le parole giuste. Poi, con un sorriso più forzato, allungò una mano verso il comodino accanto al letto. Prese qualcosa che avevo notato solo ora, nascosta tra le sue coperte. Una rosa, delicata e perfetta, con i suoi petali neri, come se fosse uscita da un sogno oscuro.

"Per te," disse, porgendola con una lieve inclinazione della testa. "Volevo darti qualcosa che ti ricordasse che, anche quando non ci sono, io ci sono sempre."

Mi sentii colpita da quelle parole, e un nodo mi si formò in gola. La rosa nera era un regalo tanto semplice quanto carico di significato. Non solo perché era bella, ma per quello che rappresentava: un legame che nonostante tutto sarebbe rimasto intatto.

"Perché una rosa nera?" chiesi, cercando di mascherare l'emozione che mi aveva invaso.

Liam sorrise debolmente. "Perché è il simbolo di chi resiste, anche quando tutto sembra andare storto. Come noi."

Mi sentii sopraffatta da quell'intensità, da quel suo modo di parlarmi che mi faceva sentire come se fossimo davvero una cosa sola, anche quando le cose sembravano complicate e il mondo intorno a noi crollava.

"Ti prometto che ti proteggerò, Selene," aggiunse con voce più ferma, guardandomi con quegli occhi verdi che ora sembravano pieni di una determinazione che non avevo mai visto prima. "Ma tu devi stare attenta. Questo non è finito."

Mi chinai verso di lui, prendendo la rosa e poggiandola accanto a me sul letto. Il mio cuore batteva forte, ma non sapevo più se fosse per la paura o per qualcosa di più profondo. Gli presi la mano, cercando di trasmettergli più coraggio di quanto ne avessi in quel momento.

"Siamo insieme in questo," dissi, senza esitazioni. "E io non ti lascerò mai."

Liam mi strinse la mano, i suoi occhi pieni di una gratitudine silenziosa. Sapevo che ci aspettavano giorni difficili, ma in quel momento, mentre ci guardavamo senza parole, capii che sarebbe bastato per superare tutto.

E mentre la luce della finestra filtrava attraverso le tende, illuminando la rosa nera tra le nostre mani, sentii che, nonostante tutto, forse la fine non era poi così vicina come avevamo pensato.

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