Francesca
Non riuscivo più a dormire dopo aver scoperto di Hanna. Ogni volta che chiudevo gli occhi, il suo volto mi appariva, pallido, spezzato, eppure pieno di dignità. Era una ferita che non smetteva di sanguinare.
Mi alzai dal letto lentamente, il freddo della stanza mi attraversava la pelle come una lama. Mi avvicinai alla culla della piccola Lidia, osservandola respirare tranquillamente, inconsapevole del peso che le gravava intorno. Le accarezzai la guancia con delicatezza, e lei fece un leggero movimento con le labbra, come se stesse sognando.
«Ti prometto che non conoscerai mai l’oscurità che ha divorato tua madre,» sussurrai.
Non potevo restare lì a guardarla dormire mentre il mio cuore era in tumulto. Avevo bisogno di vederla un’ultima volta. Hanna. La sua tomba era l’unico luogo dove avrei potuto trovare una qualche forma di pace, se mai fosse possibile.
Mi girai verso la balia, seduta su una vecchia sedia di legno con lo sguardo basso e le mani strette in grembo. La osservai per qualche istante, cercando di scorgere qualcosa nei suoi occhi, ma c’era solo un velo di tristezza e rassegnazione.
«Francesco non viene mai a trovarla?» chiesi, la voce quasi spezzata dall’amarezza.
Lei alzò lentamente lo sguardo e scosse il capo. «No, mia signora. Non è mai venuto. Neanche una volta.»
La guardai, così fragile e inconsapevole del peso che portava sulle spalle. La presi delicatamente in braccio mentre continuava a lamentarsi con quei piccoli versi che solo i neonati sanno fare. «Shh, mia piccola Lidia» le sussurrai.
La balia si avvicinò e avvolse la bambina con una coperta ricamata, calda e morbida, per proteggerla dal vento pungente di Hyperborea. Indossai il mantello, nero con il rivestimento viola che rifletteva la regalità che mi era stata imposta, e non scelta.
Presi in braccio la piccola, i suoi soffici capelli rossi erano identici a quelli di Hanna. Le baciai delicatamente la testa, cercando di trattenere le lacrime. Il suo profumo dolce e innocente mi spezzava il cuore ogni volta. Indossai il mantello nero, con l’interno di velluto viola che contrastava con il mio abito, e uscii dalla stanza. La piccola si dimenava tra le mie braccia, emettendo piccoli lamenti.
Fuori dalla casa, il cielo di Hyperborea era grigio e pesante, quasi a voler piangere per ciò che avevamo perso. La tomba di Hanna si trovava nella cattedrale, nascosta accanto all’altare dedicato a Santa Lucia. Stringendo la bambina al petto, mi incamminai lungo le vie deserte del sentiero, sentendo gli sguardi furtivi del popolo che si affacciava dietro le finestre.
Attraversai il portone pesante della cattedrale. L’interno era freddo e silenzioso, illuminato solo dalla luce tremolante delle candele. Ogni passo riecheggiava lungo la navata, mentre i miei occhi cercavano il luogo in cui riposava Hanna. Mi fermai davanti a una lapide semplice, incisa con queste parole:
"Regina Hanna, martire del suo popolo."
Le lettere, scolpite nel marmo chiaro, sembravano urlare silenziosamente la tragedia della sua vita. Mi inginocchiai davanti alla tomba, stringendo ancora la piccola Lidia. I suoi capelli rossi brillavano nella luce tenue delle candele, come una fiamma viva che rifiutava di spegnersi.
Il suo popolo la odiava. Hanna, con tutte le sue contraddizioni, era stata amata solo da pochi, e io ero tra quelli. La decisione di seppellirla nella cattedrale non era stata di Francesco, ma mia. Non avrei permesso che il suo corpo venisse gettato nei campi e lasciato a marcire nell’oblio. Era mia sorella, la mia carne e il mio sangue, e meritava un luogo dove il ricordo di lei potesse sopravvivere.
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Francy- la maledizione dell'imperatrice
FantasyFrancesca, temuta piratessa dei mari, cerca vendetta contro l'Imperatore Francesco, l'uomo responsabile della morte di suo padre, capitano di una nave incaricata di recuperare un prezioso diamante. Spinta dall'odio, Francesca guida un'impietosa camp...