La cena, il segreto e l'addio

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Gli ultimi mesi volano via come una brezza leggera, portando con sé le ultime procedure per l'anno all'estero e una serie di verifiche che tormentano il nostro gruppo. Nonostante lo stress, riesco a ottenere risultati sorprendenti. Abbiamo trovato un ritmo di studio efficace: pomeriggi interi passati in biblioteca, circondati dai libri, a fare esercizi e a condividere appunti.
A volte, ridiamo del fatto che abbiamo finalmente capito come studiare solo quando la scuola sta per finire. Elias scherza spesso, dicendo che ormai possiamo andare avanti e diventare geni in qualsiasi campo.
E poi c'è Eden. Le cose tra noi sono rimaste complicate, un intreccio di sentimenti non detti e tensione. Ci sono giorni in cui parliamo come se nulla fosse, e altri in cui il silenzio è così denso che riesco a malapena a respirare. Ci sono momenti in cui mi chiedo se a lui mancherò una volta che sarò lontana, o se semplicemente continuerà la sua vita come se nulla fosse. Non so come rispondere a questa domanda, ma la verità è che io penso a lui molto più di quanto vorrei.

Un venerdì sera, solo noi ragazze decidiamo di andare a una festa. È una di quelle serate in cui tutto sembra più divertente, più leggero. Ridiamo, scherziamo, e per un momento dimentichiamo tutte le pressioni scolastiche e personali. Ava e Noelle sono le prime a lanciarsi in pista da ballo, Emy parla al telefono con il suo ragazzo, mentre io e Josephine ci fermiamo a chiacchierare vicino al tavolo delle bevande.

Dopo qualche scambio di battute leggere, mi faccio coraggio e le chiedo di San Valentino. Voglio sapere la verità.
Josephine sorseggia il suo drink, poi sospira. «Ho incontrato Eden per caso, sai? Stava camminando con una scatola di cioccolatini in mano. E... beh, abito in quella via, quindi ho pensato che fossero per me.»
Le sue parole mi colpiscono come un pugno. Annuisco, cercando di non far trasparire troppo le mie emozioni. «E poi?»
«Ho fatto due più due, Rhea. Era San Valentino, ero lì... lui era lì...Ma ora che ci penso... sembrava più strano del solito.»
Rifletto sulle sue parole.  Josephine sorride, ignara del turbine di pensieri che mi frullano in testa, e torna a ballare con le altre.
Io, invece, rimango lì, immobile, a fissare il bicchiere vuoto, capendo che Eden ha detto la verità quel giorno. Vorrei chiamarlo, ma non ha il telefono...forse glielo dovrei regalare per il compleanno, ma ogni volta non riesco mai a festeggiarlo poiché sto sempre in vacanza con mia madre.
Rimetto il telefono nella borsa e mi unisco prendendo per mano Emy che sembra turbata, ma forse è una mia impressione, levo i pensieri dalla testa e balliamo andando verso le nostre amiche.

I giorni seguenti cerco di capire come mi sia scappato tutto questo tempo per studiare. Quando il campanello della porta suona, mi affretto ad aprire e Ava entra come un tornado nel mio salotto. Intanto chiudo il libro di matematica lanciandolo sul divano.
«Finalmente!» esclama, lasciando cadere la borsa sul pavimento. «Ti sto cercando tutto il giorno!»
La guardo, confusa. «Cos'ho fatto stavolta?»
«Non rispondevi al telefono!» continua lei, con il tono drammatico di chi sta salvando il mondo. Solo allora noto che è vestita di tutto punto: una giacca di pelle nera abbinata a un vestitino verde smeraldo. Perfino i capelli sono più curati del solito.«Aspetta, dove stai andando?»
Ava solleva un sopracciglio. «Dove stiamo andando noi, piuttosto. Rimpatriata. Zoey ha chiamato una settimana. Stasera c'è la cena. Ti dice niente?»
Sbianco. La rimpatriata delle elementari. Me ne ero completamente dimenticata. O meglio, non avevo mai saputo che si sarebbe tenuta stasera. «Stai scherzando...»
«Non scherzo mai su queste cose. Tutti ci saranno, anche Tobias!»
Mi si blocca il respiro per un attimo. «Tobias?»
Ava scoppia a ridere. «Sì, il ragazzino strambo del giornalino. Ti ricordi di lui, vero?»
«Non era strambo» rispondo automaticamente. «Era simpatico. Solo... un po' particolare.»
Lei scrolla le spalle, come se non fosse importante. «Comunque, ho pensato che ti servisse una mano per stasera. E ovviamente ho ragione. Guarda come sei messa!»
Indica il mio abbigliamento: felpa oversize e leggings sgualciti. «Va bene, forse non sono ancora pronta, ma non puoi presentarti qui senza avvertire!»
«Ho provato» ribatte lei. «Se non fossi stata appresso a quella verifica, avresti risposto alle mie chiamate. Ti rendi conto che ho quasi perso la voce a furia di urlare nella tua segreteria?»
Mi passo una mano tra i capelli, esausta. «Va bene, colpa mia. E ora cosa facciamo? Ho... un aspetto orribile.»
Ava spalanca le braccia e si illumina con un sorriso trionfante. «Non temere, sono qui per questo. Adesso saliamo in camera tua e sistemiamo tutto.»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 10 ⏰

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