Don Saro e la radio

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Il vento tiepido di fine primavera si faceva spazio tra i presenti seduti sulle sedie che si erano portati appresso da casa. I bambini, stranamente calmi, guardavano don Saro che armeggiava con la radio. In quella frazione sperduta mai se n'era vista una. Era grande, di mogano lucido ed emetteva stridii e altri rumori strani. La signora Anna, vedova da più anni di quanti denti le mancavano nella bocca sdentata, diceva a tutti che non si possono mettere voci e suoni in una scatola. Gli uomini che sapevano leggere agitavano un vecchio giornale sgualcito che declamava le virtù di quell'affare che ora indirizzava irriverenti pernacchie ai presenti. Dalle finestre delle case, svuotate per la novità di quell'aggeggio che era arrivato nel piccolo borgo lontano dalle strade principali, facevano capolino le tende che ondeggiavano sul davanzale, quasi fossero indecise se rimanere in casa o controllare meglio quanto accadeva. Don Saro non sapeva che fare: era rosso e nervoso perché il suo giocattolo costoso non funzionava. Quando ecco un suono, parole articolate e musica. Voci di volti ignoti decantavano le proprietà del sapone Palmolive. Tutti muti, tutti estasiati per il progresso arrivato. Don Saro ora sorrideva, guardando gli occhi luccicanti dei suoi compaesani. Il giorno dopo aprì bottega presto: una fila di donne attendeva per comprare. La prima gli disse tutto d'un fiato: "Don Saro, vorrei il sapone della pubblicità alla radio, il Palmolive" "Anch'io!", confermò un'altra. L'uomo ammiccò verso la radio che era ben esposta e lucida sul bancone e andò sul retro a prendere quanto richiesto dalla riserva profumata che aveva ordinato assieme alla radio. Dopo aver venduto tutta la scorta di sapone, passò per l'ennesima volta un panno sul mogano lucido, sussurrando: "Sei bella!"

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