Cuore Nudo

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Oltrepassò il confine che divideva Konoha da Suna e l'odore intenso di quella che aveva ricominciato a considerare la sua casa lo costrinse a fermarsi per un istante. Sentì l'esigenza di respirarlo, a fondo, riuscendo a distinguere da subito ogni singola fragranza di quella terra che lo aveva visto nascere, crescere, scappare e poi ritornare; lo aveva perdonato e riaccolto come una madre con un figlio scapestrato e gli aveva dato un motivo per tornare, sempre, ogni qual volta la sua memoria minacciasse di essere sul punto di dimenticare. Ovunque fosse, il richiamo delle sue radici riusciva a raggiungerlo; sulle ali di un corvo o su un delicato petalo di fiore di ciliegio che per puro caso finiva tra i suoi capelli. Calamitato da una forza sconosciuta, il suo corpo reagiva subitaneamente, imboccando il percorso che potesse riportarlo a casa in fretta, prima che la dimenticanza lo rendesse nuovamente scevro da quei desideri umani che si era riabituato a provare e soddisfare.

Il frinire monotono delle cicale suggeriva che fosse passato del tempo dall'ultima volta in cui aveva messo piede a Konoha. Era partito non più tardi della fine dell'inverno, quando gli alberi era ancora privi di foglie e l'olezzo del muschio pungeva delicatamente l'olfatto. Tre mesi. Era mancato per troppo tempo.

La bella di notte che cresceva selvaticamente intorno alla sua dimora doveva essere fiorita, eppure per quanto si sforzasse non riusciva a percepirne la fragranza. La ricordava intensa, inebriante, come la pelle della donna che abitava quel nido creato dall'intreccio di viburni e orchidee che appariva così vicino, irradiato dalla tenue luce del novilunio, da riuscire quasi a toccarlo, tendendo semplicemente la mano. Provò il desiderio di afferrarlo e confinarlo in una piccola palla di vetro, per averlo sempre con sé, per proteggerlo, per farne parte davvero. Aveva scelto di esserne escluso, si era preso l'onere di quella missione che solo lui avrebbe potuto portare a termine conscio dei sacrifici che avrebbe comportato, soprattutto per lei. Nonostante lo avesse aspettato per tanto tempo, aveva compreso che la pace nel Mondo Ninja avesse la priorità assoluta, consolandosi all'idea di aver un'intera vita dinanzi a sé in cui avrebbero potuto stare insieme. Era solito prometterle un rapido ritorno e metteva a tacere le sue rimostranze con quel gesto di cui anche lei, ora, conosceva il significato.

Quella notte le sue labbra si erano mosse senza alcuna costrizione e la sua lingua aveva composto quelle parole che per troppo tempo aveva relegato nel posto più recondito del suo cuore. Quando le loro anime si erano separate e avevano ripreso possesso dei rispettivi corpi, nudi e sudati, adagiati sulle lenzuola candide e profumate che come rami d'edera erano avvolte in modo confuso intorno alle loro gambe, per la prima volta, dopo tanto tempo, aveva sentito un inconsueto benessere.

Non sentiva affatto la necessità di muoversi: era tutto straordinariamente giusto, appagante, non vi era altro posto al mondo dove sarebbe voluto essere.

Aveva chiuso gli occhi e teso le orecchie per ascoltare il respiro di lei che premeva contro il suo petto, cercando di uniformarlo al suo nel ritmo. Ma il respiro di Sakura era troppo veloce e troppo profondo rispetto al suo; era emozionale, talmente reale da riuscire a spingere l'immaginazione a figurarsi i suoi polmoni riempirsi di dolce appagamento. Era stato forse quello a indurre il suo animo a provare una benevola invidia, facendo nascere in lui il desiderio di raggiungere uno stadio superiore di completezza. Anelava di riuscire anche lui a sentire nei polmoni il gusto della pace.

Lei gli aveva posato una mano sul cuore quando la sua voce profonda all'improvviso aveva squarciato il silenzio. Era giusto che sapesse che chi ha toccato una volta un'ingiuria – di sangue e di morte – non avrebbe cessato mai di toccarne di nuove; che piove sul bagnato: lagrime su sangue, e sangue su lagrime; e che quell'insperata felicità era destinata a finire.

Lei lo aveva ascoltato senza interromperlo, assimilando in fretta le sue parole come un frugale pasto in una giornata caotica in cui non sai quando avrai nuovamente modo di mangiare. Aveva imparato a cogliere l'attimo.

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