Era inutile cercare di dormire.
Ben non ce la faceva.
Si girava e rigirava nel letto singolo, nella stanza del b&b che divideva con il fratello, perché la struttura era piccola e già piena: la zona era molto turistica.
Si girava e rigirava e aveva attorcigliato tutto il lenzuolo, aveva scagliato il cuscino per terra, aveva cambiato posizione cento volte... ma era inutile.
Il sonno non arrivava.
Continuava a pensare a Rebecca e al bambino, in continuazione.
Rivedeva l'espressione sconvolta di lei quando era entrata nel bar e quella amorevole di quando aveva abbracciato il figlio.
E il piccolo...
Il piccolo adorava sua madre, lo avrebbe visto anche un cieco.
E sembrava davvero un bambino simpatico: non aveva mai pianto, anzi, sorrideva e ridacchiava da solo mentre sgambettava in giro.
Suo fratello aveva commentato solo:
«Sei tu, lo sai vero?»
Ben non lo sapeva... ma una cosa la sapeva: il piccolo lo aveva ipnotizzato.
Sì, forse sì... anzi, senza forse... Sì, gli somigliava.
Va bene.
Il bambino era uguale a lui.
Se sua madre avesse tirato fuori delle foto di lui a quell'età, era pronto a giurare che le differenze – se poi c'erano – sarebbero state minime.
Quindi... quindi non c'erano più dubbi.
Aveva trascorso un pomeriggio inseguendo una ragazza che aveva evitato di rispondere a ogni sua domanda, come se lui non esistesse, mentre portava in giro suo figlio.
Figlio.
Figlio. Figlio. figlio.
Aveva un figlio.
Lui, Ben Barnes, 32 anni, attore britannico che viveva a Los Angeles e che come unico scopo nella vita aveva quello di dedicarsi alla sua carriera cinematografica.
Quando i giornalisti lo intervistavano e gli chiedevano se voleva una famiglia lui rispondeva sempre che sì, certo, la voleva eccome, e anche bella numerosa.
Non ora, però, era quello che taceva sempre.
E quando gli facevano notare che si presentava sempre solo agli eventi mondani lui rideva e si schermiva, spiegando che il suo lavoro si conciliava male con relazioni durature, al momento.
Il che era verissimo: il lavoro si conciliava bene con storie di sesso di una notte o due, visto che lui era sempre in giro per il mondo e difficilmente dormiva per più di due notti nello stesso posto – a meno di non essere a Los Angeles o a Londra, ma per dieci mesi su dodici non c'era.
Era in giro.
Come avrebbe fatto ad avere una storia?
La sua storia più bella era finita proprio perché era inconciliabile con quel tipo di vita.
E, tra Rebecca e la carriera, lui aveva consapevolmente e scientemente scelto la carriera, senza esitazioni.
E non se ne era mai pentito.
Mai.
Mai, neppure quel pomeriggio, quando aveva trascorso un'ora e mezza con gli occhi fissi – in modalità stalker-inquietante - su un bambino piccolo, moro e paffuto.
E allora come mai quell'ora e mezza gli sembrava più lunga di una vita intera?
*
Era inutile cercare di dormire.
Rebecca non ce la faceva.
Ci aveva rinunciato presto, quando Tommaso si era addormentato nel bel mezzo della poppata.
Lei sapeva cosa significava: che tra un po' si sarebbe svegliato con una fame da leone e avrebbe preteso altro latte.
Avrebbe dovuto dormire un po', finché ne aveva la possibilità.
Ma non riusciva a togliersi dalla mente l'immagine del viso di Ben e quell'immagine le toglieva il sonno.
Era bello come sempre.
Azni, era diventato ancora più bello.
Più sexy, più maturo.
Il viso era più magro e portava una barba di due giorni che lo valorizzava in modo incredibile.
Aveva deciso, a quanto pare, di cancellare l'immagine dell'imbelle principe Caspian che lo perseguitava fin da quel ruolo che aveva cambiato la sua vita.
Becky ricordava la frustrazione di lui quando lo associavano ancora a quel personaggio: gli sembrava di non potersene liberare, ne era oppresso.
Sì, era stata una grande opportunità al tempo, ma lui voleva crescere.
Peccato che la crescita, per Ben, era solo lavorativa.
Per il resto, gli stava benissimo giocare ai videogiochi, andare alle feste e sbronzarsi come un sedicenne.
E invece era arrivato lì.
Perché? Cosa voleva?
Becky si irrigidì e strinse forte a sé Tommaso, che dormiva nel letto con lei.
Di solito lo metteva nel suo lettino, per farlo abituare, ma quella sera si sentiva sola, vulnerabile e spaventata, per cui lo aveva tenuto con lei.
Rivedere Ben faceva male, molto più di quanto avrebbe creduto possibile.
Quando aveva scoperto di essere incinta, Rebecca aveva focalizzato ogni pensiero e ogni energia sul bambino, riuscendo a chiudere fuori dalla mente ogni altra cosa.
E, quando Tommaso era nato, lei aveva sperimentato l'amore vero: vero e puro e totale.
Ben era lontano, se non dal suo cuore almeno dalla sua mente.
Certo, suo figlio glielo ricordava.
Guardare Tommaso crescere e somigliare al padre ogni giorno di più, però, non era doloroso.
Tommi non era Ben.
Tommi era la persona più importante della sua vita.
Un amore totale, che non ammetteva eccezioni.
Era sopravvissuta alla perdita di Ben e aveva scoperto che alla perdita di quel tipo di amore si sopravvive.
Con cicatrici serie, ma si sopravvive.
Eppure, malgrado le sue convinzioni, quel giorno aveva scoperto che il suo cuore non era guarito come sperava.
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Nothing Else Matters
Fanfiction"La sera in cui Ben Barnes lasciò Rebecca Milani era una sera piovosa e grigia." Quello che accadde tra un addio e un ritrovarsi. Perché niente altro conta. [Storia pubblicata anche sul mio profilo Efp]