Di madri scomparse e bevande disgustose

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Mi servì un po' di tempo prima di capire che i ragazzi erano due e non uno. E sprecai altri cinque preziosi secondi per capacitarmi di quanto fossero identici, a parte per come erano vestiti. O almeno, in qualche modo riuscivo a distinguerli: uno portava una felpa rossa con il cappuccio, mentre l'altro sfoggiava una maglietta a maniche corte nera (cosa alquanto strana dal momento che eravamo in pieno inverno).

Quando ormai avevo un punto abbastanza chiaro della situazione, ero già stata incollata alla parete da mr. "i morti mantengono meglio i segreti" (subito ribattezzato "Felpa rossa" per abbreviare), mentre l'altro si avvicinava tranquillamente.

- Mi dispiace. – fece il mio aguzzino – Niente di personale.

Provai a liberarmi dalla sua presa, ma il ragazzo ce la stava mettendo tutta per farmi soffocare. Gli azzannai senza troppi complimenti il braccio che mi teneva ferma, ma lui rimase praticamente indifferente. Lo tempestai di calci, ma lui non batté ciglio. Allora gli sferrai una ginocchiata tra le gambe, e a quel punto mi buttò per terra imprecando coloritamente.

Ah-Ahaa! Questo Anthony non me lo aveva mai insegnato. Suppongo che sarebbe stato d'obbligo provarlo su di lui durante l'allenamento.

In ogni caso, non ero proprio dell'umore giusto per un combattimento corretto. L'ultimo al quale avevo assistito si era concluso con la morte di mio fratello, e non avevo nessuna voglia di lasciarmi battere. Saltai in piedi e sgusciai sotto il braccio aperto di Felpa rossa, poi corsi fuori dalla libreria, massaggiandomi il collo.

Appena misi piede fuori dal negozio capii che era la cosa giusta da fare. Se i gemellini assassini non volevano che rivelassi il loro nascondiglio, significava che non volevano che si sapesse della loro presenza. E quindi non sarebbe stata una gran trovata mettersi ad inseguirmi per tutta la tana. Avrei dovuto andare immediatamente da mio padre per avvertirlo dei due matti che avevano provato a strangolarmi (accusandomi di aver violato la loro proprietà privata...!) e per cacciarli via.

Mi sfuggì un sorriso tirato.

- Ehi, ragazzi! – chiamai – Non è stata una mossa intelligente attaccare una Callaway.

Mi parve di sentire un'imprecazione a denti stretti che mi risollevò un po' il morale. Probabilmente adessomi stavano maledicendo con aria da cani bastonati (leggi: lupi presi a ginocchiate nelle palle) e si stavano preparando ad un trasloco veloce.

Un'idea improvvisa mi passò per la testa. Con il senno di poi, non so se avrei rifatto la stessa cosa, ma quei due erano riusciti a distrarmi da Anthony, almeno per dieci minuti. Cosa c'era di male nel prolungare un po' la tregua con i fantasmi?

In ogni caso...

...rientrai in libreria. E adesso non iniziate a dire che è stata l'unica cosa che non si doveva fare, perché in quel momento avrei potuto fare idiozie ben peggiori. Tipo tenere una conversazione di più di cinque parole con mio padre, e poi tentare di rompergli il naso. L'alternativa era quella.

- Vi avverto, se ci riprovate mi metto a gridare.

Qualcuno si mosse nell'ombra, e io accennai a bocca chiusa le prime note dell'inno nazionale, facendolo bloccare sul posto.

- Molto divertente. – disse imbronciata l'ombra, guardandomi male con i suoi occhi caleidoscopici.

- Esatto. – concordai – Divertentissimo.

Trovai il secondo gemello (Maglia nera) appollaiato in cima ad una scala.

- Sei davvero una Callaway? – domandò abbastanza risentito.

- Mi chiamo Brooke. Callaway.

- E cosa staresti cercando di fare, qui? – borbottò quello ancora nell'ombra.

She wolf - falling to piecesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora