Erano passati solo due mesi e Luna non ne poteva più della sua routine: si alzava, andava a scuola, mangiava, studiava, mangiava, dormiva. Tutti i giorni, come un disco rotto. L'unica nota positiva della cosa era che almeno aveva un'ottima media; una consolazione troppo grama per un sacrificio del genere. Giacomo non lo andava più a prendere lei, aveva paura di incontrare di nuovo "occhi azzurri". Si conosceva e sapeva che, se si fosse innamorata di lui, sarebbe rimasta nuovamente scottata da un ennesimo due di picche e lei, pur avendo solo diciassette anni, ne aveva già avuti troppi. E, se il maestro ci fosse stato, sarebbe comunque finito in prigione per pedofilia, ed era l'ultima cosa che ci voleva per l'insegnante e, soprattutto, per il fratello, che era già stato psicologicamente abbattuto nella vecchia scuola.
Il 3 novembre, però, sua madre andò da lei cercando di far crollare i suoi propositi con una semplice domanda:-Vuoi venire alla cena di classe di tuo fratello?- Luna si aspettava questa domanda, ma sperava non giungesse mai. Sapeva che, essendo i nuovi arrivati, non aveva scelta, doveva per forza andare per dare manforte alla donna che l'aveva messa al mondo. Se non ci fosse andata, sua madre le avrebbe portato rancore in eterno, per cui rispose:-Certo che sì, me lo chiedi?- ma dentro di se diceva: "NO! Ti prego lasciami qui da sola ad ingrassare come non mai!". E così venerdì 14 novembre Luna si mise le cose meno eleganti del suo armadio e si presentò alla cena classe.
Un barlume di speranza si accese quando vide che il maestro non c'era e sperò che non arrivasse mai a quella cena. Scelse il posto vicino a sua madre, che si era messa accanto a una donna sulla quarantina, molto probabilmente la rappresentante di classe. Tutti erano molto gentili con loro e li fecero sentire molto a loro agio. Andava tutto a gonfie vele, finché sulla porta non apparve la tanto temuta figura: il maestro indossava una camicia celeste, un paio di jeans grigi e delle normalissime sneaker, ma da come lo guardava Luna, sembrava vestito di oro fuso. Appena lo vide, si girò di scatto e cercò di non dare corda alla sua metà fanciullesca, ma dentro di lei si stava combattendo una vera guerra tra il suo raziocinio e il suo delirio ormonale. Quando poi si accorse che l'unico posto libero era quello accanto al suo, per poco non svenne. Lui si avvicinò di gran passo verso di lei, spostò la sedia e si sedette sorridendole, dopo le chiese:-Ciao, tu sei la sorella di Giacomo, vero?- Luna lo guardò un po' con sguardo intontito, poi riuscì a dire sorridendo:-Sì, sono io. Mi chiamo Luna. Non ho avuto modo di presentarmi, la scuola mi risucchia parecchio tempo. Giacomo parla molto bene di lei.- -Dammi pure del tu, anche se immagino che tu non sia abituata. Comunque io sono Federico. Mi fa molto piacere che Giacomo si trovi bene, dati i suoi trascorsi.- A quel punto Luna, non sapendo cosa rispondere, prese uno dei menù che una cameriera aveva portato e si mise ad ispezionarlo così accuratamente che ormai conosceva cosa c'era in ogni pizza, nonostante la sua scelta ricadesse ormai sulla solita pizza da svariati anni.
Ordinata la pizza, Luna cercava di farsi notare il meno possibile, fino a che non fu intrapreso un argomento che a lei era molto a cuore. –Sapete, non è facile spiegare ai bambini l'omosessualità.- Era stato il maestro a parlare, e lei non aveva potuto fare a meno di sentire. – Secondo me, invece, è più facile di quanto immagini.- Tutti quelli che stavano affrontando il discorso la fissarono sbalorditi, tranne Federico, lui la guardava in un modo che Luna trovò strano. Senza farsi scrupoli la ragazza disse:- Non è molto difficile, gli spieghi che sono due persone che si amano, punto e fine. I bambini non sono certo abituati ad odiare, se ricevono i giusti stimoli sia a casa sia a scuola, il problema non sussiste-. E il discorso continuò così fino a che tutti non finirono le pizze, comprese le bambine, che cominciarono ad assalire il maestro parlando in millemila per uno.
Alla fine fu costretto dai bambini a giocare a calcio balilla in una sala giochi accanto alla pizzeria e Luna li seguì per vedere come sarebbe finita e anche per stare il più vicino possibile al maestro. Dopo poco i bambini si accorsero di essere troppi per giocare e liberarono Federico.
Lui e Luna continuarono a parlare, fin quando lei gli chiese:-Cosa ti ha fatto capire che volevi fare il maestro? Insomma era una vocazione oppure è stato un avvenimento particolare?- Posta questa domanda lui si rabbuiò e la guardò come se stesse decidendo se fidarsi oppure no. Stava per dirgli che se non voleva, poteva anche non dirglielo, poi però una voce familiare li richiamò per tornare a casa. – Accidenti, me lo dirai un'altra volta.- e se ne andò salutandolo con la mano.
NdA
Scusateee!!! So di essere in super ritardo, ma mi hanno staccato internet. Comunque questo è il secondo capitolo. Spero vi piaccia. Se sì, lasciate un commentino oppure un piccolo voto. Grazie
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Amor ch'a nullo amato amar perdona
RomanceLuna è una ragazza come tante: va a scuola, esce con le amiche, scrive, disegna... la sua vita verrà però sconvolta dall'arrivo di un'insegnante parecchio prestante alla nuova scuola del fratello minore. Riuscirà la nostra eroina a frenare i suoi is...