Capitolo 2

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Le tre ore successive scorrono lente. All' intervallo ripasso giusto un po' per la verifica di greco. Sono più tranquilla ora. Quando la prof detta le tracce e mi accorgo di sapere quasi tutto perfettamente, tiro un sospiro di sollievo. Compilo ogni cosa velocemente, ricontrollo e sistemo giusto due cosette. Consegno, non sono sottopressione né agitata. Stranamente. Ho finito un quarto d'ora prima, così mi rimane del tempo libero. Tiro fuori il diario, spostando il mio interesse sulla classe. Sono tutti trafelati e intenti a scrivere e cancellare. Molti hanno lo sguardo perso, probabilmente cercano di ricordare qualcosa che purtroppo sfugge e sembra impossibile da riacchiappare. Altri paiono proprio sconsolati, gli si legge in faccia la consapevolezza di un imminente brutto voto. E in quel clima di frenesia e smarrimento, io inizio a disegnare. Mi è sempre piaciuto farlo. Delineare le cose che vedo, imprimerle sulla carta proprio come appaiono ai miei occhi, rappresentare un pezzo di vita. So di non essere poi così brava, ma a volte sono proprio soddisfatta dei miei disegni. La matita scorre a scatti sullo stretto foglio quadrettato, delineando una figura di spalle, curva, completamente piegata sul foglio. La Cami. Disegno con cura i contorni del suo corpo. Non si vede la faccia. Camilla Baccotti è ufficialmente una delle persone più pazze che abbia mai conosciuto. Tutti ne abbiamo incontrata almeno una nella nostra vita. Risata trascinante, pessimo senso dell'umorismo, manie ansiogene e una personalità molto particolare, ecco ciò che la descrive al meglio. È una ragazza bravissima, anche se spesso non sa quello che dice e si lascia trasportare dalle emozioni. Comunque sia, mi sta molto simpatica. È semplice, non fai molta fatica a comprenderla del tutto, e questo non la rende affatto noiosa, al contrario, la fa apparire sempre fresca e spumeggiante. A volte però l'unica cosa che vorrei è tapparle la bocca. Avete presente quelle giornate in cui non avete voglia di parlare con nessuno? Ecco, averla vicino in quei giorni, è la fine. È talmente logorroica. Finisco di tracciare le onde dei suoi capelli corti e scuri, e passo alla Mosso. È di profilo rispetto a me, i gomiti sul banco e un'espressione assorta e seria allo stesso tempo. Scrive lentamente, senza fretta, senza ansia. Salta ciò che non ricorda. È bella. Molto bella. Le sue forme sono armoniose e giuste. I suoi capelli castani, lucenti, alla vista sembrano sempre morbidi. I suoi grandi occhi di ghiaccio sono svegli, disinvolti. Proprio come il suo carattere. È forte. Pare non vacillare mai e ha sempre le parole giuste per tutti. Quando non le sta bene qualcosa lo dice, non le importa in che modo. Ammiro questo suo lato, anche io vorrei riuscire a esprimere i miei pensieri senza paura, eppure ogni volta che tento di aprir bocca mi si stringe lo stomaco in una gelida morsa e non riesco, proprio non riesco a pronunciar parola. La paura di quello che gli altri potrebbero pensare di me mi attanaglia le viscere. Mi sento come se in questa vita avessi una parte da rispettare. Parlando, mostrando me stessa al mondo, questa maschera che indosso andrebbe a farsi fottere e ognuno sarebbe assolutamente libero di ferirmi nei modi più svariati. Lei no, lei non ha paura di mostrare ciò che pensa, non ha paura di arrabbiarsi per ottenere ciò che vuole, non ha paura di essere se stessa.

Ora ha finito pure lei. Devo sbrigarmi o si alzerà per consegnare e il disegno rimarrà incompleto. Una ruga le si forma in mezzo alla fronte, quando getta un ultimo sguardo sul foglio scritto. Deve aver trovato un errore. Finisco di tracciare le dita della sua mano sinistra giusto quando si alza strisciando la sedia all'indietro. Cammina lentamente, incosciente di avere gli sguardi distratti di tutti puntati addosso. O forse lo sa, ma non le interessa. Ciro le sta fissando il culo. La mia bocca si incurva leggermente vedendo la sua espressione assorta. Vincenzo Gravato adora Clara Mosso. Si sa, si vede chiaramente da come la osserva quando lei non guarda. Si nota dal sorriso sincero che spunta sulla sua faccia quando lei parla, scherza, cammina per la classe interessandosi agli altri. Cerca sempre di farla ridere, divertirla, soltanto per sentire il suono della sua risata. Credo lo adori.

Ciro è veramente un ragazzo d'oro. Sembra sciocco, superficiale, ma è in realtà parecchio intelligente. Solo che gli piace ridere e scherzare. A volte si perde a pensare a chissà cosa, e il suo sguardo si fissa nel vuoto, a guardare un punto indefinito in alto a sinistra. In quei momenti i suoi occhi sembrano ingrandirsi all'improvviso, e assume l'espressione di un cucciolo. È dannatamente dolce con quelle guance paffute e gli occhi scuri e profondi. Poi si riprende velocemente e torna a scherzare, leggero come sempre. La prof lo canzona continuamente, ma lo fa bonariamente, quando le giornate sono troppo pesanti, cercando un modo per alleggerire la mole di lavoro fatto. Lui non sembra mai offeso. Sembra anzi consapevole del suo ruolo all'interno della classe. Ruolo che secondo me gli calza a pennello. Anche se ci sono dei giorni in cui è triste, e sembra quasi che la sua maschera gli vada troppo stretta. Sembra volersela strappare di dosso, mostrare per una volta che anche lui vale, che anche lui può essere qualcuno in questo mondo. Niente sciocchezze, ne scherzi o risate. Ma tutto ciò dura poco. E rimette la sua stretta maschera, sopportando il fastidio che gli provoca.

-Forza, consegnate le verifiche-.

A questa frase la classe si riempie di gridolini, sbuffi, persone che freneticamente cancellano, scrivono, ricancellano. È incredibile quanta energia ci sia ora in quest' aula. Un allucinante contrasto con la generale sonnolenza dell'ora prima. La campanella suona, e tutti si alzano in massa dirigendosi verso la cattedra, tranne alcuni, come me e la Mosso, che avevano già consegnato, e la Lucia. Lei sta ancora pasticciando qualcosa. Molto probabilmente avrà corretto una cosa giusta che credeva sbagliata, e tra qualche giorno, quando vedrà la verifica corretta, si darà della stupida informando tutti che se non avesse cancellato all'ultimo, avrebbe preso la sufficienza. Lei è un casino. Un'incredibile pasticciona. Ride in continuazione, ma la sua risata è leggera e piacevole all'ascolto. In effetti è lei stessa ad essere leggera e piacevole. Per carità, nello spirito, non certo nel muoversi. È di quanto più simile possa essere ad un elefante. Amo i suoi discorsi convinti. Le si illuminano gli occhi quando grida cercando di sovrastare tutti gli altri con i suoi ideali. Beh, il fatto che gridi forse non è poi così amabile. Il suo diario è tappezzato di scritte, citazioni. Lo adoro, davvero. Vive per quelle scritte. Ha addirittura appeso davanti al letto una di queste citazioni che al momento non ricordo, in modo da poterla vedere ogni volta che si sveglia ed apre gli occhi. Illuminante. Forse il suo unico difetto sono le spiccate tendenze kamikaze... ma direi che questo sia un bene per tutti noi. Ci ha salvato da una marea di interrogazioni.

Mania che condivide con sua sorella gemella Tullia. In realtà condividono praticamente tutto. La passione per il canto, il suonare la chitarra, i vestiti... a volte anche i pensieri. Rimango letteralmente sconvolta quando rileggendo un compito a casa si accorgono di aver scritto una frase o più completamente uguale. E ok, non sono io l'allocco. O forse sì. Fatto sta che sono quasi completamente persuasa che la loro connessione sia in effetti molto forte, e non che si passino i compiti. Almeno spero. Ho sempre pensato che i gemelli dovessero essere molto in sintonia tra di loro. C'è stata una volta in cui leggendo un libro dannatamente bello mi sono imbattuta in due personaggi che erano gemelli. Da allora non posso fare a meno di chiedermi quanto riesca ad essere profondo questo legame. Possono sentire ognuno le emozioni dell'altro? Possono sentire il dolore, la paura, la felicità che pervade il proprio fratello? Possono capire approssimativamente cosa pensa? La logica mi induce a dubitarne. Deve essere soprattutto un fattore sociale. Passare talmente tanto tempo insieme li aiuta a costruire lentamente un legame. In parole povere crescendo insieme, crescono come una sola persona. Deve essere così. Ma una parte di me si rifiuta di pensare a una risposta talmente fredda. Meccanica. Perché mai minimizzare, schematizzare la vita in una logica serie di supposizioni asettiche togliendovi tutta la magia, la magnificenza che le appartiene? Sono estremamente combattuta su questo punto.

Getto un'occhiata veloce alla cattedra. La prof è uscita, probabilmente mentre ero persa nei miei pensieri. La classe è quasi vuota. Agli altri piace uscire a fare un giro durante l'intervallo. Mi piego sullo zaino in cerca della merenda. Appoggio sul banco il pacchetto di taralli e lo apro. Nel mentre volano fuori un paio di taralli, e uno finisce a terra. Sospiro, pensando a cos'altro possa andare storto in questa giornata interminabile. Mi alzo raccogliendolo, andando verso il cestino. Ora anche i pochi superstiti sono spariti oltre la porta. Finalmente. Mi sgranchisco un po' girando per la classe. Canticchio una canzone sottovoce. È così difficile trattenersi tanto a lungo dal cantare. Le parole di innumerevoli canzoni mi rimbalzano continuamente in testa, e la maggior parte del tempo mi sembra di impazzire per la loro quantità. L'unico modo per liberarle, beh, è cantare. O scriverle, ma non è la stessa cosa. Oggi ho in mente solo canzoni tristi. Tutte in inglese, of course. In italiano non riesco a sopportarle. I testi, sono tutti così banali. Immagino lo siano anche quelli in inglese, anzi, ne sono certa. Ma sembrano sempre così affascinanti, visto che li capisco solo sforzandomi. Almeno riesco a concentrarmi sulla melodia. 

"Because of you " oggi mi perseguita. È incollata ad un ricordo. Il mix mi procura un senso di vomito. Maciej. Il suo sorriso. I suoi per sempre. Tutto questo è a causa sua. Il perché della mia costante depressione, insicurezza, timidezza.

Gli Shinigami mangiano solo meleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora