Si svegliò di soprassalto, sedendosi sul letto con malagrazia mentre cercava di riprendere il respiro.
Una volta che il cuore e il respiro ebbero ripreso una velocità normale, Louis sospirò lentamente, scostandosi un ciuffo di capelli dalla fronte sudata con un gesto stanco.
Erano passati due maledetti anni da quando se n'era andato dalla sua vita e ancora Louis non riusciva a dimenticare, a mettersi il cuore in pace.
Harry era entrato presto nella sua realtà, nelle sue giornate, lo aveva fatto innamorare e gli aveva riempito il cuore, la mente, l'anima, di belle promesse, di illusioni fatte di baci e carezze, sorrisi pieni e occhi verdi.
E poi, con la stessa velocità con cui era arrivato, se n'era andato, lasciandosi dietro solo le macerie di quello che era stato Louis un tempo.
Lanciò uno sguardo alla luna ancora alta nel cielo, e si alzò, camminando lentamente verso il bagno. Si guardò allo specchio sotto la luce tenue della lampadina e sussultò.
Che cosa sono diventato?
Tutta la realtà di quello che era successo gli cadde di nuovo addosso, ma con più intensità, facendo più male. Per una volta non era arrabbiato con Harry, ma con sè stesso, per aver permesso che lui lo portasse a ridursi così, agli antipodi di come era sempre stato, felice, spensierato.
Il riflesso che lo osservava stralunato dallo specchio era il suo spettro, un ragazzo troppo giovane per meritarsi un cuore spezzato cucito addosso, distrutto da un amore troppo grande, troppo difficile da gestire.
Si lavò il viso smagrito e pallido con acqua fredda e tornò a letto, dove si abbandonò ad un sonno disturbato, tormentato da quel ragazzo che gli aveva rubato il cuore e i sogni, lasciando un incubo sempre uguale incastrato tra quegli occhi azzurri.
Louis sapeva che qualcosa non andava per il verso giusto da un po', notava i lunghi silenzi in cui si chiudeva Harry e notava il suo sguardo perso, sempre pensieroso rivolto al cielo. Ma non diceva nulla, semplicemente aspettava che lui da solo decidesse di aprirsi con lui, senza spinte da parte sua.
Perciò quando Harry lo fece, si sentiva pronto a tutto, si poteva rimediare a qualsiasi cosa stesse succedendo.
Ma mentre ascoltava quelle parole borbottate a disagio, quasi distrattamente, si rendeva conto di non essere mai stato realmente pronto. Almeno, non ad un abbandono. Almeno, non da Harry.
«Cosa significa che ti trasferisci a New York, Harry?» sussurrò, troppo a corto di fiato per alzare la voce.
Harry abbassò lo sguardo sotto quegli occhi di ghiaccio che lo fissavano tristi, delusi, impossibili per chiunque da sopportare. «Mi hanno assegnato una borsa di studio lì, e io ho accettato.»
«Non..non hai neanche provato a chiedere la mia opinione? Dannazione, sono il tuo ragazzo!» sbottò Louis, gli occhi blu pieni di lacrime che non scendevano, restavano lì.
E Harry non disse 'Tornerò e vivremo la nostra vita assieme.', no, nulla del genere, perché non sapeva mentire e semplicemente non lo sapeva, se sarebbe tornato.
E Louis capì, si stavano lasciando.
No, neanche, Louis non stava facendo proprio un bel niente.
Harry lo stava lasciando.
Dopo tutti i ti amo, dopo i sorrisi, le risate, la gioia, le lacrime, le notti passate a sussurrarsi il proprio amore, tutto.
E Louis potè giurare di sentire il proprio cuore spezzarsi e cadere a terra in mille frammenti trasparenti mentre mormorava, tra le lacrime trattenute e le mani tremanti e bianche strette alle ginocchia, «Ricevuto, non sono abbastanza per restare.»