The room.
26 maggio 2005.
"Qualcosa da bere?" - Disse in tono neutro, avvicinandosi al carrello dei liquori per osservare accuratamente un'etichetta sul fronte di una bottiglia.
"Un Martini con ghiaccio. Grazie." - Sussurrai piano, intimidita.
Il silenzio della notte mi incuteva timore, mi lacerava il cuore e frantumava i suoi pochi pezzi rimasti, infliggendomi il lancinante dolore dell'amore.
Un sentimento apparentemente amabile, puro e sincero, era capace anche di fare del male fisico e psicologico, impedendo alla persona anche di respirare correttamente, facendo fatica persino a compiere le azioni di routine.
Il mio dolore era lì, a pochi metri da me, una luce fioca e debole illuminava la sua sagoma statuaria ed elegante, mentre mi scrutava con attenzione, ponendo il suo sguardo sul mio corpo e sui miei lineamenti.
Aveva un atteggiamento di sfida nei miei confronti, i suoi occhi non lasciavano trapelare alcuna cattiveria e le sue mani stringevano debolmente la parte alta dei suoi fianchi, coperta dall'elastico di un paio di boxer.
Era rimasto lo stesso uomo di sempre, colui capace di accendere in me il desiderio più intenso, per poi trascinarmi via con la sua passione e facendomi male, il più delle volte.
Mi aveva provocato tanto dolore negli anni precedenti, quelli nei quali sembravamo due perfetti innamorati, celando all'interno di noi i demoni che ognuno possedeva.
I suoi mi imprimevano terrore, mi terrorizzavano e legavano le mani che io tendevo in suo aiuto, con la speranza che le afferrasse in un vano tentativo di soccorso.
Volevo salvarlo, era il mio bisogno primario, ma nonostante ci avessi provato, non riuscii ad ottenere nessun risultato.
Si avvicinò a me con calma, muovendosi nella penombra della stanza, facendosi spazio tra le nostre borse e tra gli indumenti dei quali ci eravamo liberati, ponendoli al suolo.
Ci eravamo spogliati per sentirci liberi e sinceri l'uno con l'altro, la mancanza di stoffe e materiali sui nostri corpi intralciavano le parole del nostro cuore, impedendogli la libertà di espressione.
Eravamo nella stessa camera, non avremmo dovuto per svariati motivi, ma ancora una volta i nostri sentimenti appartenenti al passato avevano avuto la meglio su tutto.
Matrimoni, figli, dignità, tutto spazzato via.
Lui aveva una famiglia che lo aspettava a casa, lo stesso valeva per me, eppure ci eravamo recati in un hotel di Budapest, dove trascorremmo la nostra luna di miele per rivivere i vecchi ricordi.
Ricordi.
Ci nutrivamo di essi, li utilizzavamo come antidoto contro la sofferenza delle mancanze, le quali ci attanagliavano di continuo, portandosi via una parte di noi.
La camera era la stessa, noi eravamo gli stessi, eravamo soltanto cresciuti e avevamo lasciato che le priorità prendessero il primo posto nella nostra vita, spingendoci ad intraprendere strade diverse.
Io avevo diverse relazioni alle spalle, lui aveva una carriera invidiabile fatta di successi, di alti e bassi, aveva anche dei figli e diverse donne per lui.
Non gli mancava niente, soltanto la felicità.
Era da tempo che i suoi occhi non percepivano il calore della gioia, il chiarore che mutava le tonalità dell'iride e le donava un maggior fascino.
Eravamo entrambi seminudi, egli indossava dei semplici boxer neri ed una camicia sbottonata al di sopra ed io, dalla mia parte, ero in biancheria intima ed una leggera vestaglia di raso mi copriva fino alla parte alta delle mie gambe.
Continuavo a chiudere la vestaglia e a fare attenzione che non lasciasse trapelare troppo del mio corpo, le mie mani giocherellavano di continuo con i suoi lacci e li stringevano.
Provavo un certo imbarazzo nel trovarmi in quella situazione con un uomo che era stato mio marito, una persona con la quale avevo condiviso numerosi momenti intimi e che, a distanza di anni, continuava ad avere su di me il suo tipico effetto.
Era l'uomo che mi aveva soddisfatta a tal punto da farmi urlare il suo nome, tormentata per il forte desiderio che mi rapiva in sua presenza e trascinata nell'oblio del piacere più intenso.
"Ti vergogni di me?" - Disse in tono lascivo, sorridendomi quel poco che bastasse per scatenare in me quella vorticosa ed incessante sensazione.
Non avevo ancora imparato a sopportare la sua presenza senza sentire il vuoto al centro dello stomaco, le mani che tremavano e il mio corpo che rispondeva ai suoi notevoli richiami.
Mi accarezzò una guancia con le nocche della sua mano, trattenni il respiro a quel contatto e le parole mi vennero a mancare, così come il fiato per poterle pronunciare.
"Noto con estremo piacere che apprezzi i miei regali." - Riprese, palpando tra le dita il leggero tessuto della vestaglia, sollevandolo quel tanto che bastasse per scoprire parte delle mie gambe.
Le sue labbra si strinsero con forza e dalla sua bocca scivolò via un mugolio compiaciuto.
"Li ho sempre apprezzati."
Si morse il labbro, riuscii a notarlo nonostante la mancanza di luce nella stanza e si allontanò di poco, come a voler ispezionare la mia figura da una maggiore distanza.
"Dobbiamo trascorrere tutta la notte qui dentro." - Dissi, la voce mi tremava in gola e facevo fatica anche a parlare.
Era incredibile la forza che attraeva su di me, erano trascorsi undici anni dal nostro matrimonio, nove dal nostro divorzio, ma tutto ciò sembrava essere contornato solamente da semplici cifre.
Non avevo abbandonato la tremenda attrazione fisica che mi coinvolse a quei tempi, il suo corpo era come una prelibata delizia per il mio, tanto da permettermi di sognarlo anche la notte.
Immaginavo di essere su un letto qualsiasi, avvinghiata al suo corpo, lasciando che le calde e candide lenzuola coprissero il nostro momento, proteggendolo dal resto circostante.
Le dolenze arrivavano al mio risveglio, quando mi trovavo sola, nell'assenza di luce nella notte e piangevo, sentendo il mio cuore perdere dei battiti.
Pronunciavo il suo nome sottovoce, credendo che magari, prima o poi, avrebbe preso vita dinanzi ai miei occhi.
"Si, è il nostro anniversario." - Rispose, appoggiando il suo fondoschiena sul lato di una scrivania in mogano, reggendosi con le mani.
"Perché siamo qui, Michael?"
Ci fu un silenzio, il lieve mormorio del traffico risuonava tra le mura della stanza, penetrando nella calma fatta di sospiri e rumori di sottofondo.
"Perché c'è qualcosa che ci impedisce di stare lontani." - Mormorò deciso, con la voce roca.
Non dissi niente, mi sembrava una spiegazione corretta, in fondo lo sapevamo entrambi, altrimenti mai e poi mai saremmo tornati a trascorrere del tempo insieme.
"Promettimi che per stasera saremo sinceri, ci saranno soltanto verità." - Sussurrai, avvicinandomi lentamente a lui, rivolgendo il mio sguardo verso la moquette.
"Si, te lo prometto."
Mi fermai a metà strada, le mie braccia si poggiarono sui miei esili fianchi e sospirai, inumidendo le mie labbra con la lingua. "Durante tutto questo tempo, mi hai mai pensata? Hai mai usato qualche minuto del tuo tempo per ricordarmi?" - Chiesi, provando ad annullare le lacrime che cominciarono a formarsi all'interno dei miei occhi.
Faceva male.
Faceva terribilmente male averlo lì, a pochi passi da me, averlo nella mia stessa stanza e non poterlo toccare come avevo sempre fatto.
Temevo che i miei sentimenti non fossero ricambiati, ero spaventata dall'idea che ci fosse un'altra donna nel suo cuore, una donna che aveva preso il mio posto e si era impadronita dell'uomo che amavo.
Perché si, io lo amavo ancora.
Avevo appena divorziato dal mio terzo marito, con il quale avevo avuto una relazione fatta di alti e bassi, portata avanti con la speranza di lasciarmi il passato alle spalle.
Un passato che si dimostrò più forte di me.
"Sempre. Sei stata il mio pensiero fisso." - Confessò, posizionando la sua lingua tra i denti e alzando gli occhi verso l'alto.
"Credevo avessi di meglio da fare."
"Sentivo il continuo bisogno di una donna nella mia vita. Non una donna qualsiasi, ma di te." - Disse, stringendosi le braccia al petto e avvicinando la sua schiena alla parete.
Rimasi senza parole.
Non era tutto andato perduto, c'era ancora una speranza per far quadrare i conti, qualcosa che ci spingesse a tornare come prima, nonostante ci fossero molti ostacoli ad impedirci di realizzare il nostro amore.
"Hai ancora bisogno di me?" - Chiesi, lo raggiunsi e poggiai una gamba sul legno della scrivania, lasciando l'altra penzolare al suolo.
"Adesso più di prima." - Rispose, annuendo con la testa.
Lo guardai, i suoi occhi non erano nella mia direzione, non riuscivano ad incrociare i miei quando eravamo molto vicini.
"Mi sono sposata, perché dovevo dimenticarti. Credevo di riuscirci, invece..."
"Mi ami più di prima." - Mi interruppe, abbassando la testa totalmente.
Si, ti amo più di prima.
"Perché non mi guardi negli occhi?" - Chiesi, portando la mia mano sulla sua spalla, avvertendo la sensazione del cotone della sua camicia sotto la mia pelle.
I suoi respiri diventarono pesanti, sembrava facesse fatica a respirare, era come se stesse trattenendo le lacrime e non potesse pronunciare alcune parole per non esplodere del tutto.
Odiavo vederlo piangere, mi faceva terribilmente male, ancora di più se conoscevo la causa del suo pianto, la quale mi veniva attribuita.
"Non ci riesco. Mi lascerei andare, perché ti voglio come non ho mai voluto nessun'altra e ti farei del male, ancora una volta." - Biascicò, singhiozzando.
Scesi dal tavolo e mi parai dinanzi a lui, obbligandolo a guardarmi in viso, sollevando i suoi occhi per far sì che incontrassero i miei.
Una sferzata di forti brividi si diramarono per tutto il mio corpo, concentrandosi verso il mio punto più sensibile, dove il basso ventre si contraeva e si irrigidiva sempre di più.
Lo desideravo anima e corpo, volevo fare l'amore con lui in quel preciso istante, senza badare alle relative conseguenze che avrebbe portato.
"C'è qualcosa che vorresti fare, adesso?" - Chiesi sensualmente, sporgendomi con il corpo verso di lui, notando la sua difficoltà nel replicare.
Fece un respiro profondo e avvicinò il suo viso al mio, quel tanto che bastasse per far sì che i nostri nasi si sfiorassero e che i nostri respiri si unissero.
"Bacerei queste labbra e le farei mie, ancora una volta." - Disse, passando le sue dita lungo i contorni della mia bocca, soffermandosi ad accarezzarla con una lentezza estenuante.
"Perché non lo fai?"
"Perché non riuscirei a resistere e ti costringerei a sopportare il peso del mio corpo sul tuo."
"Abbiamo tutta la notte." - Dissi con un filo di voce, avvicinando le mie mani al nastro che manteneva la mia vestaglia chiusa, sfilandolo con un rapido gesto.
Lasciai che l'indumento cadesse a terra, depositandosi al suolo, seguito dal mio reggiseno che sbottonai con estrema facilità.
Mi guardò con gli occhi resi lucidi dal desiderio, si mordeva le labbra delicatamente ed osservava il mio corpo seminudo con un piccolo sorrisetto stampato sul viso.
Allungò le sue grosse braccia verso i miei fianchi e mi attirò a sé con forza, allargò le gambe in modo che mi poggiassi tra di esse e mi baciò languidamente, mentre la sua lingua varcava la mia bocca e sfiorava la mia.
Le sue dita stringevano con dolcezza i miei zigomi, mi accarezzavano i capelli e vagavano con rapidità sugli spazi del mio corpo.
Persi interamente la mia lucidità, mi abbandonai ai suoi tocchi e sprofondai tra le sue braccia, percependo il calore della sua pelle a contatto con la mia.
Quando avvertì il mio corpo rispondere alle sue carezze, Michael spostò una mano su un mio seno ed un'altra intorno ai miei fianchi, invertendo le nostre posizioni e spingendomi piano contro la scrivania.
"Mi vuoi?" - Mormorò all'improvviso, chinandosi sul mio collo per leccarlo con estrema lentezza.
La sua calda lingua mi sfiorò la pelle e si allontanò sempre di più, fermandosi nell'incavo tra i miei seni, dove lasciò degli umidi e languidi baci fino a sentirmi ansimare sulla sua spalla.
Sussurrai un debole e flebile "Si", afferrai la sua testa tra le mie mani e allargai le gambe, offrendogli maggior spazio.
Era talmente tanto tempo che non mi toccava in quel modo che il mio corpo, trovandosi in preda all'eccitazione più profonda, sembrava essere intimidito dalle intime attenzioni che quell'uomo mi regalava.
La camicia che indossava venne via con un piccolo movimento delle sue spalle, alle quali mi aggrappai dopo qualche istante, nel disperato desiderio di un altro suo bacio.
Spinse con vigore il suo bacino contro il mio, in modo che percepissi la sua erezione all'altezza della mia coscia, la mia schiena si inarcò di qualche centimetro e sentii il familiare richiamo al basso ventre inebriarmi i sensi.
Le sue mani si aprirono sui miei seni e li strinse con dolcezza, accompagnando le sue carezze con la lingua, riuscendo a strapparmi un sommesso gemito di desiderio.
"Quanto ti desidero..." - Disse con la voce roca, avvicinando nuovamente la sua virilità all'altezza del mio fianco, spingendo per farmi gemere.
Il suo profumo mi invase completamente la testa, mi stordì e mi impedì di raccogliere tutte le mie intenzioni per poter formulare qualche parola, anche una semplice frase da dire.
Una sua mano risalì sulle mie cosce, accarezzandone l'interno con tocchi languidi e decisi, raggiungendo il punto più sensibile del mio piacere e liberandolo dalla stoffa degli slip.
Si chinò su di me per baciarmi, poi si inginocchiò e avvertii il calore della sua lingua tra le mie gambe, dove insinuò due dita e cominciò a muoverle con una propensione disarmante, abituandosi al tiepido tepore del mio corpo.
"Michael, ti prego..." - Sussurrai con la voce alterata dai gemiti, ansimando rumorosamente contro la sua pelle.
Fu una supplica, una sofferente richiesta che si preoccupò di accogliere in fretta, conoscendo il mio bisogno di sentirlo dentro di me.
Mi mancava la percezione del suo corpo unito al mio, del mio nome pronunciato a fatica dalle sue labbra, dei nostri fianchi che si toccavano con uno spietato desiderio di possedersi a lungo, rimarcando l'amore e la passione che ci aveva legati in passato.
Le mie braccia si posarono sul suo fondoschiena e gli tolsero l'unico indumento che copriva la sua erezione, liberando l'oggetto del suo piacere, udendo un mugolio di appagamento da parte sua.
"Toccami." - Mormorò.
Le mie dita sfiorarono la sua eccitazione in un lento ed intenso massaggio capace di far perdere i sensi, lo vidi chiudere gli occhi e cominciare a pronunciare delle parole confuse e difficili da ascoltare.
"Oh mio Dio..." - Gemette, spostando il peso del suo corpo sopra al mio e facendomi stendere con la schiena sul legno freddo e robusto.
Mi aggrappai con vigore al suo bacino, egli si fece spazio tra le mie gambe e mi prese energicamente, affondando dentro di me e fermandosi per qualche istante.
Mi guardò negli occhi, un sorriso timido gli decorava il viso e una lucida e calda lacrima sfuggì dai suoi occhi, fermandosi sulla mia pelle.
Spinse con forza, non riuscii a trattenere un gemito gutturale che sfuggì dalle mie labbra, risuonando tra le pareti di quella stanza, ormai diventate complici del nostro piacere.
I suoi movimenti cominciarono ad intensificarsi, alternava spinte ritmiche ed intense, alterando l'arrivo lento e graduale dell'estasi che soltanto l'amore era capace di donare.
Mi amava in un modo diverso dai precedenti, nessun uomo era stato capace di eguagliarlo, si muoveva con vigore e passione, trasmettendo allo stesso tempo tanta dolcezza e premura in ogni affondo.
Non mi toglieva gli occhi di dosso neanche per un attimo, riusciva a farmi sentire l'unica per lui, il contatto visivo era una straordinaria dote che aveva e aumentava di gran lunga la mia incessante voglia del suo corpo.
"Ti amo, Lisa." - Disse, accelerando i suoi movimenti e fermandosi ancora una volta, godendo pienamente della sensazione di appagamento che ero capace di donargli.
Non riuscii a rispondere, un urlo roco di gola parlò per me, sollevai il busto per attirarlo al mio corpo con un'intensità superiore e lo sentii gemere sulla mia spalla, stringendomi tra le sue braccia.
"Tesoro..." - Sussurrò al mio orecchio con il fiato corto, voleva avvertirmi che da lì a poco si sarebbe lasciato andare verso il punto più alto del piacere.
Il mio respirò aumentò, chiusi gli occhi e crollai nell'abisso vuoto e libero dell'orgasmo, arrendendomi alla meravigliosa sensazione del suo corpo snello e mascolino dentro il mio, decorato da sinuose curve femminili.
Solo allora, Michael avvertì i miei muscoli stringerlo all'interno di essi e, con un'ultima ardente spinta, scivolò anch'egli verso le dimensioni più estreme del piacere, pronunciando il mio nome.
"Michael..." - Ansimai sulle sue labbra, cercando un bacio che raccogliesse tutti i gemiti e i sospiri che ci eravamo lasciati sfuggire.
Mi strinsi al suo petto caldo e sudato, respirava affannosamente e riuscivo a sentire i battiti del suo cuore imitare quelli del mio, i quali continuavano ad accelerare con un ritmo incalzante.
Afferrò il mio fondoschiena e mi sollevò, portandomi sul letto, dove si stese al mio fianco, ancora ansimante.
"E' stato bellissimo." - Disse, chinandosi su di me per stamparmi un piccolo bacio sulla fronte e sprofondando con la testa sul cuscino.
"Bellissimo? Solo bellissimo?" - Chiesi, alzando un sopracciglio e sollevandomi su un gomito per poterlo guardare negli occhi.
"Più che bellissimo." - Rispose, ridendo.
"Ti amo da morire, Michael."
Abbassai lo sguardo e una lacrima mi rigò il viso, accentuando i miei lineamenti.
"Non so come io abbia fatto a trascorrere tutti questi anni senza di te." - Mormorò con la voce velata da una percettibile malinconia.
"Hai trovato un mio rimpiazzo in altre donne." - Dissi sottovoce, in tono gelido.
"E tu in altri uomini."
"Non avevo altra scelta." - Intervenni rapidamente, affrettandomi a coprire il mio viso, prima che le lacrime cominciassero a scorrere in modo incessante.
Non riuscivo a ricordare il mio passato senza lasciarmi travolgere dal dolore, non quando si trattava di Michael e del nostro matrimonio che, per quanto io mi fossi sforzata di mantenere intatto, si era sfracellato in minuscoli pezzi.
Se eravamo in quel letto, ognuno al fianco dell'altro, era soltanto per tentare disperatamente di rimettere in sesto i cocci andati perduti.
Entrambi urlavamo richieste di aiuto che il nostro cuore dettava, desiderando costantemente un'unione duratura tra di noi.
"Sai perché? Perché eri diventato un'altra persona, non l'uomo di cui mi ero innamorata. Sparivi nel nulla, mi lasciavi sola a casa e tornavi quando ti faceva comodo. Michael, avevo bisogno di un uomo, non di un fantasma!" - Ripresi, lasciando che le parole scivolassero lontane dalla mia bocca, impedendomi di controllarle.
"Mi dispiace."
Un freddo sussurro.
"Fai bene, perché quei bambini che ti girano per casa, sarebbero potuti essere nostri. Avevi così tanta fretta di diventare padre che non hai avuto neanche un briciolo di interesse nel trovare una donna che ti amasse." - Dissi, alzando il tono della voce.
"Lei mi amava."
"Si, ma tu non amavi lei. Dimmi, adesso dov'è, la donna che ti amava?"
Un forte dolore al petto mi strinse in una morsa, sentii il respiro diminuire sempre di più, quasi fino a scomparire.
"Lisa, basta." - Disse con la voce rotta dal pianto, asciugandosi gli occhi con il leggero cotone del lenzuolo che gli avvolgeva il corpo.
"Abbiamo... abbiamo appena fatto l'amore, ci siamo amati, lo sappiamo entrambi e stiamo bene. Non rovinare tutto."
"Già, perché quella è l'unica cosa che sappiamo fare." - Sussurrai, irritata.
Lo raggiunsi dall'altro lato del letto e mi appoggiai alla finestra, spingendo con il mio corpo contro il resistente vetro.
"Non riesco a credere che tu l'abbia fatto." - Ripresi, scuotendo nervosamente il capo.
"Di cosa stai parlando?" - Chiese confuso, infilandosi un paio di boxer che sfilò da una borsa.
"Mi hai lasciata andare."
"Stanotte mi sono ripreso quello che mi apparteneva." - Disse con fare suadente, liberandosi delle lenzuola e alzandosi dal letto, mettendosi di fronte a me.
"Sei sempre stata mia, nei miei sogni." - Riprese, chinando il capo da un lato per baciarmi il collo, mentre il suo ginocchio si insinuava tra le mie gambe e mi immobilizzava.
Mi bloccò con il suo corpo, il suo petto sfiorava il mio e le nostre labbra facevano fatica a stare distanti, era uno sforzo enorme.
Le sue mani si avvicinarono ai miei seni che accarezzarono con dolcezza, si protesero verso il basso, percorrendo le curve del mio corpo femminile e stringendole tra i polpastrelli.
Michael era un perfetto amante, lo era stato in passato e tutt'ora, a distanza di tempo, la sua persona segnata dall'età continuava a saper gestire il piacere di una donna, modellandolo a suo piacimento.
"Non riesco a resisterti." - Sussurrai flebilmente, sporgendomi verso il suo orecchio, parlando con la voce fioca e debole.
"Vieni con me." - Disse, tendendomi la sua mano tiepida e morbida, stringendo la mia.
Si diresse verso il bagno, seguito da me alle sue spalle, aprì il rubinetto nei toni dell'oro e riempì l'enorme vasca idromassaggio che si trovava al centro della stanza.
Versò del bagnoschiuma profumato all'interno dell'acqua, il cui rumore cominciò a decorare il nostro silenzio fatto di umidi baci e leggere carezze.
Michael mi accolse tra le sue braccia e mi baciò, sfiorando con brevi e decisi tocchi la pelle della mia schiena, facendomi rabbrividire.
Mi inginocchiai al suolo, reggendomi ai suoi polsi che mi aiutarono ad abbassarmi velocemente, accompagnando i miei movimenti.
Mi guardò con gli occhi resi lucidi dal desiderio, lasciò le sue mani tra i miei capelli e aprì la bocca, dalla quale uscì fuori un breve sospiro.
Lo afferrai per i fianchi, le mie dita sostarono a lungo sull'elastico dei suoi boxer, gli accarezzai piano il fondoschiena e alzai il viso per incontrare le sue labbra chiare ed umide.
Inclinai il capo da un lato e mi soffermai a regalargli dei lascivi baci sulla pelle delle sue cosce, scendendo maggiormente verso il basso fino a fermarmi sul suo ginocchio.
Ci fu un breve sguardo complice tra di noi, schiusi le mie labbra e le avvicinai sul suo ventre coperto dalla stoffa della sua biancheria.
Le mie mani si insinuarono all'interno di quell'unico indumento che faceva fatica a contenere le sue risposte alle attenzioni che gli stavo donando e, con un rapido gesto, venne via.
Sentii dei tocchi tra i miei capelli, i suoi morbidi polpastrelli richiedevano un appiglio all'estremo piacere che lo penetrò a fondo, rilassandolo e donando ai suoi occhi un'aria torbida e velata.
Le mie labbra lo baciarono sulla punta ed un gemito gutturale da parte sua mi accolse, incitando le mie carezze sul suo punto più sensibile.
"Ricominciamo... una nuova vita, solo io e te." - Biascicò con la voce alterata dal desiderio, così bassa da farmi perdere la ragione.
Mi tese le mani e mi fece alzare, sollevandomi da terra quel poco che bastasse per posarmi con dolcezza nella vasca, raggiungendomi dopo qualche istante.
Ad un tratto, mi spostò velocemente dalla mia posizione e mi fece poggiare sui suoi fianchi, tenendomi saldamente.
"Dimmi qualcosa, per favore."
I suoi occhi mi imploravano, mi pregavano e mi supplicavano di rimanere con lui, tentando di ritrovare la felicità, la nostra felicità.
"Speravo che tu me lo chiedessi molto tempo prima." - Dissi, inarcando la schiena e cingendogli il collo con le mie braccia.
Era lui l'unico uomo che volevo, non uno dei tanti, ma l'unico.
Tutti quegli uomini, tutte quelle relazioni dopo il nostro divorzio, nessuna ebbe per me particolare importanza, erano come l'acqua che scorreva sulla pelle e la ripuliva, in qualche modo.
Io non volevo che quell'acqua cambiasse il mio corpo, volevo avere per sempre la sensazione di appartenenza a quell'uomo che mi era davanti, colui in grado di amarmi.
"Si dice... meglio tardi che mai." - Sussurrò.
"Ti amo." - Dissi, precipitandomi sulle sue labbra e baciandolo con trasporto, rispondendo alla sua dolce richiesta con un atto fisico e materiale.
"Questo era un si?" - Intervenne, sorridendo angelicamente.
Annuii con il capo e gli accarezzai una guancia, percependo nuovamente il calore della sua pelle a contatto con la mia, nutrendo il mio cuore di dolci ricordi.
Facemmo l'amore in quella vasca, lasciandoci trascinare via dall'amore che, quella notte, azzerò le incomprensioni, i litigi, le persone di troppo e gli errori che intralciarono il nostro matrimonio.
Quando giunse l'alba, mi ritrovai stretta al corpo di Michael, eravamo entrambi svegli e occupammo il tempo rimasto osservando gli arredamenti di quella camera che aveva assistito alla nostra notte, mentre ci consumavamo d'amore.
Non era più una semplice camera, era la nostra camera.Ciao a tutti!
Intanto vi ringrazio per essere entrati a leggere questa storia, grazie di cuore.
Ho voluto scrivere una oneshot di questo tipo per rimarcare il passato di questa coppia, evidenziando molti aspetti che nelle mie storie precedenti non compaiono.
C'è uno stile di scrittura più completo, causato da numerosi fattori e un coinvolgimento più intenso, capace di far prendere parte a ciò che avviene nella stanza, insieme ai protagonisti.
Mi piace sperimentare, mettermi sempre alla prova e soddisfare le immaginazioni e i pensieri delle persone che mi leggono, provando a donare loro sempre nuove emozioni.
Questa volta mi sono messa in gioco, ho voluto provare qualcosa di 'nuovo', qualcosa che non avevo mai scritto e questo ne è il risultato.
E' una storia scritta in tre giorni, quindi perdonatemi eventuali errori di battitura.
Non mi piace deludere le persone e spero di non averlo fatto, ma soprattutto spero con tutto il cuore che queste parole vi siano arrivate, in qualche modo.
Fatemi sapere cosa ne pensate, mi farebbe molto piacere.
Grazie, come sempre, a tutti coloro che leggono/votano/recensiscono/commentano le mie storie qui su Wattpad, su Efp, su Twitter etc.
Grazie infinite e shippate Presley-Jackson, sempre.Francesca. xx
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The room.
FanfictionNon avevo ancora imparato a sopportare la sua presenza senza sentire il vuoto al centro dello stomaco, le mani che tremavano e il mio corpo che rispondeva ai suoi notevoli richiami. Non avevo abbandonato la tremenda attrazione fisica che mi coinvols...